Sono davvero creature al confine i due protagonisti del film di Ali Abbasi, regista iraniano di nascita e svedese d'adozione, che ha realizzato una fiaba grottesca sulla diversità, disturbante come il primo David Lynch, ma tenera come un film Disney, o meglio Dreamworks date alcune analogie con Shrek (trailer). La sceneggiatura, adattamento di un libro di John Ajvide Lindqvist, è opera dello stesso scrittore e di Isabella Eklöf. Il film ha vinto la sezione “Un certain regard” all’ultimo festival di Cannes e ha fatto incetta agli ultimi Guldbagge Awards, il premio cinematografico annuale in Svezia.
Tina (Eva Melander) lavora come addetta ai controlli doganali di un porto svedese dove, grazie ad un olfatto fuori dal comune, riesce a percepire vergogna, colpa, rabbia dei viaggiatori che hanno qualcosa da nascondere nei bagagli. La sua vita è piuttosto squallida: convive con Roland, che sembra rimanere con lei per convenienza, una sensazione confermata dal padre di Tina, confinato in un centro anziani, che lo reputa un semplice profittatore.
La casa in cui vivono Tina e Roland è immersa in un bosco, con il quale la donna ha un rapporto speciale: ne respira i profumi, entra in relazione con volpi, cerbiatti e alci che lo popolano.
Questo equilibrio, però, viene sconvolto dall'incontro con Vore (Eero Milonoff), un uomo che non solo somiglia molto a Tina, ma sembra avere molto in comune con lei...
La sinossi semplifica inevitabilmente, poiché in realtà non sarebbe corretto parlare di lei e lui, dato che entrambi hanno caratteri maschili e femminili, né tantomeno di uomini nel senso lato del termine. Tina e Vore, infatti, sono dei troll, i tradizionali umanoidi della mitologia scandinava, che vivono in mezzo agli uomini, si sono più o meno integrati con loro, ma il loro aspetto e le loro peculiarità li tiene comunque ai margini della società, al confine appunto.
Tina, a differenza di Vore, si è sempre considerata umana e solo ora, grazie a lui, si rende conto della sua vera natura. Abbasi non tralascia nessun dettaglio e mostra ogni diversità, mostrandola nuda in acqua, avvicinandosi con la mdp a evidenziare i particolari e persino illustrando un rapporto sessuale decisamente più ferino che umano.
L'avvicinamento di Tina al genere umano è totale: non solo vive in una casa e ha un impiego, ma tra loro ha anche degli amici e collabora con la polizia per incastrare un gruppo di pedofili. Vore, invece, è il suo esatto opposto, odia gli uomini e non fa nulla per somigliare loro tranne lo stretto necessario per vivere in società. Appena può mangia vermi e insetti e vorrebbe che l'umanità che ha fatto tanto male alla sua specie, venisse sterminata.
Appare evidente da tutto ciò la volontà allegorica del regista incentrata sulle difficoltà, sulla sofferenza, sull'accettazione e persino sulla ribellione di chi si ritrova a subire forme di violenza e di razzismo così forti.
Abbasi e Vore che corrono nella foresta rappresentano uno dei momenti più gioiosi dell'intera pellicola, in una sorta di felicità edenica che non può non far pensare ad Adamo ed Eva prima del Peccato originale: nudi, felici, spensierati e spaventati dai più comuni fenomeni atmosferici. La libertà è tutta nelle parole di Tina: "non voglio più vivere come prima. Non ho più niente da perdere".
Eppure la felicità assoluta, sembra dirci il cineasta iraniano-svedese, è sempre temporanea, e la realtà nasconde insidie con cui dover fare i conti, che fanno sistematicamente saltare l'equilibrio raggiunto.
Border è un film strano, ma nella migliore accezione del termine, e come tutte le cose "strane", stimola meraviglia, stupore, curiosità...
Questo equilibrio, però, viene sconvolto dall'incontro con Vore (Eero Milonoff), un uomo che non solo somiglia molto a Tina, ma sembra avere molto in comune con lei...
La sinossi semplifica inevitabilmente, poiché in realtà non sarebbe corretto parlare di lei e lui, dato che entrambi hanno caratteri maschili e femminili, né tantomeno di uomini nel senso lato del termine. Tina e Vore, infatti, sono dei troll, i tradizionali umanoidi della mitologia scandinava, che vivono in mezzo agli uomini, si sono più o meno integrati con loro, ma il loro aspetto e le loro peculiarità li tiene comunque ai margini della società, al confine appunto.
Tina, a differenza di Vore, si è sempre considerata umana e solo ora, grazie a lui, si rende conto della sua vera natura. Abbasi non tralascia nessun dettaglio e mostra ogni diversità, mostrandola nuda in acqua, avvicinandosi con la mdp a evidenziare i particolari e persino illustrando un rapporto sessuale decisamente più ferino che umano.
L'avvicinamento di Tina al genere umano è totale: non solo vive in una casa e ha un impiego, ma tra loro ha anche degli amici e collabora con la polizia per incastrare un gruppo di pedofili. Vore, invece, è il suo esatto opposto, odia gli uomini e non fa nulla per somigliare loro tranne lo stretto necessario per vivere in società. Appena può mangia vermi e insetti e vorrebbe che l'umanità che ha fatto tanto male alla sua specie, venisse sterminata.
Appare evidente da tutto ciò la volontà allegorica del regista incentrata sulle difficoltà, sulla sofferenza, sull'accettazione e persino sulla ribellione di chi si ritrova a subire forme di violenza e di razzismo così forti.
Abbasi e Vore che corrono nella foresta rappresentano uno dei momenti più gioiosi dell'intera pellicola, in una sorta di felicità edenica che non può non far pensare ad Adamo ed Eva prima del Peccato originale: nudi, felici, spensierati e spaventati dai più comuni fenomeni atmosferici. La libertà è tutta nelle parole di Tina: "non voglio più vivere come prima. Non ho più niente da perdere".
Eppure la felicità assoluta, sembra dirci il cineasta iraniano-svedese, è sempre temporanea, e la realtà nasconde insidie con cui dover fare i conti, che fanno sistematicamente saltare l'equilibrio raggiunto.
Border è un film strano, ma nella migliore accezione del termine, e come tutte le cose "strane", stimola meraviglia, stupore, curiosità...
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