giovedì 15 settembre 2022

Saluto a Jean Luc Godard (3/12/1930 - 13/9/2022)

La scena con Michel Piccoli e Brigitte Bardot all'inizio de Il disprezzo (vedi), la lunga corsa di Anna Karina, Sami Frey e Claude Brasseur nelle sale del Louvre in Bande à part (vedi), la scena di ballo nello stesso film (vedi), i dialoghi, i baci e i sorrisi tra Jean Paul Belmondo e Jean Seberg in Fino all'ultimo respiro...
Se, come per i lirici greci, fra mille anni rimanessero solo questi brani della filmografia di Jean Luc Godard, i posteri potrebbero ugualmente capire la grandezza di questo autore e collocarlo in un contesto che andrebbe definito senza ombra di dubbio "età dell'oro del cinema francese".
La Nouvelle Vague perde il suo ultimo cantore. Dopo Truffaut, Resnais, Rohmer, Chabrol, Rivette, Jean Luc Godard è morto a 91, non malato, semplicemente stanco, ricorrendo al suicidio assistito. Si è spento nella sua casa a Rolle, sulle rive del lago di Ginevra. Fino alla fine ha dimostrato di essere quello che è sempre stato, testardo, determinato, monolitico, libero, coerente. Sull'eutanasia era tornato più volte e, quando a Cannes nel 2014 gli chiesero cosa avrebbe fatto in un caso simile, non esitò a rispondere «Se sono troppo malato, non voglio essere trascinato in una carriola… Per niente».
Godard con Truffaut
Era nato nel 1930, a Parigi, da una coppia altoborghese d'origine svizzera costituita da Paul, medico, e da Odile, appartenente a una famiglia di banchieri. Dopo aver studiato alla Sorbona aveva iniziato a scrivere di cinema e nel 1950 era uscito il suo primo articolo dedicato a Joseph Mankiewicz sulla Gazette du Cinéma, per poi approdare ai Cahiers du Cinéma. L'attività di critico, però, durò pochissimo e, dopo anni di viaggi in America, dal 1954 al 1958 realizzò alcuni cortometraggi, tra cui Charlotte et son Jules (1958), con Jean Paul Belmondo, e Une histoire d'eau (1958) scritto da François Truffaut.
Godard con Brigitte Bardot
Lo stesso celebre collega gli affidò il soggetto del suo primo lungometraggio e capolavoro assoluto, quel Fino all'ultimo respiro (A bout de souffle, 1960) che usciva un anno dopo I quattrocento colpi dello stesso Truffaut e Hiroshima mon amour di Resnais: la Nouvelle Vague si presentava nel mondo del cinema irrompendo con delle perle indimenticabili. Godard, poi, ruppe con forza rispetto al passato, usando un montaggio sconnesso, rendendo complici della regia gli attori con gli sguardi in macchina impensabili prima di allora, sfondando la "quarta parete", usando la mdp a mano o nascondendola in una bicicletta per effettuare carrellate a basso budget. Jean Paul Belmondo e Jean Seberg divennero due icone cinematografiche che ancora oggi fanno binomio.
Godard con Anna Karina
Nel corso di quel decennio appena iniziato girò circa trenta tra lungometraggi e cortometraggi o episodi in pellicole a più mani. Sono anche gli anni dei suoi film più famosi, da La donna è donna (1961) a Il disprezzo (1963), da Bande à part (1964) a Il bandito delle 11 (1965), da Il maschio e la femmina a Una storia americana (1966), da Due o tre cose che so di lei (1967) a La cinese (1967).
La fine degli anni Sessanta, però, coincise con la rivolta del 1968 e Godard, che già dal 1966 aveva abbracciato le teorie marxiste, cambiò registro, fondando il Gruppo Dziga Vertov, finalizzato ad un cinema rivoluzionario, e passando a film e documentari sempre più impegnati. Sono gli anni di La gaia scienza (1968), Pravda  (1969), Vento dell'est (1969), Lotte in Italia (1970), Crepa padrone, tutto va bene (1972).
Terminata questa esperienza, dal 1975 Godard ha girato tre film con la futura moglie, Anne-Marie Miéville, Numéro deux (1975), Ici et ailleurs (1976), Comment ça va? (1978). Negli anni Ottanta è stata poi la volta di film estetizzanti come Passion (1982), nel quale la storia dell'arte si impone con tableaux vivants pasoliniani tra cui La ronda di notte di Rembrandt, il 3 maggio 1808 e La maja desnuda di Goya, L'angelo e Giacobbe di Delacroix; o Prénom Carmen (1983), ispirato alla Carmen di Bizet; ma anche Je vous salue, Marie, rilettura contemporanea della storia di Maria tratta da I vangeli alla luce della psicoanalisi della psicanalista Françoise Dolto; o Nouvelle vague (1990), in cui dialoghi e frasi della voce off sono tutte citazioni letterarie da grandi autori, da Dostoevskij a Rimbaud, da Shelley a Marx, da Hemingway a Dante Alighieri.
Godard con Bertolucci e Pasolini
Negli ultimi trent'anni anni Godard è tornato sui tematiche d'amore e della coppia, come in Addio al linguaggio (2014), e soprattutto ha dedicato molto spazio alla sua Histoire du cinema (8 episodi: 1988-2004); sulla storia del cinema in chiave socio-politica è incentrato anche l'ultimo suo film, Le livre d'image (2018).
Tantissime le influenze generate da Godard sul new american cinema, come ad esempio su Martin Scorsese, che ha sempre dichiarato la sua ammirazione per il regista francese, ma anche ovviamente sul cinema europeo. Basti ricordare l'omaggio di Bernardo Bertolucci, di certo il cineasta italiano che lo ha amato di più, che in The Dreamers (vedi) inserì una ripresa della già citata sequenza della corsa a tre nelle sale del Louvre di Bande à part, così come per la scena di ballo che ispirò Tarantino per quella di John Travolta e Uma Thurman in Pulp Fiction. E non va dimenticato che proprio Quentin Tarantino ha chiamato la sua casa di produzione Bande à part.
Godard e Anne-Marie Miéville
Godard, Leone d'oro e Oscar alla carriera rispettivamente nel 1982 e nel 2011, lascia la sua compagna di vita Anne-Marie Miéville, conosciuta già nel 1971, arrivata dopo altre due grandi storie d'amore, con due attrici, la prima la bellissima Anna Karina, con cui è stato sposato dal 1961 al 1976, e che, peraltro ha recitato in otto suoi film, diventando uno dei volti femminili più iconici della Nouvelle Vague (es. Bande à part, La donna è donna); la seconda Anne Wiazemsky, protagonista di famosi capolavori di Bresson, Pasolini, oltre che di Godard (es. La cinese), con cui ha divorziato nel 1979.
Proprio partendo dal libro di Wiazemsky, Un an aprés, che racconta i primi anni della relazione dell'attrice con il regista, nel 2016 Michel Hazanavicius ha dedicato un film al maestro francese, Il mio Godard, affidando a Louis Garrel la parte del protagonista, giocando con tutto l'immaginario godardiano, a partire dagli sguardi verso la camera, mettendo in scena le  contraddizioni e le sue asperità.
Il suo temperamento ha portato Godard a vivere intensamente ogni emozione e, una volta, proprio durante le riprese de La donna è donna, dopo un furioso litigio con Anna Karina, Eric Rohmer lo trovò sanguinante nel suo studio per essersi tagliato le vene dei polsi. D'altronde da giovane girava con una lama di rasoio nel portafoglio e nel 1968 tentò persino il suicidio, «perché la gente mi presti attenzione».
Questa volta è successo davvero, dopo una lunghissima vita, Jean Luc ha esalato il fatidico "ultimo respiro", proprio lui, e non ci resta che ringraziarlo per tutto ciò che ci ha lasciato. Adieu, Jean Luc!

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