giovedì 31 agosto 2017

Fratelli (Ferrara 1996)

Uno dei più bei film degli anni novanta, The Funeral - questo il suo titolo originale, di fronte al quale per una volta non sfigura nemmeno quello italiano - va forse considerata la migliore opera di Abel Ferrara, un capolavoro assoluto, in cui è davvero difficile trovare un difetto: tutto eccelle, dalla regia al cast, dalla fotografia alla sceneggiatura, scritta con Nicholas St. John (guarda il film).
La morte che fa da sfondo alla narrazione è quella del ventiduenne Johnny (Vincent Gallo), terzo dei fratelli Tempio dopo Ray (Christopher Walken) e Cesarino, detto Chez (Chris Penn), gangster italo-americani. La vicenda, come una tragedia classica, si svolge secondo l'unità di tempo, luogo e azione, all'interno della casa newyorchese dei Tempo dove viene esposta la bara e in cui si raccolgono tutti gli amici e i parenti per l'estremo saluto a Johnny.
A dare ampiezza temporale alla pellicola, però, contribuiscono i numerosi flashback costituiti dai ricordi dei due fratelli ancora vivi e che, oltre a delineare la figura di Johnny, permettono di conoscere meglio Ray e Chez, rispettivamente sposati con Jeannette (Annabella Sciorra) e Clara (Isabella Rossellini), nonché il contesto in cui si svolgono le loro vite. Lo stesso prologo cinefilo è un'analessi e mostra proprio il personaggio interpretato da Vincent Gallo, che più avanti dirà "la vita non avrebbe senso senza il cinema", seduto in una sala mentre guarda La foresta pietrificata (Mayo 1936), in cui Humphrey Bogart interpreta il gangster Duke Mantee, un elemento che fornisce allo spettatore non solo un'associazione con il genere del film che sta per vedere, ma anche le coordinate cronologiche del momento storico in cui questo è ambientato.
Johnny, a differenza dei due fratelli maggiori, ha un ideale di giustizia e uguaglianza sociale che lo porta a sostenere le cause dei lavoratori, le cui difficili condizioni sono acuite dalla complessa ripresa economica del paese a soli sei anni dalla Grande depressione del 1929. Per questo l'accordo di Ray e Chez con Gaspare (Benicio del Toro), altro malvivente che fa concorrenza ai Tempo sul controllo della zona e che invece vuole sostenere i padroni togliendo diritti agli operai, genera inevitabili scontri in famiglia, tanto più che Johnny riesce a sedurre e ad avere come amante Bridget, la moglie del rivale.
Il senso cristiano della colpa in un gangster movie aleggia costantemente in molte sequenze e viene esplicitamente sottolineata dal sacerdote che va in casa a benedire il corpo di Johnny e che risponde alla devota Jeannette che "il vostro ateismo pratico" è la causa delle disgrazie della famiglia.
Proprio la moglie di Ray, scossa per la morte del cognato, per le parole del prete e conscia della vita di sofferenza a cui è costretta per aver sposato un gangster - d'altronde dice dell'immagine di sant'Agnese  "sta lì solo per ricordarmi che succede a chi dice di no" -, esplode in un impietoso anatema contro i tre fratelli, "i Tempio sono solo dei criminali, perché non si sono mai tirati fuori dall’ignoranza e dalla ferocia del loro ambiente… e non c’è assolutamente niente di romantico in tutto questo!". Da questa inevitabile disgrazia l'unica a salvarsi è Helen (Gretchen Mol), la fidanzata di Johnny, a cui dice "bisogna festeggiare, perché non sarà mai una delle loro mogli".
Christopher Walken e Chris Penn, a cui andò la Coppa Volpi per il miglior attore non protagonista, sono straordinari. Ray si ricorda bambino, quando suo padre gli insegnò che l'omicidio è necessario per estirpare il rischio della vendetta, consegnandogli il bossolo del primo proiettile sparato, un momento rituale che ha segnato il suo ingresso nel mondo della malavita; parla con la salma del fratello e con fermezza gli spiega che "io che la gente muoia non ci credo". Chez, invece, ha problemi di stabilità mentale, che sua moglie prova a gestire come può, con accettazione e sacrificio cristiani, e inoltre, in una sequenza durissima, degna delle crisi esistenziali e degli abissi raggiunti dal protagonista de Il cattivo tenente (Ferrara 1992), arresta il proprio desiderio davanti ad una prostituta troppo giovane con la misericordia di un padre, ma subito dopo, il rifiuto da parte della ragazza a quella via d'uscita lo fa infuriare e cedere con ancora maggior vigore, "ti sei venduta l'anima", "non devi scherzare col diavolo, ti avevo dato una scelta".
È decisamente apparentabile al personaggio che quattro anni prima il regista aveva ideato per quel film anche Ray che, mentre condanna a morte un uomo, piange accusandolo di averlo obbligato a tutto quello, ribaltando completamente il rapporto tra carnefice e vittima: "dove lo metti il mio senso di giustizia, non ci pensi a me?"
Entrambi i fratelli hanno a disposizione un momento in cui provano a far convivere la loro natura di gangster, le loro credenze religiose e il libero arbitrio. Ray si lascia andare ad un commento a riguardo, rispondendo alla moglie, che può essere considerato il più bel monologo dell'intero film: "ogni cosa che facciamo dipende da una libera scelta, ma allo stesso tempo ci serve la grazia di Dio per fare quello che è giusto [...] se io faccio qualcosa di sbagliato è perché Dio non mi ha dato la grazia per fare quel che è giusto. Niente succede per caso, se questo mondo fa schifo è colpa sua, io posso lavorare con quello che mi ha dato lui [...] non l'ho fatto io il mondo" (guarda).
Chez è molto più diretto e prorompe in un "se Dio mi voleva in pace ci avrebbe pensato lui", quando trova sua moglie Clara, che prega Difna, santa belga patrona della cittá di Geel, centro terapeutico psichiatrico sin dal XIII secolo, per chiedere che il marito possa guarire dai suoi disturbi mentali.
La religione, in maniera ancestrale e paradossale dato il contesto, è imprescindibile in ogni momento della vita dei protagonisti, Scorsese docet, e viene posto all'origine di tutti i problemi ma, come visto, rappresenta anche il miglior alibi per deresponsabilizzarsi dalle proprie azioni, in un continuo alternarsi di filosofia, religione e legami familiari indissolubili che rendono Fratelli un groviglio di sentimenti e sfoghi sempre più cupi e privi di speranza.
Anche la colonna sonora è magnifica e alterna brani tipicamente statunitensi, come i blues Gloomy Sunday di Billie Holliday, o Pontiac e Mr Down Child, cantate da Sonny Boy Williamson, agli immancabili brani della canzone popolare italiana della prima metà del Novecento, in piena tradizione scorsesiana, Il primo amore di Carlo Buti. Una nota di merito, infine, a quello straordinario attore che è stato Chris Penn, scomparso davvero troppo presto e che in una scena dimostra di essere anche un ottimo cantante interpretando Tonight will be the night.
Annabella Sciorra e il Ritratto di Hena Rigotti di Casorati
Abel Ferrara unisce tutti gli elementi in maniera magistrale: è ispiratissimo nella regia e per dimostrarlo basterebbe l'ellissi finale, con la mdp che si alza verso il cielo e connette due sequenze che vedono protagonista lo stesso Chez. La sua cultura figurativa è evidente e in un caso, l'immagine di Annabella Sciorra seduta in cucina vicino ad una natura morta ricorda la pittura italiana di inizio Novecento e, da più vicino, il Ritratto di Hena Rigotti di Felice Casorati (Torino, GAM, 1924). La potenza di questo cinema, su cui lo stesso Scorsese ha detto "non c’è bisogno di stile! Le immagini di Ferrara sono talmente forti che lo stile diventa inutile", è indubbia e Fratelli resta a tutt'oggi un capolavoro senza tempo, d'altronde lo sono anche le tragedie di Sofocle o di Shakespeare...

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