giovedì 14 gennaio 2021

Ombre e nebbia (Allen 1991)

Ovvero Woody Allen e i massimi sistemi. Tra filosofia, amore, sesso, religione e senso della vita... riferimenti letterari, Franz Kafka su tutti, teatrali, Bertold Brecht, e poi il cinema, tanto cinema, che omaggia Welles, Lang, Murnau, Bergman e Fellini (trailer).
Il regista newyorchese ambienta la storia in un luogo imprecisato, caratterizzato da una nebbia costante che rende tutto completamente indefinito, con i caratteri di una città del centro Europa, qualcosa a metà tra la Vienna de Il terzo uomo (Reed 1949), in cui si aggirava l'Harry Lime interpretato proprio da Orson Welles, e la Düsseldorf di M - Il mostro di Düsseldorf  (Lang 1931). 
E poi L'opera da tre soldi di Bertold Brecht, riferimento dichiarato, anche in virtù della colonna sonora, che utilizza due brani che Kurt Weill compose per la rappresentazione del 1928: The Cannon Song (sui titoli di testa) e Mack the Knife
Kleinmann e il Cristo tra i dottori
di Albrecht Dürer (Madrid,
Museo Thyssen-Bornemisza, 1506)
Il film, fotografato dal mirabile bianco e nero di Carlo Di Palma e girato completamente in studio, nasce da una commedia di Allen degli anni settanta (Morte), ispirata proprio al capolavoro 
espressionista di Fritz Lang, e come in quello c'è un assassino, uno strangolatore seriale che è diventato il terrore della popolazione. Nell'ansia di trovare il responsabile degli omicidi, gli inquirenti vanno a casa di Max Kleinmann (Woody Allen), un piccolo e anonimo impiegato terrorizzato, che la domestica rimprovera perché troppo codardo e ossequioso con i potenti: "chiamare il capo 'vostra Maestà' è strisciare". Il momento è kafkiano (Kleinmann è una parodia di Joseph K de Il processo, che in versione cinematografica rimanda ancora a Welles, che lo girò nel 1962), poiché l'uomo, dapprima coinvolto nella ricerca dell'assassino, diverrà un sospettato e questa sensazione di oppressione, seppur stemperata dalle battute, viene ulteriormente acuita dalla mdp che gira lentamente attorno ai personaggi che accerchiano il protagonista, in una sorta di Cristo fra i dottori, in cui il Cristo-Woody Allen è vittima designata, capro espiatorio.
Parallelamente seguiamo un'altra storia, all'interno di una compagnia di circo per qualche giorno in città. 
Irmy (Mia Farrow), la mangiatrice di spade, vorrebbe tanto un figlio, ma il suo compagno, un clown triste e depresso (John Malkovich), che vive con tormento la difficoltà di far ridere gli altri, non ne è affatto convinto e talvolta si lascia sedurre dalla provocante trapezista Marie (Madonna), pronta a fare sesso anche mentre il marito dorme lì di fianco. Peccato che il marito, nella fattispecie, sia l'uomo forzuto del circo, capace di rompere catene a mani nude.
Il circo è luogo felliniano per antonomasia, ma il regista riminese è anche quello che più di ogni altro ha conferito simpatia e normalizzato il ruolo delle prostitute nella società del suo tempo (es. Lo sceicco bianco, 1952; Le notti di Cabiria, 1957; Otto e mezzo, 1963; Amarcord, 1973). Non a caso, quindi, in Ombre e nebbia anche la prostituzione ha un ruolo basilare nell'economia della storia e le sue rappresentanti sembrano essere, in fondo, quelle che ragionano di più. 
Irmy, infatti, delusa dal proprio rapporto di coppia e conscia dei continui tradimenti del compagno, si ritrova ad essere ospitata in una casa di appuntamenti, dove tre prostitute la accolgono (Lily Tomlin), ironizzano in chiave sessuale sul suo numero di mangiatrice di spade (Kathy Bates), filosofeggiano sull'amore, "l'unico amore che resiste è quello non corrisposto" (Jodie Foster). Tra i loro clienti abituali c'è un gruppo di studenti universitari, tra i quali Jack (John Cusack), che resta completamente soggiogato dal fascino di Irmy, la crede una nuova prostituta e, dopo l'iniziale timidezza, la donna non solo cederà alla clamorosa offerta economica del ragazzo, ma gli regalerà una notte di passione indimenticabile. 
Le conseguenze di quell'esperienza, che fatalmente giungerà alle orecchie di Paul raccogliendo le confidenze dell'ignaro Jack in un pub, avvicineranno di nuovo il clown e Irmy, complice un colpo di scena di grande impatto emotivo per la coppia e per gli spettatori. Il tutto, ovviamente, non prima dell'incontro casuale, in commissariato, di Irmy e Kleinmann, a cui viene affidato il fulcro della meravigliosa sceneggiatura di Ombre e nebbia. 
Max approccia con un'esilarante "sa che m'importa dei suoi hobby?", quando questa le parla della sua assurda nottata, e continua a difendersi dalle accuse fino all'altrettanto divertente "ne so troppo poco per essere incompetente". Anche il suo rifugiarsi in casa della ex fidanzata Alma è una sequenza di grande ironia yiddish, soprattutto perché nella concitazione della scena - Max sta scappando dai cittadini inferociti che lo inseguono con le fiaccole, proprio come quelli che rincorrevano il mostro in Frankenstein (Whale 1931) - scopriamo in pochi secondi che quello sarebbe dovuto essere l'ultimo dei posti in cui andare, dato che a suo tempo non si è presentato al matrimonio già organizzato, lasciandola sola sull'altare, e l'ha tradita con la sorella.
Fa pensare al Frankenstein anche la figura del medico filosofo (Donald Pleasance), che lavora sui cervelli dei cadaveri per scoprire l'origine del male, peraltro proprio come il dottor Vergerius, interpretato da Gunnar Björnstrand ne Il volto (Bergman 1958). 
Per rimanere nell'ambito delle citazioni cinematografiche, avrà un ruolo rilevante anche il mago del circo, Armstead, altro possibile rimando all'Orson Welles prestigiatore (come non ricordare i suoi numeri di magia, anche con Marlene Dietrich come assistente), e il più ammirato da Kleinmann, che si diletta di magia, tra gli artisti girovaghi arrivati in città.
E ancora, il titolo stesso del film è un omaggio a Notte e nebbia, documentario sui campi di concentramento nazisti di Alain Resnais (1956), e la furia dei cittadini è in qualche modo metafora di quello che può fare la massa governata dal terrore indotto. 
Allen gira con classe. La mdp ruota attorno ai personaggi sia nella sequenza del risveglio forzoso di Kleinmann all'inizio del film, sia in quella in cui Irmy parla con le prostitute. E, proprio durante la passeggiata di Irmy e Max, ci regala un'altra perla mettendo la mdp davanti a un memento mori come il teschio ai piedi di un crocifisso, prima che i due entrino in chiesa, dove Woody Allen trova il modo di criticare l'istituzione ecclesiastica con una divertente sequenza in cui Kleinmann viene o meno inserito in una lista di cittadini sospetti a seconda dell'offerta di beneficenza elargita. Max, peraltro, durante un'unica notte si ritrova a rispondere per ben tre volte a persone che gli chiedono se creda in Dio, ribadendo sempre i suoi dubbi, "io vorrei crederci, davvero, io sarei molto più felice, ma non riesco [...] non riesco neanche a fare il salto necessario per credere alla mia esistenza".
Ombre e nebbia
, però, nonostante tutto, è una riflessione sulla vita e la morte capace di andare oltre il cinismo e la sfiducia nel futuro tipica di Woody Allen, in favore di un raggio di luce, che filtra in quella fitta nebbia che è simbolo essa stessa. Quel raggio è sia nel colpo di scena che dà nuova linfa a Irmy e Paul, ma è soprattutto nel bellissimo dialogo tra Max e Irmy nella notte in cui entrambi avvertono una piena libertà, che li porta al meraviglioso scambio sulle stelle. Pur se sono davanti ai loro occhi, sottolinea la donna guardando il cielo, potrebbero essere già morte, un'analisi che non può non generare la risposta angosciata di Kleinmann, più alleniana che mai: "quando vedo una cosa con i miei occhi mi piace sapere che c'è [...] c'è bisogno di poter contare sulle cose, è molto importante". Nelle parole di Max, però, c'è anche un piccolo spazio per il 'tutto scorre' di Eraclito, ancora una volta condito dalla dissacrante ironia del regista: "ogni cosa cambia continuamente e tutto è sempre in movimento, così non stupisce che io soffra di nausea". 
Tornando a quel raggio, infine, è lasciato al personaggio di Mia Farrow che, affacciata a quella balaustra, insiste sul valore delle schiarite e sul saper apprezzare i momenti perfetti, tirando fuori la frase più significativa dell'intera pellicola: "mio padre diceva siamo tutti felici se solo lo sapessimo". 
E per essere felici, in fondo, la chiave sembra essere quella di Armstead (vedi), "tutti amano le proprie illusioni, ne hanno bisogno come dell'aria che respirano"... e il cinema è indubbiamente una di queste!

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