Il relativismo della verità, una storia raccontata tre volte, dai diversi punti di vista dei protagonisti, un episodio di violenza su una donna in un'epoca in cui la legge stabiliva che lo stupro non era un reato contro la donna stessa, ma contro il patrimonio del suo tutore.
Ridley Scott sceglie un tema politico e, inutile negarlo, cavalca l'onda attualizzando un episodio storico, il cui contesto medievale non ne autorizzerebbe la lettura attraverso la sensibilità moderna. Sottolineare che il Medioevo avesse caratteri maschilisti non è esattamente una scoperta, ma se oggi è necessaria questa spinta per riuscire a realizzare un film del genere, ben venga! (trailer)
The Last Duel è un esercizio narrativo mutuato dal romanzo di Eric Jager, L'ultimo duello. La storia vera di un crimine, uno scandalo e una prova per combattimento nella Francia medievale (2004), e il regista britannico si destreggia molto bene in una pellicola in costume, sin dall'inizio, quando un'inquadratura dall'alto ci mostra il campo di battaglia e la nostra mente va subito agli anfiteatri de Il gladiatore (Scott 2000).
Siamo a Parigi, il 29 dicembre 1386, sotto il regno di Carlo VI di Valois (1380-1422), e in quella piana si stanno per affrontare in duello Jean de Carrouges (Matt Damon) e Jacques Le Gris (Adam Driver), feudatario del cugino del re, il conte Pierre d'Alençon (Ben Affleck), per dirimere una questione d'onore: Jean accusa Jacques di aver violentato sua moglie, Marguerite de Thibouville (Jodie Comer). Durante questa premessa, la regia si sofferma sulla preparazione del duello e soprattutto sulla vestizione dei cavalieri, regalandoci dettagli delle armature davvero suggestive: elmi, spallacci, cosciali, gambiere, manopole, pettorali, cubitiere vengono indossati dai due protagonisti al di sopra della cotta di maglia, in piena filologia storica, così come gli stemmi con i gigli per Carrouges e con il serpente per Le Gris.
E una bella natura morta, costituita da pezze di metallo in attesa di essere indossate, rimanda a tanti dipinti (si pensi ad uno dei ritratti di Filippo II di Tiziano, 1550, Madrid, Prado). Prima del duello, però, la struttura del film ci porta indietro, con tre flashback, per raccontarci gli anni precedenti e poi l'antefatto, dal punto di vista di Carrouges, di Le Gris e di Marguerite. Le versioni dei due uomini narrano i fatti in maniera epica, dando spazio all'onore e alla virilità, quella della donna mette a nudo l'ipocrisia della cavalleria.
I fatti sono reali, storicamente avvenuti, e il duello centrale della vicenda è davvero l'ultimo "duello di Dio", anche detto giudiziario o ordalico, autorizzato in Francia. Carrouges fece causa al Parlamento di Parigi e la soluzione scelta fu proprio questa.
Ridley Scott gira da par suo. Bellissime le prime scene di battaglia, che vedono protagonista Carrouges: quella di Limoges del 1370, su un fiume, e in Scozia, nel 1385, dove si vedono scoccare centinaia di frecce infuocate. E poi gli interni, a lume di candela, stile Barry Lyndon (Kubrick 1975), e l'immagine, davvero emozionante, di Notre Dame in costruzione - complice la scenografia di Arthur Max -, sin dalla sequenza in cui Carrouges torna vincitore da quel "luogo infame", come definisce la Scozia.
Una scena nel chiostro dell'abbazia cistercense di Sainte-Marie di Fontfroide a Narbonne |
Nella sezione riservata al punto di vista di Jacques Le Gris, di grande fascino le feste nel castello di Pierre d'Alençon, che si svolgono nello sfarzo degli ambienti, dei costumi, tra cibo e donne. Il giovane cavaliere lavora per recuperare il denaro dei cattivi pagatori in modo da risanare le finanze del conte e, tra una violenza e l'altra, vediamo anche una bella sequenza dedicata alla caccia al cervo, con le mute dei cani (razza beagle) che fanno da contorno allo sgozzamento dell'animale.
Il personaggio di Le Gris è indubbiamente quello più sviluppato dalla sceneggiatura, scritta da Ben Affleck, Matt Damon e Nicole Holofcener. Se, infatti, Carrouges risulta una figura piuttosto piatta, quella dell'uomo d'armi, che non ha studiato, che segue gli schemi e difende il proprio onore e la propria posizione nel chiedere giustizia per la moglie, come gli urla Marguerite stessa, Jacques è un uomo libero, affascinante e acculturato, data la sua formazione da religioso, poi non confluita nell'ordinazione sacerdotale.
Non a caso, nella sezione dedicata al suo punto di vista, Le Gris è ammirato dalle donne di corte, non nasconde il suo narcisismo, flirta con Marguerite che non disdegna la sua compagnia; la loro vicinanza e gli interessi culturali comuni creano un legame e una complicità inesistente tra la donna e il legittimo marito. Tutto lascia presupporre una relazione adulterina tra i due ma, non riuscendo ad avere la dama come vorrebbe, Le Gris le dichiara il proprio amore e, rifiutato, passa allo stupro e alle raccomandazioni di non dire nulla per evitare spiacevoli conseguenze per tutti.
Anche la madre di Carrouges minimizza i fatti. Gelosia e distanza generazionale, infatti, la spingono a ricordare alla nuora che un uomo prende ciò che vuole e che, quanto le accaduto, è cosa comune a tutte le donne, sentenziando che "la verità non ha importanza". Affrontare il processo, per Marguerite, significherà dover parlare di ogni dettaglio, fino a ragguagliare l'uditorio sul raggiungimento della "piccola morte" o meno...
The Last Duel è un dramma storico ben riuscito, in cui epica, amore, politica, amicizia, violenza, potere rappresentano componenti essenziali. Allo stesso modo, dal punto di vista tecnico, oltre l'ottima regia, l'altrettanto valida scenografia e i bei costumi di Janty Yates, meritano una menzione la musica di Harry Gregson-Williams e la magnifica fotografia diretta dal polacco Dariusz Wolski, già tante volte al fianco del regista. Le immagini del film restano addosso, con grande forza e nitidezza: se il XIV secolo di Ridley Scott è così credibile, tanto lo deve proprio alla fotografia.
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