Poesia, filosofia, amore, libertà, seduzione...
Nell'ultimo film di Malick, che nel corso delle riprese ha avuto altri due titoli, Lawless e Weightless, c'è questo e tanto altro, ma come sempre, almeno a partire da The tree of life (2011), la critica non sembra poter fare a meno di dividersi e di rispondere ad un'inutile domanda: Malick può fare cinema oppure ha sbagliato mestiere?
Ancora una volta si discute sulla forma, perfetta ma comunque criticata, e di quella che i denigratori del regista ritengono inconsistenza filosofica e autoparodia, che sarebbe alla base di un cinema fatto di immagini estetizzanti e nulla più... Ancora una volta diremo che quella forma è sostanza, che quelle immagini sono magnifiche, che questo cinema è il cinema di Terrence Malick, in cui la narrazione non prevale, ma c'è, e si dipana tra le sue splendide inquadrature, un cinema unico e che, piaccia o no, continua ad influenzare molti registi, che sempre più spesso inseriscono nei loro film sequenze "alla Malick" (trailer).
Song to song è lo Jules et Jim del XXI secolo, un triangolo amoroso tra l'aspirante cantante Faye (Rooney Mara), il musicista BV (Ryan Gosling) e il produttore musicale Cook (Michael Fassbender), a cui invece di Parigi fa da sfondo Austin (Texas) e i suoi grandi festival musicali. Così nel corso del film, ripresi al Fun Fun Fun Fest e all'SXSW tra 2011 e 2012, appaiono in piccoli cameo e nel ruolo di se stessi Patti Smith, i Red Hot Chili Peppers, Iggy Pop, Val Kilmer, John Lydon, Black Lips, Alan Palomo, Florence Welch.
Ne consegue una delle più ampie colonne sonore degli ultimi tempi, costituita da più di 50 brani, solo accennati o che accompagnano intere sequenze: oltre a molti dei già citati, si va da Bob Dylan a Otis Redding, da Bob Marley ai Die Antwoord e ad Arvo Pärt, ma anche la musica classica, con Debussy, Handel, Ravel (ascolta).
Ne consegue una delle più ampie colonne sonore degli ultimi tempi, costituita da più di 50 brani, solo accennati o che accompagnano intere sequenze: oltre a molti dei già citati, si va da Bob Dylan a Otis Redding, da Bob Marley ai Die Antwoord e ad Arvo Pärt, ma anche la musica classica, con Debussy, Handel, Ravel (ascolta).
L'amore di Faye per BV è reale ed è condensato nella frase "amo la tua anima", a cui Malick dà sostanza corporea girando una giocosa sequenza in cui la giovane donna cerca di scovarla all'interno della bocca o delle orecchie del musicista. Più volte vediamo quest'ultimo al pianoforte: che sia proprio Ryan Gosling a interpretarlo, colui che nel recente La la land (Chazelle 2016) faceva lo stesso, rende tutto decisamente metacinematografico.
Faye vuole essere libera, ribadisce un certo cinismo rispetto ai rapporti di coppia - "non credevo troppo nell'amore" -, è convinta che "a volte la verità non è la cosa più giusta da dire, puoi ferire dicendola", e critica BV di essersi innamorato di lei per come fosse inizialmente - "ti piaceva che facessi ciò che mi piaceva" - e che proprio quello sia ora invece l'aspetto che vorrebbe modificare.
Faye, BV e Cook partono anche per un viaggio in Messico, dove spensieratezza, leggerezza e armonia animano le loro giornate. Faye vorrebbe duri per sempre, ma naturalmente non sarà possibile.
Il triangolo iniziale, infatti, col tempo si complicherà. Cook inizia una storia con Rhonda (Nathalie Portman), una bellissima insegnante che lavora come cameriera, avvicinata con un approccio scherzoso - "non posso essere lasciato solo per più di cinque minuti" - che fa leva sull'istinto Io ti salverò della ragazza. Il produttore vede in Rhonda se stesso anni prima - "una volta ero come te" -, ma ora anche sposandola non può tornare quello di un tempo; le proprie esigenze cozzeranno sempre con l'equilibrio cercato da lei. Faye, nonostante i sensi di colpa - "a volte mi ammiro per quanto riesco a essere ipocrita" - non riesce a fare a meno della relazione con Cook, acuita anche dal contratto professionale che il produttore le fa ottenere. In una costante ricerca di esperienze, Faye si troverà a seguire Cook anche in rapporti sessuali a tre e inizierà persino una relazione omosessuale con Zoey (Bérénice Marlohe), una conturbante modella che le si accosta dolcemente e con la giusta lentezza.
Faye ormai si sente carnefice di BV - "sembra che io non porti più felicità alle persone" -, e quest'ultimo, deluso dai suoi tradimenti, non accetta di perdonarla di nuovo: si lascia andare, così, a malinconici ricordi sulla fine della propria storia precedente con Lykke (Lykke Li) e, poi, conosce Amanda (Kate Blanchett), una bella e ricchissima donna dal fascino indiscutibile, che però sembra accettare il suo corteggiamento per bisogno più che per amore. BV, però, nel frattempo è diventato più cinico ed è ora in grado di pensare che "quando dai a qualcuno la tua parola non significa niente; te la riprendi e basta".
In questo stato di cose, assumono rilevanza anche i ruoli dei genitori, che hanno un forte ascendente sui figli e generano sensi di colpa e di inadeguatezza. Non è un caso che non ci venga mostrato un genitore solo nel caso di Cook: lui è il personaggio più netto, privo di dubbi e di incertezze, vestito quasi costantemente in nero e apostrofato "demonio" dalla stessa Faye.
Il padre di Faye prova a rassicurare la figlia che, però, a differenza delle sorelle, che hanno avuto un percorso tradizionale e ora sono mamme, sente di averlo deluso profondamente; la madre di BV, Judy (Linda Emond), interviene duramente sulla relazione del figlio con Amanda, a cui dichiara "si vede che non sei felice" e sulla quale sentenzia con BV "non è adatta a te"; la madre di Rhonda, Miranda (Holly Hunter), invece, appare piuttosto passiva di fronte ai comportamenti della figlia, di cui ascolta gli sfoghi, le sofferenze, senza mai intervenire. Rhonda, anche per questo probabilmente, si rivela la persona più debole dell'intero menage.
Dopo questa fase il ruolo di protagonista di Faye si fa ancora più netto, Malick si sofferma solo su di lei, rammaricata di aver "giocato con la fiamma della vita", pronta a confrontarsi con chi ha più esperienza e può darle qualche consiglio. Tale compito spetta a Patti Smith che, assumendo la parte di guida spirituale della ragazza, la rassicura - "hai fatto solo un errore" - destinandola ad un prosieguo di serenità finalizzato ad una vita semplice e lontana dalle lambiccate complicazioni vissute fino a quel momento...
La regia accompagna costantemente i personaggi con delle parasoggettive in cui la mdp è appena dietro le spalle degli attori. La scenografia di Jack Fisk è magnifica e le case in cui gravitano i personaggi sono splendide: grandi vetrate, parquet, giardini, alberi tra le cui chiome lo sguardo dello spettatore può perdersi. Nelle scene messicane i colori fanno la loro parte, e spesso gli attori si stagliano su sfondi costituiti da edifici rossi, chiese gialle e siti aztechi con le immancabili piramidi sulle quali Malick li dispone. Su tutto, però, prevale la bellissima fotografia di Emmanuel Lubetzy, come sempre, assoluta protagonista.
Song to song è un film di architettura, natura e sentimenti: come più volte detto, Malick ha inventato un nuovo tipo di cinema, in cui una meravigliosa forma dà spazio a pensieri e riflessioni di quella che è stata definita "Malickschauung".
La trama, come visto, c'è, con buona pace di chi si ostina a non vederla, ma è assoluta come in un saggio di filosofia. Malick continua a scrivere il suo personalissimo De amore e questo gli va riconosciuto. Stavolta, come sempre e forse anche più del solito, negli intricati processi mentali di Faye e degli altri personaggi lo spettatore può riconoscersi, poiché sono quelli che tutti noi viviamo costantemente nelle nostre vite sentimentali.
E se definissimo questo nuovo genere "intimo realismo sentimentale"?
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