mercoledì 2 dicembre 2015

The visit (Shyamalan 2015)

Loretta Jamison (Kathryn Hahn) è scappata di casa a diciannove anni per sposare il suo professore, da cui ha avuto due figli, Rebecca (Olivia DeJonge) e Tyler (Ed Oxenbould), oggi adolescenti, la prima una quindicenne con velleità registiche e il secondo un tredicenne che si diverte a comporre testi rap che gli valgono il nomignolo di "puntina di diamante". Il matrimonio di Loretta è finito e nel presente, dopo aver fatto pace con i genitori, è lei che manda i due adolescenti a conoscere i nonni, in modo da poter passare una settimana in crociera con il suo nuovo fidanzato...

Shyamalan riesce ancora una volta a tenere incollati gli spettatori alla poltrona e a sorprenderli, ed è questo l'indubbio merito di The visit, un film a basso costo che non permette al suo regista di poter rendere a pieno, a conferma di una carriera di alti e bassi, esplosa con Il sesto senso (1999) e che, finora, ha raggiunto il massimo livello solo con The village (2004).
Il regista d'origine indiana, così, dopo essersi visto annullare la produzione della seconda stagione della sua serie tv Wayward pines, fronteggia la difficoltà di un budget scarso con l'escamotage intradiegetico del documentario girato da Rebecca a casa dei nonni, che gli permette di rinunciare a buona parte delle spese. Naturalmente ci rimette la regia, obbligata ad una mdp a mano, che spesso ricorda quella di The blair witch project (Myrick - Sanchez 1999) per intenderci, ma nonostante questo la narrazione funziona e nel complesso il film raggiunge un buon risultato finale.

La serenità della vita a casa dei nonni Maria (Deanna Dunagan) e Frederick Jamison (Peter McRobbie), che scena dopo scena si trasforma con l'aggiunta di elementi inquietanti, è certamente la cosa più riuscita del film. A questo contribuisce soprattutto la prova dell'attrice che interpreta la nonna, eccezionale nei suoi mutamenti di umore e di stato, che le permettono di passare dall'amorevolezza all'ambiguità di comportamenti, conditi di eccentricità, che aumentano la tensione in Rebecca, Tyler e soprattutto nel pubblico, fino all'evidenza della sua "sindrome del tramonto".
Anche la musica ha il suo ruolo nel fornire atmosfere inquietanti e lo fa avvalendosi, tra gli altri, di brani classici decisamente stranianti rispetto alla vicenda come la donizettiana Una furtiva lagrima, nella versione cantata da Enrico Caruso, o Possession di Les Baxter.
L'edizione italiana ha cambiato inspiegabilmente alcuni nomi dei protagonisti (Loretta in originale è Paula, così come Maria e Frederick sono Doris e John), e anche il doppiaggio non brilla, purtroppo, e sentire il piccolo Tyler, che improvvisa dei testi da rapper in italiano non è certo il massimo. 
Diverse le citazioni, a partire da un tocco di storia del cinema rivelata in qualche battuta nei confronti della giovanissima Rebecca: la madre Loretta cita Jacques Cousteau per la sua idea di girare un documentario, mentre la nonna Maria scomoda addirittura Cecil B. DeMille, spiegando alla nipote che si trattava di un grande regista del passato. 
Appaiono riferimenti al cinema più recente, inoltre, la presenza del pozzo, qui relativamente sfruttato, ma elemento basilare in un film horror di grande impatto nell'ultimo ventennio come Ring (Nakata 1999) e il derivato The Ring (Verbinski 2002), e le scene sulla neve, nonché i titoli in rosso iniziali e quelli che scandiscono i giorni della settimana, che fanno pensare ovviamente a Shining (Kubrick 1980), con cui il film condivide anche la dimensione familiare apparentemente serena, ma non troppo...
Come impone il genere, infine, non può mancare il dettaglio favolistico che in questo caso va a pescare in un classico come Hansel e Gretel quando la nonna invita Rebecca a pulire bene il forno.
Da Shyamalan è naturale attendersi di più, è evidente, ma di certo questa pellicola, che può essere considerata, date le premesse, un obbligato divertissement condito di ironia, non snatura la sua poetica. 
Aspettando tempi migliori...

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