mercoledì 4 novembre 2020

Saluto a Gigi Proietti (2/11/1940 - 2/11/2020)

Con l'assurda precisione della morte, Luigi Proietti, per tutti Gigi, se ne è andato lo stesso giorno in cui era nato, ottant'anni fa, a Roma, in un giorno già funesto per gli amanti del cinema, che nel 1975 aveva portato via Pier Paolo Pasolini.
L'attore, regista, doppiatore, era cresciuto a Roma, nel rione popolare del Tufello, aveva studiato giurisprudenza senza laurearsi, e proprio ai tempi dell'università aveva esordito a teatro nel Can Can degli italiani di Giancarlo Cobelli (1963). Il suo mondo precipuo sarà sempre il teatro, va detto, ma la sua carriera cinematografica è stata di tutto rispetto.
Aveva iniziato nel 1964 con il film a episodi di Ettore Scola Se permettete parliamo di donne, dov'era l'amante di Jeanne Valerie, il cui marito, interpretato da Vittorio Gassman, era in galera. Negli anni seguenti venne chiamato per diversi ruoli, lavorando con registi come Alessandro Blasetti (La ragazza del bersagliere, 1967), Pasquale Festa Campanile (La matriarca, 1968), Damiano Damiani (Una ragazza piuttosto complicata, 1969).
Con Gassman all'esordio con Ettore Scola
Nel 1969 arrivò la prima partecipazione ad una pellicola internazionale, quando fu al fianco di Omar Sharif e Anouk Aimée ne La virtù sdraiata di Sidney Lumet.
Negli anni seguenti, però, tornò al cinema italiano, lavorando con Tinto Brass (L'urlo, 1970; Dropout, 1971), con Mauro Bolognini (Bubù, 1971) e soprattutto con Mario Monicelli e Luigi Magni. Per il regista toscano recitò splendidi duetti con Gassman interpretando l'eremita san Colombino, ma anche la Morte in Brancaleone alle crociate (1970, 1 e 2); e fu Michele, fidanzato emigrato negli Stati Uniti di Sophia Loren, ne La mortadella (1971); per il cineasta romano, invece, fu il patriota Mario Cavaradossi nella versione cinematografica dell'opera pucciniana La Tosca (1973), capolavoro nel suo genere, e con Proietti chiamato, tra l'altro, a interpretare la bellissima Nun je da' retta Roma composta da Armando Trovajoli e scritta dallo stesso Magni, davanti al "morto a pennolone" tra le merlature di Castel Sant'Angelo, metafora degli inganni del potere.
Con Monica Vitti ne La Tosca
In un film in costume ambientato a Roma, peraltro, Gigi aveva già recitato in Meo Patacca (Ciorciolini 1972), tratto dall'omonimo poema eroicomico secentesco di Giuseppe Berneri, in cui interpretava proprio la maschera vanagloriosa capitolina.
Dopo un ruolo minore, ma bellissimo, ne La proprietà non è più un furto (Petri 1973), in cui recitava l'elogio funebre di un ladro davanti alla basilica di San Lorenzo fuori le mura (vedi), tornò ad essere il protagonista in Le farò da padre (Lattuada 1974), in Conviene far bene l'amore (Festa Campanile 1975), in L'eredità Ferramonti (Bolognini 1976), tratto dall'omonimo romanzo di Gaetano Carlo Chelli. Sempre nel 1976, Proietti apparve nel divertente Bordella di Pupi Avati, ma soprattutto in uno dei film cult nell'immaginario romanesco, la cui fama è rimasta pressoché intatta fino ad oggi: Febbre da cavallo (Steno 1976). 
Il fischio maschio senza raschio in Febbre da cavallo
Il suo Bruno Fioretto, detto Mandrake, che durante la storia impersonerà, nutrendo l'istrionismo di Gigi, il fantino francese Jean-Louis Rossini, è indubbiamente uno dei personaggi più amati dal pubblico: non c'è romano delle ultime generazioni che non ricordi a memoria alcune sue battute e che, al momento opportuno, non citi la tris di Gabriella o lo scioglilingua continuamente sbagliato dello spot di un whisky che recita nel film ("è un fischio maschio senza raschio!").
Tra i momenti migliori del film, infine, il monologo di Mandrake in tribunale con la descrizione dei giocatori di cavalli, caratterizzata da un tono di apologia che tanto ricorda quello già citato per La proprietà non è più un furto.
Con Jodie Foster ne Il casotto
Il 1977 fu l'anno di una pellicola d'autore, un piccolo gioiello come Il casotto di Sergio Citti, che mise insieme un cast d'eccezione per un film teatrale, ambientato nei pochi metri quadri di un casotto di Ostia appunto; mentre l'anno seguente fu Dino Corelli, il giovane che si sposava ne Il matrimonio di Robert Altman.
Con Citti tornò a lavorare per Due pezzi di pane (1979) in cui era l'albergatore-destino dei due suonatori ambulanti cui si riferisce il titolo. La pellicola chiuse gli anni settanta, ma anche l'epoca più proficua delle partecipazioni cinematografiche di Proietti. Tra il 1980 e il 2000, infatti, l'attore romano girò pochi film, con Sergio Corbucci (Non ti conosco più amore, 1980), con Steno (Mi faccia causa, 1984), ancora con Monicelli (Panni sporchi, 1999), ma apparve anche per l'ultima volta in una pellicola straniera,  in Eloise, la figlia di D'Artagnan di Bertrand Tavernier (1994), dove fu il cardinal Mazzarino.
Mangiafuoco nel Pinocchio di Garrone
Gli ultimi vent'anni sono stati caratterizzati soprattutto dal sodalizio con Carlo Vanzina, con cui ha girato cinque film, tra cui la stanca ripresa di Febbre da cavallo (Febbre da cavallo - La mandrakata, 2002) e Barzellette (2004), che ha messo in scena una serie storielle divertenti che Proietti aveva raccontato a teatro e in tv.
L'ultima apparizione è stata quella nel Pinocchio di Matteo Garrone (2019), in cui è stato un perfetto Mangiafuoco.
L'analisi dell'attività cinematografica di Gigi Proietti, però, non si può limitare a quella davanti alla telecamera, perché anche senza mostrare il suo volto, e dietro ad un microfono, ha avuto un ruolo di primissimo piano. 
San Colombino in Brancaleone alle crociate 
La sua voce, infatti, ha doppiato numerosi attori di Hollywood, in film che ancora oggi ricordiamo anche per il loro doppiaggio in italiano. Un titolo su tutti è Rocky (Avildsen 1976), il primo della saga, in Italia rimasto nella memoria di molti spettatori per quell' "Adriana" urlato dopo il combattimento vinto con Apollo Creed. In seguito il personaggio interpretato da Sylvester Stallone passò a Ferruccio Amendola, altra voce straordinaria con cui condivise almeno altri due grandi attori: Dustin Hoffman e Robert De Niro.
Proietti doppiò il primo in
Lenny (Fosse 1974) e De Niro in Mean Streets (Scorsese 1973), ne Gli ultimi fuochi (Kazan 1976),  ma anche in Casinò (Scorsese 1995). Agli inizi aveva impersonato diversi divi, soprattutto in film western: era stato così Gregory Peck ne La notte dell'agguato (Mulligan 1968); Henry Fonda ne L'ora della furia (McEveety 1968); Kirk Douglas in
Uomini e cobra (Mankiewicz 1970); Richard Harris ne L'uomo chiamato cavallo (Silverstein 1970); Paul Newman in Buffalo Bill e gli indiani (Altman 1976).
Il ritratto all'ingresso del Teatro Brancaccio
Era stato anche Richard Burton in
Chi ha paura di Virginia Woolf? (Nichols 1966) e Marlon Brando in Riflessi in un occhio d'oro (Huston 1967), e ancora Charlton Heston, Rock Hudson, Helmut Berger, Michel Piccoli, Kevin Costner, Jean Reno, Anthony Hopkins, Ian McKellen. Nel 1992 ha prestato la voce al genio della lampada nel disneyano Aladdin. Va, infine, ricordato che fu anche il doppiatore del protagonista di un capolavoro italiano come Il Casanova di Federico Fellini (1976), nel quale prestò la voce a Donald Sutherland. 
Addio Gigi... A te gli occhi, come abbiamo sempre fatto, e perdonaci se questa volta le lacrime che vedi non escono per le risate, ma perché già ci manchi. Stanne certo, continueremo a ridere presto, dacci qualche giorno e lo faremo grazie a te, ai tuoi spettacoli, ai tuoi film, alle tue apparizioni televisive! 

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