"Dedicato a tutti i mentori della nostra vita"... questa volta è il caso di partire dalla fine, poiché con questa frase Pete Docter, coadiuvato alla regia da Kemp Powers, chiude un altro bellissimo film Pixar facendoci pensare alle persone che ci hanno illuminato la strada che abbiamo scelto di percorrere, che ci hanno comunicato la passione per gli interessi che caratterizzano la nostra esistenza e che ci hanno insegnato a vedere le cose in un certo modo. È quella che nel cartone animato prende il nome di "scintilla", da non confondere forse con l'obiettivo della nostra vita, ma di cui ne rappresenta spesso un importante motore (trailer).
Impossibile, quindi, non identificarsi e non lasciarsi trasportare da Soul che, dopo Inside Out (Docter 2015), prosegue nella stessa direzione di quella che potremmo definire mitologia eziologica. Come Ovidio nelle sue Metamorfosi, se Inside Out cercava di spiegare le emozioni e la loro gestione attraverso una cabina di comando che guardava al Woody Allen di Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere (1972), Soul è un viaggio metafisico da Divina Commedia che, almeno per la visione dell'Altro Mondo, riprende immagini paradisiache alla Gustave Dorè, ma anche i tanti film di fantascienza che hanno descritto situazioni simili negli spazi interstellari, nonché la passeggiata che Eric Idle faceva tra le stelle cantando Galaxy Song o la fine dell'episodio del Tristo Mietitore dopo l'indimenticabile "mousse di salmone", entrambi nell'imprescindibile Monty Python - Il senso della vita (Jones 1983),
In alto l'Altro Mondo; in basso il Paradiso di Dorè e le due scene di Monty Python - Il senso della vita |
L'immaginario iconografico non si limita a Dorè, a Dante, ai Python, poiché le stesse anime, ad esempio, seguono l'iconografia religiosa tradizionale e vengono rappresentate come accade sin dal Medioevo, cioè come animulae, versioni ridotte della persona adulta, come siamo solitamente abituati a vedere in alcune rappresentazioni della Vergine o dei santi.
In alto Joe e la sua animula; in basso l'animula di Maria (Mantegna, Ferrara, 1462) e quella di Nicola da Tolentino (Tolentino, Cappellone di San Nicola, 1325 ca.) |
Il protagonista che muore nella parte iniziale della storia scomoda altri precedenti che, limitatamente al cinema, ci fanno pensare subito ad un capolavoro come Psycho (Hitchcock 1960), che per primo mise lo spettatore di fronte ad un corto circuito del genere, ma anche al campione d'incassi Ghost (Zucker 1990), in cui l'evoluzione del personaggio interpretato da Patrick Swayze non terminava certo in quel momento. Ed è esattamente così che accade a Joe Gardner, che si ritrova nell'Altro Mondo, ma che farà di tutto per tornare sulla Terra in modo da cogliere la sua occasione, che ha aspettato per tutta la vita!
La narrazione, come sempre nei film Pixar, è straordinariamente curata nei minimi dettagli e il film risulta avvincente in ogni sua fase. Joe che va controcorrente per tornare indietro, che si fa in quattro pur di ottenere ciò che vuole, è un insegnamento di volitività e una bella iniezione di fiducia per i bambini che guardano (e non solo per loro).
La sua sortita nell'Io-Seminario, poi, dove si ritrova ad assumere il ruolo di mentore che spetterebbe ad un altro, è magnifica, anche perché gli viene affidata come animula da formare e a cui far trovare la sua scintilla all'interno del Salone del Tutto, la n. 22, la più ostica di tutte (Tina Fey in originale, Paola Cortellesi in italiano). E qui la sceneggiatura, scritta da Mike Jones insieme ai due registi, mostra ancora una volta diversi riferimenti storico-culturali: è esilarante vedere Ventidue, infatti, ricordare con dei flashback i tanti mentori che ha fatto disperare in passato e che rispondono a nomi del calibro di Madre Teresa, Niccolò Copernico, Muhammad Alì, Maria Antonietta, Carl Gustav Jung e Archimede! Il passato dei mentori, invece, è inscenato come una mostra, costituita dai filmati dei momenti più significativi della loro vita e da vetrine che conservano i loro oggetti maggiormente identitari.
Il contrasto tra i grandi nomi che hanno fallito con Ventidue e il mediocre passato di Joe rendono la missione dell'insegnante di musica un'impresa clamorosamente in salita. Dopo alterne vicende i due si ritroveranno ad essere catapultati sulla Terra, ma, nella più classica delle comedy of errors, con tanto di scambio d'identità, uno nel corpo di un gatto e l'altra nel corpo di Joe. E anche in questo caso, le situazioni che si vengono a creare sono davvero divertenti e surreali, con un gatto che pensa come un uomo e parla come tale quando si rivolge a Joe-Ventidue, ma che gli altri umani sentono solo miagolare, e Joe-Ventidue continuamente instradato dal suo Virgilio felino, che lo aiuta a superare insicurezze, paure e la sconosciuta realtà terrestre, anche grazie agli odori e ai sapori che nell'Io-Seminario non aveva mai potuto apprezzare.
Tanti i personaggi che meritano attenzione, poiché tutti nella vita abbiamo incontrato uno o più mentori, ma anche il loro opposto, quelli così ostinati nella loro ottusità e magari collocati in posti di potere, che non conoscono deroghe ad un sistema che seguono fideisticamente. Simboleggia tutto questo Terry, la contabile dell'Altro Mondo, non a caso raffigurata quasi sempre davanti a un pallottoliere, a lei importa solo che i conti tornino e quell'anima che non ha seguito il percorso stabilito non la fa vivere serena. Terry e i suoi superiori, i Jerry, più lungimiranti di lei - per fortuna Soul resta una favola - sono disegnati come esseri trasparenti, privi di corporeità, dato che appartengono all'aldilà, e si muovono senza staccarsi dal suolo, come alle nostre latitudini faceva La Linea di Osvaldo Cavandoli (1969, vedi).
Agli antipodi di Terry che, come tutti quelli con la sua indole, si accontenta del premio dei superiori, anche se autoassegnato, c'è Spartivento, un'anima che vaga su una nave pirata, una sorta di Caronte versione hyppie, per rimanere nell'ambito dei paralleli danteschi. È lui che traghetta Joe e Ventidue lungo il mare del regno mediano pensato da Docter, Powers e Jones, colui che qui è un eroe che salva le anime perdute dalle proprie ossessioni, mentre sulla Terra è significativamente un uomo-sandwich che fa pubblicità ad un ristorante senza ottenere alcun rispetto dal prossimo.
In Soul c'è filosofia ovunque, persino dal barbiere, dove Dez fa i capelli a Joe disquisendo di vita e massimi sistemi, mentre su uno dei marciapiedi di New York Joe-Ventidue si ritrova a citare in maniera buffa e quasi irriverente l'iconica sequenza di Quando la moglie è in vacanza (Wilder 1955), in cui Marylin doveva gestire l'aria della metropolitana che le alzava la gonna: a lui capita lo stesso, ma da neofita di questo mondo, si diverte a farsi solleticare da quell'aria arrivando persino a sdraiarsi sulla grata.
La profondità di pensiero è in ogni linea di sceneggiatura e il senso della ricerca della felicità, da intendere senza l'affanno della ricerca spasmodica, ma della cura nell'apprezzare ciò che si ha già, è affidata a un confronto tra Joe e Dorothea che, con grande leggerezza, si ispira alla bella storiella che David Foster Wallace ha inserito in Infinite Jest (1996). In quella un pesce anziano chiedeva a due pesci giovani come fosse l'acqua e uno di loro gli rispondeva "acqua? Che cos’è l’acqua?", mentre in Soul il pesce giovane continua a cercare "quello che tutti chiamano Oceano", ma sentendosi rispondere dal pesce anziano "ci stai nuotando dentro", insiste "questa è l'acqua, ma io cerco l'Oceano". Riuscire ad accorgersi dei momenti perfetti che si vivono, senza proiettarsi sempre oltre, potrebbe essere una chiave per la nostra felicità e il nostro equilibrio, o come diceva Mia Farrow nello splendido Ombre e nebbia (Allen 1991), "Siamo tutti felici se solo lo sapessimo" (vedi).
Un capolavoro di animazione per adulti tra cinema, filosofia e letteratura. E i bambini? I bambini restano rapiti dall'inizio alla fine, ridono e si appassionano poiché, come tutte le grandi opere, Soul si apprezza a vari livelli e la complessità, quando la narrazione è così efficace, non è mai un problema!
Un grande peccato, però, non poterlo vedere in sala, questo è certo...
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