martedì 13 settembre 2022

Brian e Charles (Archer 2022)

Una bella fiaba ambientata nella campagna britannica, piena di tenerezza e solitudine che si trasforma in compagnia, riprende la triade letteraria Pigmalione-Frankenstein-Pinocchio, e di fatto si presenta come un Frankenstein privo degli accenti gotici di Mary Shelley o un Pinocchio tra toni sentimentali e grotteschi.
Jim Archer gonfia il cortometraggio del 2017 e ne fa un film, che risente con evidenza di questa operazione, ma in fondo resiste allo stiracchiamento.
In un minuscolo paese del Galles, Brian (David Earl) vive da solo e passa le giornate nella stalla in cui ha sistemato la sua bottega da inventore, in cui crea oggetti ai limiti del nonsense, come rompicapi con palline da ping pong, reti a strascico da scarpe (sic), borsa di pigne, un turbo scovolino, oltre a un potenziale velivolo che ha come cabina un carrello della spesa (trailer).
È così che un giorno ha l'idea di costruire Charles, un robot che possa dargli una mano nelle incombenze domestiche e fargli compagnia. Anche lui (all'interno c'è l'attore Chris Hayward) è un guazzabuglio di oggetti improbabili, tra cui una lavatrice che gli fa da corpo, due guanti di gomma per le mani e la testa di un manichino. Come il Frankenstein di Mel Brooks, non funziona sulle prime, ma sarà poi una notte tempestosa a dargli vita e Brian lo ritroverà sveglio al mattino, dopo aver imparato l'intero vocabolario ed essersi dato anche un cognome, Petrescu, ripreso dall'autore dell'altro libro che ha letto quella notte e che Brian teneva in sala, Wire World di R.M. Petrescu.
Charles da quel momento in poi collaborerà in tutto con Brian, giocherà a freccette con lui, disegnerà su un foglio quella nuova e sgangherata famiglia e la loro comune passione per i cavoli. Un robot con i sentimenti, però, porterà con sé gelosie e risentimenti quando Brian si avvicinerà ad Hazel (Louise Brealey)...
Una commedia dai buoni sentimenti non può prescindere da un cattivo da sconfiggere e qui c'è il rude Eddie (Jamie Michie) che schiavizzerà Charles per i lavori più umili, fino a fargli rischiare la pira in paese, proprio come il Frankenstein shelleyano.
Tra i tanti momenti di dolce amicizia tra Brian e Charles, una delle sequenze merita particolare attenzione, quando la "creatura" di Brian si chiede "dove finisce il fuori?", una frase che apre scenari filosofici infiniti e in cui c'è tutto il bisogno di aprire gli orizzonti insito nella conoscenza, quella che in Frankenstein diventa vocazione omicida e in Pinocchio semplice ribellione. Charles pensa istintivamente che tutto finisca con il recinto del giardino della casa, all'albero che fa da limite della proprietà, ma, alla risposta di Brian su quanto altro c'è là fuori, si appassionerà al mondo e chiederà di acquistare una mappa della Terra. Il comico esito delle sue nuove conoscenze lo porterà a creare una gonna hawaiana per andare a Honolulu!
La pellicola che, almeno inizialmente, è costruita come un documentario con il protagonista che guarda nella mdp come se fosse intervistato, e la voce off che descrive i fatti al passato, resta una fiaba edificante sull'amicizia e sulla capacità di convivenza tra le persone, che affronta il tema del diverso e dell'intolleranza, con una colonna sonora caratterizzata da brani pienamente britannici come Don't Leave Me This Way dei Communards e la dolcissima e malinconica Who knows where the time goes dei Fairport Convention, ma c'è spazio anche per gli statunitensi Turtles con Happy together. Alla fine, non uscite dalla sala sui titoli di coda, perché perdereste il rap cantato da Charles I want to see it all.

Nessun commento:

Posta un commento