domenica 2 luglio 2017

Gold - La grande truffa (Gaghan 2016)

Il film di Stephen Gaghan racconta una storia vera: il soggetto è ispirato allo scandalo minerario Bre-X, che nel 1993 evidenziò che il ritrovamento di un grande giacimento d'oro nella giungla indonesiana si trattava in realtà di una truffa. E il sottotitolo italiano non si lascia sfuggire questo dettaglio stemperando il titolo originale.
1981 Reno, Nevada. Kenneth Wells (Matthew McCounaghey), figlio del direttore della Washoe mining, un'azienda specializzata nell'estrazione mineraria, sta seducendo la bella Kay (Bryce Dallas Howard). Sette anni dopo i due sono sposati, il padre di Kenny non c'è più e l'azienda naviga in brutte acque.

Kenny decide di dare una svolta alla situazione e va a Giacarta per convincere Michael Acosta (Édgar Ramírez), famoso minatore geologo, a cercare l'oro con lui, sfruttando la sua teoria dell'"anello di fuoco", secondo la quale nei punti di confluenza di due miniere l'oro si accumula in grande quantità. Dopo le iniziali difficoltà per racimolare il capitale di partenza, i due avranno un successo insperato, aldilà di ogni aspettativa, che li porta ad essere quotati in borsa e che attira anche gli investitori più ostici. Ma salire così in alto e così velocemente ha spesso conseguenze negative direttamente proporzionali all'ascesa...
Il film si poggia totalmente sulla recitazione di Matthew McCounaghey, come sempre di grande livello. In ogni scena mostra la convinzione di impersonare un ruolo perfetto per lui, al limite tra successo e fallimento, ma quando lo vediamo entrare ad Hollywood, il pensiero va inevitabilmente a Wolf of Wall Street (Scorsese 2013), e il confronto rischia di essere ingrato.
La pellicola, infatti, nell'insieme non brilla. La regia di Gaghan, al suo terzo lungometraggio, si limita a qualche split screen e a montaggi riassuntivi che permettono di ridurre i tempi dell'azione in maniera molto ordinaria. La fotografia di Robert Elswit è favorita dall'ambientazione indonesiana che gli permette di citare i reportage di Salgado nella miniera brasiliana di Sierra Pelada, realizzati a metà degli anni '80, quelli in cui si svolge il film.
Dal punto di vista narrativo, invece, l'elemento più interessante è indubbiamente il ribaltamento del sogno americano, ma a questo si contrappongono motivi abusati e sviluppati senza troppa originalità: l'amicizia tradita e in fondo salvata dalla negazione dell'evidenza, il successo e la ricchezza che allontanano il vero amore, il premio per aver creduto sempre nella buona fede. Eppure la sceneggiatura, sin dal 2009, era stata inserita nella Black list di Hollywood come una delle migliori in attesa di essere prodotte.
Ad aumentare questa particolare aura attorno al film avevano contribuito gli stessi sceneggiatori, Patrick Massett e John Zinman, che avevano dichiarato di essersi ispirati al Willy Loman di Morte di un commesso viaggiatore (Miller 1949), per l'ossessione di successo del protagonista; e avevano scomodato anche capolavori cinematografici, citando lo Shelley Levene interpretato da Jack Lemmon in Americani (Foley 1992), ma soprattutto Il tesoro della Sierra Madre (Huston 1948), immancabile riferimento per ogni storia sulla caccia all'oro.
Tanti importanti riferimenti del passato e una buona sceneggiatura, però, non bastano per rendere il risultato finale all'altezza di tali aspettative e la pellicola non va oltre un prodotto ben confezionato ma privo di acuti.

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