Bianco e nero. Ennio Morricone suona la sua tromba in una sala del conservatorio di Santa Cecilia, l'inquadratura si sposta alla finestra e mostra dall'alto la direttrice di via del Babuino in direzione sud, verso piazza di Spagna.
C'è tanto del grandissimo musicista scomparso il 6 luglio 2020 (leggi) in questo breve filmato dell'Istituto Luce, che Giuseppe Tornatore ha inserito nel suo Ennio, opera che ha già vinto il Nastro d'Argento come miglior documentario. La musica e la città, i primi due grandi amori del maestro, a cui qualche anno dopo si unirà Maria, la donna che lo ha accompagnato fino alla fine.
Ennio, che avrebbe voluto fare il medico, aveva iniziato da trombista, come il padre, che con quello strumento era riuscito a mantenere la propria famiglia (sei persone, oltre Ennio, le tre figlie, Adriana, Maria e Bianca). Proprio per questo, però, il primogenito aveva un rapporto difficile con quello strumento impostogli, cosicché, dopo il diploma, decise di passare alla composizione, scegliendo come maestro Goffredo Petrassi, un'eccellenza nella cui classe Ennio, date le origini medioborghesi, era piuttosto emarginato.
Nelle due ore e mezzo di film - che alla fine si vorrebbe continuasse per altrettante ore - l'idea di un uomo semplice venuto dal nulla, su cui gli stessi maestri non sembravano puntare più di tanto, torna più volte e contrasta con l'ammirazione dei tanti personaggi intervistati che lo celebrano come uno dei più grandi musicisti del XX secolo, fino a Quentin Tarantino che, dopo il Golden Globe per The Hateful Eight, lo mette persino al pari di Beethoven e Schubert.
Tra i tantissimi musicisti intervistati, ascoltiamo Alessandro de Rosa, il suo biografo, Nicola Piovani (che lo definisce "la grande eccezione"), Quincy Jones (che gli consegnò l'Oscar per la colonna sonora del film di Tarantino, abbracciandolo e chiamandolo "fratellino"), John Williams, ma anche il chitarrista Pat Metheny, James Hetfield, cantante dei Metallica (Morricone parla di una loro "misteriosa simpatia" nei suoi confronti) che per anni hanno aperto i concerti con The Ecstasy of Gold de Il buono, il brutto e il cattivo, e Bruce Springsteen, che rivela che per la prima volta andò a comprare un LP di una colonna sonora proprio per il capolavoro leoniano del 1966.
Moltissimi anche i registi cinematografici che si sono avvalsi delle sue collaborazioni e che Tornatore intervista o dei quali recupera alcune dichiarazioni di un tempo: da Sergio Leone a Giuliano Montaldo, da Bernardo Bertolucci a Elio Petri, da Lina Wertmuller ai fratelli Taviani, da Gillo Pontecorvo a Dario Argento, da Pier Paolo Pasolini a Carlo Verdone, da Roland Joffe a Terrence Malick, da De Palma a Quentin Tarantino. E poi Clint Eastwood, l'attore che lo conobbe ai tempi della trilogia del dollaro e che gli ha consegnato l'Oscar alla carriera nel 2007.
Il protagonista assoluto, però, è il volto di Ennio, con la sua voce che ci racconta le esperienze, dall'infanzia ai trionfi di un'incredibile carriera, passando per la commozione, ma anche per i sensi di colpa dovuti all'aver ceduto alla musica commerciale, prima con gli arrangiamenti alla RCA e poi con il cinema. Ci sono voluti decenni di capolavori per superare questa difficoltà, fino a farlo passare dal senso di umiliazione iniziale alla consapevolezza che quella del grande schermo fosse musica realmente contemporanea.
Tornatore ci porta in casa di Morricone e, al suono del metronomo, vediamo il maestro muoversi per le stanze, fare ginnastica, scrivere musica, mettersi al pianoforte, fingere di dirigere un'orchestra dal suo studio, ricolmo di libri e partiture (l'immagine usata anche per la locandina del documentario).
Nel ripercorrere le tappe della sua vita, Morricone ricorda di essere stato raccomandato tramite Maria, che lavorava in DC, per entrare nella RAI. Erano gli anni Cinquanta, il maestro durò un giorno, dato che a via Teulada gli prospettarono un lavoro privo di creatività, come assistente musicale. Se ne andò e passò poi alla RCA, dove iniziò ad arrangiare brani che poi divennero celebri, come Il barattolo di Gianni Meccia (1960), in cui inserì il rumore di un barattolo che rotola, come dice il testo della canzone, dettaglio di musica concreta, che Morricone coltivava a latere, influenzato da compositori come John Cage, e che lo portò ad unirsi al gruppo Nuova Consonanza. La stessa musica concreta che porterà in un capolavoro come C'era una volta il west, i cui primi dieci minuti (vedi), privi di parole e di melodie, si fondano sui rumori che accrescono la suspense, nell'attesa della comparsa di Franck-Henry Fonda alla ferrovia.
Tornando, però, al lavoro fatto alla RCA, dove ebbe Luis Bacalov come collega, la stessa idea di arrangiamento, tutti concordano, fu una sua introduzione, in un'epoca prima della quale esisteva solo l'accompagnamento musicale. E così lavorò con Gino Paoli, che lo volle per Sapore di sale (1963), con Edoardo Vianello (Abbronzatissima, 1963), con Jimmy Fontana (Il mondo), con Mina (Se telefonando, 1966). Un discorso a parte merita la testimonianza di Gianni Morandi, che ne ricorda lo scontro con il produttore per In ginocchio da te (1964), in cui il maestro alla terza versione cedette - "questa è la cacata che piace a te" - senza rinunciare ad un inizio straordinario e decisamente morriconiano. E quel lavoro gli valse anche l'intera colonna sonora del musicarello che ne derivò.
Morricone con Alessandro Alessandroni |
Il cinema gli regalò una rivincita nei confronti della musica "alta", quando John Huston rifiutò le composizioni di Goffredo Petrassi per La Bibbia (1966), e avrebbe scelto le sue se l'RCA non l'avesse impedito per questioni di esclusività contrattuale. E poi quella lettera di Boris Porena, altro personaggio che Tornatore intervista per l'occasione, con cui il compagno dei tempi del conservatorio chiese scusa a Ennio per lo snobismo riservatogli per decenni.
Morricone, infatti, è riuscito a portare un po' della grande musica del passato all'interno delle sue colonne sonore e dei suoi arrangiamenti, tra contrappunti, citazioni e riprese da Beethoven, Frescobaldi, Palestrina e Strawinsky.
Tra i tanti, il racconto della musica composta per Il clan dei siciliani (Verneuil 1969), il cui brano portante contiene la sequenza di note che citano BACH (lettere in sequenza del Si, La, Do e Si bemolle). Questo è solo uno dei tanti episodi in cui appare ancor più straordinaria la sua umiltà e la sua semplicità, che lo portano a dichiarare di non essere mai stato un buon giudice dei suoi brani, motivo per cui li ha sempre fatti ascoltare prima a sua moglie Maria e solo dopo, previa la sua approvazione, ai registi.
L'unica sua certezza è che le note sono mattoni con cui si costruisce la musica e che la loro disposizione, così come accade per i palazzi, genera brani sempre differenti. La musica è matematica e, non a caso, Morricone è stato anche un grande appassionato di scacchi: nel documentario lo vediamo alla scacchiera di fronte a personaggi come Malick o il matematico Roberto Vacca.
Come ricorda Nicola Piovani, "nessuno è andato a scuola da lui", eppure tutti i musicisti delle nuove generazioni sarebbero altro senza Morricone, maestro silenzioso di chi fa musica per il cinema e non solo.
Come ricorda Nicola Piovani, "nessuno è andato a scuola da lui", eppure tutti i musicisti delle nuove generazioni sarebbero altro senza Morricone, maestro silenzioso di chi fa musica per il cinema e non solo.
Morricone ha stravinto la sfida nel trovare un equilibrio tra le due sue nature, in una sorta di schizofrenia virtuosa che non ha conosciuto rivali.
Tornatore la racconta con grande passione questa lunga parabola di vita e l'emozione è davvero tantissima!
Tornatore la racconta con grande passione questa lunga parabola di vita e l'emozione è davvero tantissima!
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