venerdì 30 marzo 2018

L'ora più buia (Wright 2017)

Neville Chamberlain ha perso la fiducia. È il 9 maggio 1940. La mdp riprende la camera dei lord dall'alto, e pian piano scende fino alla base di quel catino in protesta,  per la difficile situazione politica inglese, con i tedeschi ormai alle porte (trailer). 
Joe Wright ripete più volte quel movimento di macchina, e a quello ne alterna tanti altri nel corso del film, in un continuo susseguirsi di carrelli avanti e indietro, di panoramiche, ecc., unici possibili espedienti per dare dinamismo ad una pellicola che per oltre due ore non abbandona mai il suo protagonista se non nei primissimi minuti.
Winston Churchill (Gary Oldman), infatti, irrompe in scena subito dopo la crisi di governo: è a lui che spetta risollevare le sorti del paese, anche se la scelta del suo nome come Primo ministro porta con sé tante perplessità dovute soprattutto alla disfatta subita nella penisola di Gallipoli, in Turchia, durante la Prima guerra mondiale, quando era stato Primo lord dell'ammiragliato.
Gary Oldman è bravo, la sua interpretazione da Oscar annunciato è probabilmente l'unica cosa che rimarrà di questo film negli anni, al pari della trasformazione operata sul suo volto dai truccatori Heather Manson, Kazuhiro Tsuji, vincitori di un'altra statuetta scontata (si è parlato di oltre duecento ore di trucco cui l'attore si è sottoposto).
L'inevitabile retorica di un soggetto come questo non migliora il risultato finale, sostanzialmente monocorde e che vede anche nella sceneggiatura una sorta di antologia di celebri battute passate alla storia di Winston Churchill.
La nomina a Primo ministro lo fa prorompere in un eloquente e consapevole "avrò l'incarico solo perché la nave affonda, non è un regalo, è una condanna"; l'età non gli permette facili entusiasmi, poiché "quando la gioventù è andata via, forse la saggezza viene in soccorso".
Il 10 maggio 1940 viene insignito del suo incarico da Giorgio VI (Ben Mendelsohn), e tre giorni dopo lo sentiamo pronunciare il suo primo e celeberrimo discorso alla camera, quello passato alla storia con "lacrime, sudore e sangue", che gli inglesi dovranno tirar fuori combattendo per mare, terra e aria, poiché "senza vittoria non può esserci sopravvivenza". È la dichiarazione programmatica della politica inglese dell'immediato futuro.
Proprio al re, che lo prende in giro per la sua fama di ubriacone - "come fa a bere anche di giorno?" -, risponde con un semplice "allenamento", per poi spiegargli le sue origini nella maniera più disarmante: "mio padre era come Dio, impegnato altrove" e "mia madre era una donna diffusamente amata".
Il suo umorismo tipicamente britannico si fa leggenda quando paragona Hitler ad un felino: "non si può ragionare con una tigre quando la tua testa è nella sua bocca". Molti vorrebbero un accordo con la potente Germania, ma Winston è certo che l'Inghilterra non debba seguire gli eventi, bensì determinarli. Simbolicamente significativa la sequenza, peraltro girata al ralenti, in cui Churchill vede giocare dei bambini in strada con la maschera del Führer tedesco.
La storia de L'ora più buia si incrocia anche con la disfatta inglese a Calais e quindi con il soggetto del recente Dunkirk, con cui il film condivide la retorica bellica.
Proprio il fratello della segretaria di Churchill ha perso la vita poco prima di arrivare a Dunkerque (questo il nome francese della città, anche se Nolan ha scelto la grafia inglese per la sua pellicola), dove si combatte la famosa battaglia con i tedeschi dal 26 maggio al 4 giugno del 1940 e si compie l'evacuazione della città attraverso l'Operazione Dynamo che l'ammiraglio  Bertram Home Ramsay decise di concerto con Churchill. Stavolta vediamo le navi dei cittadini privati a cui il Primo ministro ha chiesto collaborazione partire dalle bianche scogliere di Dover per attraversare la Manica.
E proprio ai semplici cittadini Churchill chiede il consenso, forse nella sequenza più retorica dell'intera pellicola: sale sulla metro che non ha mai provato e parla con alcuni di loro, chiedendogli cosa si aspettano dall'Inghilterra e dando ancora più forza all'interventismo con l'ennesima sentenza: "le cause perse sono le uniche per cui vale la pena combattere".
Il film, come detto, non è certo un capolavoro, e alla fine si ha la netta sensazione che sia tutto in secondo piano per far emergere la figura di Gary Oldman a cui gli altri attori, Christine Scott Thomas compresa, che interpreta Clementine, la moglie di Churchill, servono a far brillare la stella principale.
Restano un paio di cose: la bella fotografia di Bruno Delbonnel e il bambino che osserva un aereo in volo racchiudendolo nel cerchio costituito dall'unione di pollice e indice, un surcadrage che, per quanto sia ancora una volta molto lezioso, è davvero notevole e riassume la vista del regista dietro la cinepresa... in fondo un po' di cinema.

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