lunedì 1 luglio 2019

Ladro lui, ladra lei (Zampa 1958)

Un piccolo film tagliato su misura per Alberto Sordi, che sfrutta il suo talento istrionico per interpretare il ladro protagonista, Cencio, il quale, per mettere in atto le sue truffe, veste i panni di avvocato, di impiegato della tributaria, di carabiniere e di prelato. La metafora si fa reale, poiché sua madre, Pompea (Anita Durante), è sarta e lo aiuta, ineffabilmente rassegnata a vivere con un figlio che entra e esce di galera, così come aveva fatto suo marito, il padre di Cencio, di cui è da tempo rimasta vedova. La pellicola di Luigi Zampa, pur nella sua semplicità, è diventata un cult per le tante gag di Sordi, per le battute rivolte alla bella Cesira (Sylva Coscina), e perché racconta la Roma ormai lontana delle borgate.

Una commedia all'italiana profondamente romana, con un tocco di poesia nel mito della ferrovia, su cui non a caso danno gli appartamenti contigui delle famiglie di Cencio e di Cesira, poiché il treno rappresenta il sogno di allontanarsi dalla borgata ed è il simbolo di chi ce l'ha fatta a sbarcare il lunario. Solo due anni dopo che Pietro Germi aveva girato il suo neorealismo più cupo ne Il ferroviere (1956).
Come Cencio, anche i fratelli di Cesira gravitano costantemente a Regina Coeli, ma la ragazza sembra essere l'unica a non arrendersi a quella vita e vorrebbe un lavoro onesto con cui guadagnarsi da vivere ("e che è diventata matta?" commenterà però lo stesso Cencio). Il suo problema, però, è fare i conti con la propria bellezza, davanti alla quale nessun uomo riesce a resistere, e questo non vale solo per Cencio, che ne è innamorato sin da bambino, ma anche per un gruppo di commercianti di tessuti che fanno a gara per riuscire a sedurla dopo averla assunta come commessa. Il carattere integerrimo di Cesira, però, finora li ha visti fallire uno dopo l'altro: la stessa sorte è toccata al commendator Maghetti (Mario Riva), al commendator Cestelli (Mario Carotenuto), al dottor Valletti (Alberto Bonucci) e sta per toccare anche al più giovane Raimondi (Ettore Manni), che non si arrende e cerca di aiutare Cesira ad aprire un negozio in proprio.
Cencio, uscito di galera e prima di rientrarci, la aiuterà a vendicarsi dei precedenti datori di lavoro e di ottenere qualche "risarcimento" a suo modo...
Cesira è la classica brava ragazza secondo l'immaginario etico del tempo e, nonostante sia cresciuta in una realtà difficile, non rinuncia ai suoi principi, contravvenendo alle certezze dei più, per i quali "le ragazze serie c'hanno le gambe storte". Le avance nei suoi confronti sono continue e anche quando va al campo di calcio di quartiere, si sente apostrofare "ah sventolona, ah fatalona", ma soprattutto alle sue ingenue rimostranze, inconsapevole della sua avvenenza, c'è chi è pronto a spiegarle il perché di tutte quelle attenzioni: "forse perché sei come Marilina, dicono che quanno se fa la doccia i piedi mica riesce a bagnasseli".
Cesira in Piazza Campitelli
Proprio quel campo permette di iniziare un'interessante disanima dei luoghi in cui è ambientato il film, poiché la zona in cui è collocato, pur se nella finzione rappresenta Tiburtino terzo, la borgata in cui vivono i protagonisti, è in realtà tra circonvallazione Nomentana e piazza Lanciani, in un punto oggi occupato dalla tangenziale est, allora ancora non esistente, mentre il campo di calcio è stato spostato poco più in là, su via Caraci, davanti a una delle sedi del Ministero Infrastrutture e Trasporti.
Anche l'affaccio tiburtino sulla ferrovia, invece, quello degli appartamenti di Cesira e di Cencio, vicini di pianerottolo, è in realtà sulla Casilina, all'altezza di via Galeazzo Alessi, zona Pigneto.
Più avanti, invece, Cesira si ritrova ad aspettare il "reverendo" Cencio in piazza Campitelli; la scena del pranzo risolutore tra Raimondi e Cesira è ambientata dall'alto di Monte Mario, con il paesaggio sottostante ben visibile, dalla Farnesina a gran parte del Foro Italico, mentre l'interno del carcere di Regina Coeli è in realtà girato nell'Istituto di Vigna Pia in zona Portuense (per approfondire l'argomento, si veda come sempre l'esaustivo Davinotti).

Manni e Koscina a Monte Mario (la Farnesina dietro di loro)
Il ritorno di Cencio a casa è esilarante ed è accolto con affetto da tutti. A casa, poi, non smette di raccontare alla mamma di quanto si stia bene a Regina Coeli e di come il direttore lo abbia preso in simpatia, riservandogli sempre la stessa cella, anche se occupata, come si fa in albergo con i clienti più affezionati. Nel suo stringato guardaroba, sfoggia una camicia di seta che naturalmente ha rubato ai vicini del nord. Lo scopriamo grazie alle raccomandazioni della madre: "sta attento sa a quella camicia de seta, ché quelli de Gorizia so' diventati matti, da quando non la vedono sullo stenditoio, ao, è un anno che la cercano".
A Regina Coeli è di casa e, quando ci torna da maresciallo dei carabinieri, non solo incontra l'amico Gnaccheretta (Carlo Delle Piane), ma mostra di conoscere come nessun altro anche i più piccoli dettagli, come gli scalini difettosi.
Tra le sequenze più divertenti, quella nella boutique di fronte la Fontana di Trevi in cui lavora Marialele (Marisa Merlini, doppiata da Lydia Simoneschi), dove Cencio porta Cesira per comprare un abito importante. Dopo tanta ostentata formalità, con vestiti che hanno nomi altolocati come Caccia alla volpe o persino francesi, come Dejeuner sur l'herbe, la direttrice del negozio si rivela essere un'amica d'infanzia di Cencio, la "figlia della stracciarola", anche lei nata e cresciuta in una borgata, al Quarticciolo. La comica agnizione porta la donna anche a rivelare che la lana di uno dei vestiti sia proprio "lana mortaccina", come Cencio chiama "la lana delle pecore morte de malattia" (vedi).
Marialele è la popolana che ha fatto il grande salto nell'alta società, quello che in fondo sogna anche Cesira e che Cencio le regala facendole fare la signora in quella boutique - "se i soldi non li spendi pe' levatte le soddisfazioni, che ce l'hai a fa? - e soprattutto con un biglietto del treno con cuccetta per andare a Venezia e coronare il sogno che aveva da bambina, guardando la ferrovia dal balcone di casa, da dove ora l'ammireranno parenti e vicini...
Il gol di Ghiggia nel derby contro la Lazio (27/10/1957)
Per chiudere, una curiosità sportiva: la partita allo Stadio dei Centomila (così si chiamava l'Olimpico negli anni '50, fino alle Olimpiadi del 1960), in cui si ritrovano i quattro amici commercianti all'inizio del film, è un derby Roma-Lazio. Anche se il commendator Cestelli, al gol giallorosso di Alcides Ghiggia, il n. 7 con la fascia di capitano, urla 4-1 accompagnato da un magnifico "ah cesellatore, ma chi sei Benvenuto Cellini?", il gol che vediamo è l'unico che l'ala destra uruguaiana segnò in un derby ed è quello che chiude il 3-0 nella stracittadina d'andata proprio del campionato 1957-58.

1 commento:

  1. ricordo perfettamente (ero allo stadio) quel derby 3-0 e il gol di Ghiggia da difficile posizione, favorito dal pessimo piazzamento del portiere come si vede assai bene dalla foto

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