sabato 20 luglio 2019

L'ultima ora (Marnier 2018)

Sébastian Marnier, dopo l'Irréprochable (2016), suo primo lungometraggio, ripete l'esperienza con questo L'heure de la sortie, altra pellicola disturbante, sorta di thriller piscologico che investe l'età giovanile, la scuola, la cupio dissolvi di una generazione disillusa, che non crede nel futuro e che quotidianamente sottolinea le storture di una società di cui non ha alcuna intenzione di far parte.
Per questo la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista adattando l'omonimo romanzo del 2002 di Christophe Dufossè, sceglie una classe particolare, costituita da un gruppo di una dozzina di R.I.P., sigla che risulta più macabra in italiano che in originale, qui però a significare Ragazzi Intellettualmente Precoci, in francese E.I.P., élèves intellectuellement précoces (trailer).
Sono studenti al terzo e ultimo anno di liceo (il sistema scolastico francese prevede 5+4+3 anni fino alla maturità), ad un passo dall'età adulta, che di solito elettrizza gran parte dei coetanei, ma non loro, che già sentono la responsabilità di una vita che non vogliono e considerano il pianeta "il mondo del declino e degli addii".
La prima sequenza del film catapulta immediatamente lo spettatore in una storia in cui la speranza è un sentimento lontano, impossibile da provare: un professore, Eric Capadis (Cyrille Hertel), durante il compito in classe dei suoi studenti, sale silenziosamente in piedi sul davanzale di una finestra dell'aula e si lascia cadere.
Il tentativo di suicidio genera una delle poche reazioni umane dei ragazzi, il cui supplente sarà Pierre Hoffman (Laurent Lafitte), che dovrà prepararli per gli esami, un ruolo che sin da subito gli stessi allievi gli fanno percepire gravoso e difficile: "pensa di essere all'altezza?" gli chiede Apolline, la più rigida e razionale della classe, che poco dopo, quando lo vede difendere un compagno di classe dal bullismo dei coetanei, non esita ad accusarlo, "i socialisti e i comunisti difendono sempre gli oppressi anche se gli oppressi non vogliono".
Sei di loro, con Apolline (Luàna Bajrami) in testa, Dimitri (Victor Bonnel), Brice, Paulin (Félix Lefebvre), Clara (Adèle Castillon) e David (Leopold Buchsbaum) sono più difficili dell'altra metà della classe, e Pierre inizia a seguirli anche fuori dalla scuola per capire cosa stiano architettando fino a imbattersi in una "scatola nera" piena di dvd in cui i ragazzi raccolgono riprese delle loro giornate, filmati di macellazione di animali o di grandi tragedie degli ultimi decenni, da Chernobyl allo Tsunami, dalle Torri gemelle alle devastazioni dell'Isis in Siria.
L'ambiente circostante contribuisce ad aumentare il senso di disagio che attanaglia il protagonista, quarantenne come il regista, ma anche lo spettatore, che non può non immedesimarsi in lui: la scuola Saint-Joseph è isolata dal mondo, situata su un'altura e tra gli alberi, secondo una tipica idea di un istituto d'eccellenza, ammesso che questo voglia dire qualcosa; a ridosso del centro abitato svettano due inquietanti reattori di una centrale nucleare, ad un passo dalla strada che Pierre fa in bicicletta o dal lago in cui fa il bagno; in casa, lo stesso Pierre, deve costantemente fare i conti con le difficoltà: furti, acqua gialla dai rubinetti e presenza di blatte, che improvvisamente compaiono qua e là su muri, pavimenti e mobili (proprio a lui che sta scrivendo una tesi su Franz Kafka!).
I colleghi non migliorano la situazione: come per l'ambiente, apparentemente bucolico e rasserenante, anche nel loro caso, la piacevole e calorosa accoglienza nei confronti del nuovo arrivato viene mitigata da tratti inquietanti. Catherine (Emmanuelle Bercot), l'insegnante di musica, è una donna vitale e simpatica, un giudizio positivo cancellato dalla bieca rivelazione di un'altra collega, Françoise (Véronique Ruggia), che dice a Pierre che la donna ha perso marito e figlio in un incidente d'auto... con lei alla guida; la stessa Françoise cerca di avvicinare Pierre, ma lo fa nella maniera peggiore, reagendo al rifiuto in modo inaspettato e irritante; è forse solo Steve (Gringe), l'insegnante di educazione fisica da cui Pierre è silenziosamente attratto, che vive le cose con leggerezza e in maniera spensierata, senza nascondere particolari turbamenti.
La musica è ridotta all'osso, ma sono molto significative le sequenze in cui Catherine dirige i ragazzi che cantano e suonano, in entrambi i casi, canzoni di Patti Smith, Pissing in the river e Free money, durante le quali vediamo, anche se per poco, i loro sorrisi soddisfatti e contenti. Un'esperienza che non vivono mai altrimenti, nemmeno quando ricevono come valutazione scolastica votazione oltre i 19,6/20, fino al 20 pieno di Apolline.

Marnier gira con attenzione, puntando sempre ad aumentare la supense, usando soggettive, movimenti lenti della mdp, telefonate anonime, spazi bui illuminati solo dal cellulare di Pierre, ma anche momenti detonanti in cui i personaggi effettuano azioni improvvise e risolutive. In tal senso risulta pienamente coinvolgente e riuscita la sequenza in cui Pierre si tuffa in piscina per recuperare Clara, coinvolta in un gioco decisamente pericoloso: la mdp inquadra la scena dall'alto e, dal limite inferiore del campo visivo, quello in cui poco prima avevamo seguito la soggettiva del protagonista, vediamo comparire il suo corpo che si getta in acqua, compie il gesto prefissato e riesce di scena, una scena di cui solo lo spettatore sapeva fosse partecipe, secondo la più classica regola hitchcockiana della suspense.
Allo stesso tempo la trasformazione di Pierre dall'inizio del film in poi segna la grande prova interpretativa di Laurent Lafitte, che passa dalla gioviale, quasi ingenua, serenità iniziale, ad una consapevolezza che coincide con il turbamento e l'alterazione dell'umore, nonché con un sovraccarico di responsabilità e di tensione al cospetto di tutti gli altri personaggi. La sua per nulla sbandierata omosessualità, peraltro, diventa l'ennesima occasione per i ragazzi, e per Apolline in particolare, di colpirlo e metterlo dialetticamente sotto scacco.
Eppure sarà proprio Apolline a stringergli la mano nel momento più emozionante del film e di questa storia priva di speranza... 

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