martedì 8 maggio 2018

Saluto a Ermanno Olmi (24/7/1931 - 7/5/2018)

"Vogliatemi bene quando sarò morto" diceva, prima di morire, il suo Giovanni dalle Bande Nere nel magnifico Il mestiere delle armi (2001)...
E ogni amante di cinema ne vorrà sempre a Ermanno Olmi, tra i migliori registi italiani dell'ultimo cinquantennio, poeta assoluto del quotidiano, della concretezza dei piccoli oggetti, spesso governato da un pessimismo di fondo sul genere umano. Non sempre le sue opere hanno mantenuto la stessa qualità, ma in alcuni casi ha raggiunto vette davvero altissime.

Figlio di un ferroviere e di un'operaia, si spostò presto con la famiglia da Bergamo, dov'era nato, a Treviglio. Rimasto orfano del padre, morto durante la Seconda guerra mondiale, non terminò il liceo artistico e si trasferì a Milano per studiare recitazione all'Accademia. Nel capoluogo lombardo si manteneva gli studi lavorando alla Edison-Volta, azienda di cui era dipendente anche la madre. E qui, da semplice fattorino inizialmente, si ritrovò ad occuparsi delle proiezioni per i lavoratori e poi, dal 1953, a girare filmati promozionali sull'attività produttiva della fabbrica, che risultarono ottimi documentari...
Tutto quello che aveva vissuto fino ad allora è rimasto per sempre nei suoi film: Bergamo e la sua campagna; la devozione religiosa dei suoi genitori; la capacità documentaristica di entrare con la mdp da presa sugli oggetti restituendone allo spettatore la loro matericità...
Olmi sul set de Il posto, col protagonista Sandro
Panseri e con Loredana Detto, sua futura moglie
Dopo una storia di amicizia e natura ne Il tempo si è fermato (1958), Olmi girò lungometraggi come Il posto (1961) o I fidanzati (1963), in cui la Nouvelle Vague viene declinata in chiave italiana, con l'amore a fare da sfondo a vicende di vite stravolte e decontestualizzate: un ragazzo che dalla campagna viene catapultato a Milano, la città del posto di lavoro per chi veniva dalla provincia come lo stesso Olmi, o un operaio che da Milano viene trasferito in Sicilia. La storia d'amore de Il posto, peraltro, si trasformò nella sua, poiché Loredana Detto, l'attrice protagonista, divenne sua moglie dal 1963 fino ad oggi.
Il film successivo, E venne un uomo (1965), è incentrato sulla figura di Giovanni XXIII Roncalli, suo conterraneo, e la cui vita è narrata da un personaggio che media con il pubblico, interpretato da Rod Steiger.
Lo stile documentaristico e francesizzante prosegue con La cotta (1967), suo primo film per la tv, medium cui Olmi tornerà spesso in carriera, ancora una volta ambientato a Milano, dove si consuma la storia d'amore tra due adolescenti.
Olmi sul set de L'albero degli zoccoli
Il pessimismo del regista bergamasco si farà sempre più evidente nelle pellicole seguenti, con Un certo giorno (1969), storia di ascesa e crollo di un pubblicitario; Durante l'estate (1971), in cui un professore milanese, appassionato di araldica e titoli nobiliari, si ritrova in carcere, punito per la sua poetica fantasia; La circostanza (1974), vicenda che racconta di una donna borghese che ammorbidisce la sua durezza accudendo un uomo vittima di un incidente.
Quattro anni dopo arriva il primo grande capolavoro di Olmi e forse il film più noto di tutta la sua carriera: L'albero degli zoccoli (1978), storia della vita in una cascina del bergamasco a fine Ottocento, vincitore della Palma d'oro a Cannes. L'uscita due anni dopo Novecento (1976) ne ha reso inevitabile il confronto con la pellicola di Bertolucci, con cui si specchia, ma dal quale si differenzia molto preferendo la poesia e l'elegia del quotidiano nel mondo rurale, con la sua semplice e fede in Dio, senza dare priorità politica alla lotta di classe, fondante nell'illustre precedente.
Olmi sul set di Cantando dietro i paraventi
La riflessione religiosa è sempre stata centrale nel cinema di Olmi e lo dimostrano, oltre ad un sottostante sostrato presente in ogni film, pellicole specifiche, come Camminacammina (1982), rivisitazione in terra volterrana della storia dei magi alla ricerca del Salvatore al seguito di una stella; o La leggenda del santo bevitore (1988), in cui l'ex minatore divenuto clochard, interpretato da Rutger Hauer, compie un cammino di redenzione in nome di santa Teresa di Lisieux; ma soprattutto il film per la tv Genesi: La creazione e il diluvio (1994), episodio della serie biblica prodotta dalle più grandi televisioni europee e statunitensi, e poi Centochiodi (2007), pellicola in cui un professore di filosofia delle religioni, al quale presta il volto Raz Degan, abbandona tutto per una vita di ascetismo che gli vale il soprannome di Gesù da parte di chi lo incontra; Il villaggio di cartone (2011), storia in cui l'inagibilità di una chiesa permette allo stesso luogo di diventare davvero utile ai più poveri e ai bisognosi, dando anche nuova linfa alla fede di un sacerdote.
Negli ultimi venticinque anni, però, Olmi, ha girato anche molto altro e di altissimo livello e ha prestato la sua opera anche in altri campi, come quello degli allestimenti museali, in cui si cimentò nel 2013 quando fu chiamato alla Pinacoteca di Brera per disporre scenograficamente La pietà di Giovanni Bellini e Il Cristo morto di Andrea Mantegna.
Fatta eccezione per il non proprio riuscito Tickets (2005), film a episodi girato con Kiarostami e Loach, tra le sue opere migliori non possono passare sotto silenzio Il segreto del bosco vecchio (1993), tratto da un racconto di Dino Buzzati incentrato su un colonnello in pensione (Paolo Villaggio) in grado di pensare solo in termini di profitto e ricchezza personale; il sognante Cantando dietro i paraventi (2003), storia di pirateria nella Cina imperiale con un magnifico Bud Spencer nei panni del vecchio capitano di mare; Torneranno i prati (2014), splendida microstoria sulla Prima guerra mondiale, film bellissimo per rigore e poesia, che meriterebbe di essere inserito nei programmi scolastici.
Olmi al Palazzo Ducale di Mantova, con Sandra Ceccarelli in
primo piano, sul set de Il mestiere delle armi
E poi Il mestiere delle armi (2001), con cui questo ricordo è iniziato e con cui mi piace terminare, a conclusione del percorso filmografico di Olmi. Film strabiliante, indimenticabile, a mio avviso il massimo capolavoro del regista, capace di restituire l'immagine "sporca" del Rinascimento, sempre troppo patinata altrove, quella delle battaglie, della durezza della vita quotidiana, soprattutto se vissuta dalla parte delle milizie ordinarie. Antiepica, riflessione filosofica, poesia, amore, realismo, religione... nel film su Giovanni dalle Bande Nere c'è tutto il meglio di Ermanno Olmi, da vedere e rivedere!
Addio Maestro...

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