Fernando León de Aranoa punta il dito sull'assurdità della guerra, ma lo fa in maniera del tutto originale, colpendo soprattutto la sua burocrazia e l'ottusità di regolamenti che in alcuni frangenti possono impedire azioni che il semplice buonsenso non solo suggerirebbe, ma dovrebbe imporre...
Perfect Day - l'edizione italiana ha inspiegabilmente sottratto l'articolo indeterminativo A all'inizio del titolo - è tratto da Dejarse Llover, romanzo d'esordio della scrittrice spagnola Paula Farias (2005).
La vicenda narrata si svolge in 24 ore e ruota intorno ad un problema pratico: un gruppo di volontari vuole liberare un pozzo dal corpo di un uomo morto, la cui eventuale decomposizione rischia di rendere inutilizzabile l'acqua per la comunità che vive nel territorio circostante.
Il film ha un cast d'eccezione, costituito da due star come Benicio del Toro e Tim Robbins, non a caso due attori politicamente impegnati, a cui spettano i ruoli principali di Mambrù e B, e dalle interpreti femminili Olga Kurylenko e Mélanie Thierry, rispettivamente Katya e Sophie, un gruppo a cui si aggiungono alcuni attori balcanici, tra cui soprattutto Fedja Stukan, Damir, e il piccolo Eldar Residovic, Nikola. Fatta eccezione per quest'ultimo e per Katya, tutti gli altri personaggi sono membri di un'associazione di volontari.
La buona regia di de Aranoa è evidente sin dalla prima inquadratura, con la mdp che dall'interno del pozzo guarda verso l'esterno, immagine che rappresenta anche il soggetto della locandina, con i protagonisti che si affacciano dall'alto. Sin dall'inizio si impone anche l'ironia della sceneggiatura che sdrammatizza abbondantemente il soggetto bellico. Si va così dal sarcasmo tutto balcanico, sintetizzato subito da Damir, che dopo aver esposto una teoria del fratello sul rapporto tra le ghiandole e il grasso corporeo, alla domanda di Mambrù "tuo fratello è medico?", risponde "no, ciccione", al divertente enigma che caratterizza l'arrivo nella zona del pozzo di B e Sophie, posti di fronte ad un bivio creato da una mucca morta lungo la strada e che B affronta sfoderando il suo apposito prontuario per situazioni nonsense come quella.
L'unica corda a disposizione si rompe e il gruppo sarà impegnato per il resto del film a trovarne un'altra per liberare il pozzo dal corpulento uomo a cui i quattro non risparmiano battute e maledizioni, tanto più che al quartier generale delle operazioni decidono che quell'uomo non può essere spostato da lì senza l'intervento dell'ONU.
La storia si intreccia con la vita privata di Mambrù, che si ritrova a dover interagire anche con una sua avvenente ex, Katya, analista dei conflitti, che si unisce a loro pur non condividendo le scelte, e con quella di Nikola, un bambino a cui è stato rubato un pallone e che lo stesso Mambrù salva da una situazione difficile.
Sarà proprio il piccolo e acutissimo Nikola a ipotizzare che a gettare quell'uomo nel pozzo siano stati alcuni 'sciacalli' che hanno prontamente iniziato a vendere acqua a prezzi esosi, e ad aiutare gli altri a trovare una corda in quella che era la casa in cui viveva con i propri genitori, misteriosamente partiti lasciandolo lì col nonno, in base ad un racconto che non convince nessuno dei volontari.
Il rapporto tra Mambrù e B è un'altra chiave rilevante del film, col primo appassionato del suo lavoro con lo stesso idealismo con cui crede ancora nei rapporti di coppia e nella sua attuale relazione, e il secondo decisamente più cinico e condannato ad una vita solitaria che non a caso lo spinge verso Katya pur di ottenere una relazione positiva sull'operato del gruppo, ma nascondendola con il fine umanitario ("devi scopartela per il popolo bosniaco").
L'idealismo di Mambrù e la sua correttezza, però, subiranno spesso dei duri colpi, persino da Nikola, molto più pronto al compromesso di lui, aumentando inevitabilmente la disistima per il proprio lavoro: "siamo gli idraulici della guerra, gli sturalavandini".
Le citazioni cinematografiche di Perfect Day, infine, vengono lasciate al personaggio di B, che prende in giro Mambrù fingendo di essere uno speaker radiofonico facendo immediatamente pensare - dato il contesto bellico - all'indimenticabile Robin Williams di Good Morning Vietnam (Levinson 1987); e che pronuncia la battuta "ce la faremo almeno finché non piove", sfidando la sorte che lo punisce immancabilmente con un sonoro acquazzone, proprio come accadeva a Gene Wilder e a Marty Feldman nell'eterno Frankenstein junior (Brooks 1974) - "potrebbe andare peggio... potrebbe piovere".
La storia si intreccia con la vita privata di Mambrù, che si ritrova a dover interagire anche con una sua avvenente ex, Katya, analista dei conflitti, che si unisce a loro pur non condividendo le scelte, e con quella di Nikola, un bambino a cui è stato rubato un pallone e che lo stesso Mambrù salva da una situazione difficile.
Sarà proprio il piccolo e acutissimo Nikola a ipotizzare che a gettare quell'uomo nel pozzo siano stati alcuni 'sciacalli' che hanno prontamente iniziato a vendere acqua a prezzi esosi, e ad aiutare gli altri a trovare una corda in quella che era la casa in cui viveva con i propri genitori, misteriosamente partiti lasciandolo lì col nonno, in base ad un racconto che non convince nessuno dei volontari.
Il rapporto tra Mambrù e B è un'altra chiave rilevante del film, col primo appassionato del suo lavoro con lo stesso idealismo con cui crede ancora nei rapporti di coppia e nella sua attuale relazione, e il secondo decisamente più cinico e condannato ad una vita solitaria che non a caso lo spinge verso Katya pur di ottenere una relazione positiva sull'operato del gruppo, ma nascondendola con il fine umanitario ("devi scopartela per il popolo bosniaco").
L'idealismo di Mambrù e la sua correttezza, però, subiranno spesso dei duri colpi, persino da Nikola, molto più pronto al compromesso di lui, aumentando inevitabilmente la disistima per il proprio lavoro: "siamo gli idraulici della guerra, gli sturalavandini".
Le citazioni cinematografiche di Perfect Day, infine, vengono lasciate al personaggio di B, che prende in giro Mambrù fingendo di essere uno speaker radiofonico facendo immediatamente pensare - dato il contesto bellico - all'indimenticabile Robin Williams di Good Morning Vietnam (Levinson 1987); e che pronuncia la battuta "ce la faremo almeno finché non piove", sfidando la sorte che lo punisce immancabilmente con un sonoro acquazzone, proprio come accadeva a Gene Wilder e a Marty Feldman nell'eterno Frankenstein junior (Brooks 1974) - "potrebbe andare peggio... potrebbe piovere".
La pioggia, peraltro, avrà un ruolo determinante nello sviluppo finale della trama, caratterizzando l'intero film come un racconto avvenuto Prima della pioggia, titolo del bellissimo film di Milcho Manchevskj (1994), ambientato durante la guerra nei paesi balcanici, che vinse il Leone d'oro a Venezia e l'Oscar a Hollywood. Perfect Day non può aspirare a nulla di tutto ciò, ma è una pellicola intelligente, politica, ben scritta e stimolante... decisamente non poco!
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