Ci sono i film e poi le opere che possono cambiare inveterati preconcetti e che permettono di fare dei passi in avanti verso la civiltà. Moonlight appartiene al secondo gruppo e, come tale, trattando di gay, neri, poveri, entra di diritto tra gli hapax cinematografi di sempre, al pari di pellicole del passato che hanno fatto la storia della settima arte. Penso, dato il tema, a Quelle due (Wyler 1961), a Philadelphia (Demme 1993) a Brokeback mountain (Lee 2005), al recente Weekend (Haigh 2011), e a Happy Together (Kar-wai 1997).
Lascio volutamente per ultimo il film del grande cineasta di Hong Kong, perché uno dei maestri dichiarati del giovane Barry Jenkins, talentuoso trentasettenne di Miami, al suo secondo lungometraggio dopo Medicine for melancholy (2008), che al regista di In the mood for love si rifà formalmente e non solo, come dimostra, riassumendo con le immagini tante parole, il bel montaggio di Alessio Marinacci che assume i caratteri di un saggio di "iconografia cinematografica" (vedi).
Chiron è un bambino particolarmente silenzioso, che vive nel quartiere di Miami Liberty City (lo stesso in cui sono nati Jenkins e il drammaturgo autore del soggetto, Tarell Alvin McCraney). La sua infanzia è difficile: il padre non fa parte della sua vita, la madre, Paula, è una tossicodipendente che sembra uscita da un film di Spike Lee (bravissima la bella Naomie Harris, già Bond girl imbruttita e abbrutita per l'occasione); vittima di bullismo sin dalle elementari, quando differenziarsi dalla massa può essere molto difficile, tanto più per una personalità più sensibile della media, già consapevole di sentire qualcosa che ancora non riesce a comprendere bene.
Seguiamo la sua vita in tre capitoli che prendono il titolo dai nomi che lo identificano a seconda dell'età: Piccolo, che tutti usano durante la sua infanzia; Chiron, quello vero, non a caso usato per designare l'adolescenza, l'età dell`autodeterminazione; Black, quello dell'età adulta, quando è ormai un uomo segnato dalle esperienze dettate da uno schema predeterminato e quasi mai ribaltabile se si prova a farlo partendo dai gradini più bassi della società.
Per ognuno di questi capitoli, in cui il protagonista è interpretato da altrettanti attori (Alex Hibbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes), almeno una scena madre e personaggi determinanti per la crescita e l'evoluzione di Chiron.
In un'infanzia priva delle figura paterna e con una madre pressoché assente, la conoscenza di Juan (Mahershala Ali) e della compagna Teresa (Janelle Monáe) si rivelano fondamentali per il piccolo protagonista che si lega a loro come ad una nuova famiglia. Da Juan impara l'orgoglio di essere afroamericano, "ci sono neri dappertutto, perché siamo stati i primi su questo pianeta", e con lui impara a nuotare, in uno splendido momento di totale fiducia degno del rapporto padre-figlio che Chiron non ha mai vissuto, durante il quale l'adulto gli ricorda che il proprio soprannome, Blue, gli fu dato da bambino a Cuba perché "con la luna i neri sembrano blu".
E proprio con Juan e Teresa parlerà per la prima volta della sua differenza, in uno dei dialoghi più intensi della pellicola che segna di fatto la fine della sua infanzia: "cos'è un frocio?", "una parola per offendere le persone gay", "e come lo so?" "se sarà lo saprai, non devi saperlo adesso". Juan prova ad alleggerire la questione, a differenza di una madre che sembra giustificare i calci presi dal figlio a scuola, ma anche lui non è esattamente un modello positivo e Chiron ha già compreso che il suo mestiere è vendere la droga a persone che ne sono dipendenti come sua madre.
Lo sguardo basso di Juan in questa sequenza è uno dei motivi per cui Mahershala Ali meriterebbe l'Oscar al miglior attore non protagonista di quest'anno.
In adolescenza il rapporto con la scuola e i compagni è ancora più difficile, il suo silenzio prosegue, ma la sua indole gli impedisce di far finta di essere attratto dalle ragazze come fa chi, pur avendo i suoi stessi gusti sessuali, ostenta un becero machismo che lo rende popolare tra i coetanei. Per questo Chiron sarà ancora più sorpreso quando vivrà il suo primo bacio in riva ad una spiaggia che si affaccia sull'oceano, in un attimo di felicità che gli resterà stampato nella memoria per sempre, perché le convenzioni sociali sono più forti di quello che è accaduto quella sera e la vita metterà Chiron di fronte ad un'ennesima prova e ad un'ennesima caduta, in cui la fragilità si trasformerà in rabbia.
Da adulto una cena con il suo più caro amico d'infanzia sarà l'occasione per ricordare gli anni passati, con la capacità di sorridere con rassegnazione alle ingiustizie patite: "mi hanno sbattuto dentro per una cazzata... le solite cazzate per cui ci mettono dentro".
Poesia, amore, denuncia sociale, un urlo di speranza. Moonlight è tutto questo e fa uscire dal cinema con la speranza che nessuno debba mai più dire, per timore di non essere accettato dalla società in cui vive, "non ho mai fatto una cosa che volessi fare".
Se la sceneggiatura è ottima e gli attori le rendono giustizia, la veste formale del film non è da meno. Wong Kar Wai aleggia costantemente sullo schermo e, come visto, basta un ralenti o una sigaretta fumata con la schiena poggiata contro un muro per evocarlo... ma fate attenzione anche allo stacco netto di scena e sonoro segnato da una semplice campanella sulla porta di un ristorante!
Sono impeccabili anche la fotografia di James Laxton e la colonna sonora, che media tra le musiche originali di Nicholas Britelle tra cui il tema portante, Moonlight, la meravigliosa The Middle of the World o l'End Credits Suite, ma anche tanti altri brani emozionanti perfettamente scelti per le singole sequenze (ascolta).
La mdp si ferma raramente, gira attorno ai personaggi, siano essi spacciatori della periferia di Miami o bambini che giocano a football americano con un pallone fatto di stracci e cartacce.
Una scena su tutte: Chiron sta guidando da Atlanta a Miami, la mdp riprende dall'alto la sua auto e la segue da dietro, le note sono quelle di Cuccuruccù Paloma di Caetano Veloso, che proseguono anche sulla messa in immagine del pensiero del protagonista che ricorda lui bambino insieme a tanti altri alla luce della luna che dà il titolo al film.
Scegliere tra commozione e applauso non è necessario...
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