martedì 30 ottobre 2018

Fahreneit 11/9 (Moore 2018)

"How the fuck was it possible?"
Michael Moore inizia così il suo ultimo documentario politico, chiedendosi e stimolando la domanda negli spettatori su come si sia arrivati fino all'abisso, con Donald Trump presidente degli Stati Uniti.
La frase che squarcia il velo del politically correct, chiarendo sin da subito quale sarà il tono del regista, arriva mentre l'immagine del volto di Trump domina la superficie vetrata dell'Empire State Building, accompagnata dalle note dell'aria di Leoncavallo Ridi, pagliaccio, e dopo un'introduzione in cui ci vengono mostrate le risate di giornalisti e degli anchormen alla notizia della candidatura dell'imprenditore newyorchese da parte dei repubblicani.
Così come nel 2004 Fahreneit 9/11 iniziava con l'elezione di George W. Bush del 2000, nel 2018 la libertà brucia di nuovo (come i libri bruciavano in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury da cui Truffaut trasse uno dei suoi film più celebri), e, curiosa coincidenza, rispetto all'undici settembre basta invertire le cifre per ottenere il nove novembre che nel 2016 ha segnato la vittoria di Donald Trump.
Pellicola necessaria, forse persino più di allora.
Moore, inoltre, non si limita a Trump e agli scandali delle ultime elezioni presidenziali, ma dà spazio ad altri importanti episodi su cui non gli è possibile tacere: la città di Flint avvelenata dallo stesso governatore del Michigan, il repubblicano Richard Snyder; lo sciopero degli insegnanti del West Virginia; la sparatoria nella scuola di Parkland in Florida.
Non c'è un minuto durante l'intero film in cui è permesso distrarsi... tutto è denso di significato e tiene incollati allo schermo attraverso un montaggio incalzante, coordinato dalla voce off di Moore che, tra durezza e ironia, racconta quello che è accaduto, in alcuni casi apparendo anche come "attore", presente sui luoghi dei misfatti.
Trump licenziato dalla NBC per le offese ai messicani, gli stessi contro cui oggi costruisce il suo muro anti-immigrazione; l'invidia nei confronti della cantante Gwen Stefani, pagata più di lui... la candidatura come provocazione che col tempo diventa realtà; gli atteggiamenti beceri che lo portano ad essere sessualmente allusivo persino con la figlia Ivanka.

La spiegazione dell'incredibile successo del nuovo presidente, però, secondo Moore, va ricercata facendo un passo indietro, accusando i democratici che hanno preparato il terreno al suo trionfo, con atteggiamenti palesemente di destra che proseguono sin dagli anni novanta, quando alla Casa Bianca c'era Bill Clinton. 
E poi la legge elettorale, quella che nonostante i tre milioni di voti in più ottenuti da Hillary Clinton, anche lei aiutata da una prepotenza alle primarie contro il socialista Bernie Sanders, condanna la prima donna della storia candidata alla presidenza degli Stati Uniti a perdere per il valore maggiore dato ai "grandi elettori", altro modo di dire che non tutti i voti sono uguali in quella che viene considerata la più grande democrazia del pianeta.
Su come i democratici siano stati responsabili della situazione attuale risulta esemplare proprio il caso della città di Flint, dove per tanto tempo lo scandalo dell'acqua contaminata (1 e 2) è stato tenuto nascosto. Il cambio della fonte di approvvigionamento idrico del 2014 - dal lago di Huron al fiume Flint -, per soli motivi imprenditoriali (costruire una nuova enorme conduttura), non è mai stato spiegato. Quando, poi, si è diffusa la paura delle malattie causate dall'acqua, non solo è stato chiesto di falsificare le analisi, ma anche l'arrivo di Barak Obama, considerato alla stregua di un eroe dalla numerosa comunità nera lì residente, rappresentò una grandissima delusione, poiché invece di dichiarare lo stato di calamità naturale rassicurò la popolazione sull'assenza di quei rischi che poi vennero accertati, ma ormai era il 2016...
Tra i tanti scandali degli ultimi anni c'è anche il provvedimento contro gli insegnanti in West Virginia, dove l'assicurazione medica venne garantita solo a chi fosse "in regola" con l'attività fisica, appositamente controllata da un contapassi, il fitbit, da cui originò il grande movimento di sciopero che portò a chiudere le scuole per dieci giorni fino alla vittoria dei lavoratori con l'ottenimento di un aumento dello stipendio e la cancellazione di quel sistema coercitivo. 
Infine, un tema purtroppo sempre caldo negli Stati Uniti è quello delle sparatorie all'interno delle scuole: stavolta si tratta della Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, dove nel febbraio 2018 vennero uccise ben 17 persone dallo studente Nikolas Kruz. Da quell'episodio, però, si è generato un movimento di ribellione alla vendita delle armi guidato dagli studenti stessi, nettamente contrari alle armi tanto più ora che ne hanno subito le conseguenze sulla propria pelle.
Moore in diversi di questi episodi è in prima fila: con il Trump personaggio televisivo, è protagonista di un confronto davanti alle telecamere durante una trasmissione; viene chiamato dai ragazzi in rivolta di Parkland; ma soprattutto si presenta con le manette negli uffici del governatore Snyder per arrestarlo e, non trovandolo, annaffia il prato della sua villa con l'acqua da lui ritenuta inoffensiva.
A Flint, inoltre, il regista commenta in una dichiarazione che suona simile a quella di Mohamed Alì contro il governo USA quando gli venne chiesto di andare a combattere in Vietnam: il ribaltamento del falso nemico esterno con il vero nemico interno, che allora fu sintetizzato dalla celebre frase "nessun vietnamita mi ha mai chiamato negro", qui è aggiornato così: "nessuno, nemmeno l'ISIS, ha mai fatto una strage di diecimila persone come ha fatto Snyder a Flint".
La speranza per la nuova sinistra statunitense è rappresentata da giovani donne come Alexandria Ocasio-Cortez e Rashida Tlaib, ma anche dalla stessa giovanissima Emma Gonzalez, capaci, carismatiche e significativamente appartenenti a gruppi contro cui si focalizza il razzismo populista di Trump: sono infatti rispettivamente d'origine messicana, mediorientale e una dichiarata omosessuale!
Alexandria Ocasio Cortez, Rashida Tlaib, Emma Gonzalez
Difficile parlare di cinema in casi come questo, l'urgenza del messaggio prevale sul resto e rende il film imperdibile.
Moore è tagliente, ironico, provocatorio... e per questo, infine, affida il suo messaggio persino ad un confronto tra gli Stati Uniti attuali e la Germania degli anni Venti, un paese all'avanguardia, che produceva i migliori film del mondo, come Nosferatu (Murnau ) e M Il mostro di Dusseldorf (Lang). Nessuno credeva possibile l'ascesa di uno come Hitler...

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