"I personaggi e i fatti qui narrati sono interamente immaginari. È autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce".
Con questa frase in esergo, che cita quella posta a conclusione de Le mani sulla città (F. Rosi 1963), inizia il nuovo film di Andrea Segre (trailer), che racconta la vita sempre perfettamente ordinata, come dice il titolo, di Corrado Rinaldi (Paolo Pierobon), collaboratore del Ministero dell'Interno impegnato in Libia per gestire i centri di accoglienza dei profughi. La richiesta ministeriale è quella di limitare gli ingressi in Italia e poco importa se quei centri dimostrano di non rispettare i diritti umani...
Corrado vive a Padova, in una zona residenziale fuori dal centro, Tencarola, con sua moglie, Cristina (Valentina Carnelutti), e sua figlia adolescente, mentre il figlio, più grande, è in college negli Stati Uniti.
A contattarlo per la missione in Libia è il sottosegretario del ministero (Roberto Citran), anche lui padovano, mentre in Africa troverà Luigi (Giuseppe Battiston) e un suo amico e collega francese Gerard Martin (Olivier Rabourdin), con i quali prova a gestire i difficili rapporti con Yusuf, proprietario di quei centri troppo spesso equiparabili a carceri, grazie alle quali si arricchisce chiedendo ingenti somme in cambio della libertà dei detenuti.
Corrado è abituato a questo terribile lavoro, ma nonostante l'esperienza, entrare in contatto con persone imprigionate senza alcuna colpa può ancora destabilizzarlo e, quando una donna somala, Swada (Yusra Warsama), gli lascia una scheda di memoria chiedendogli di darla a un suo zio che vive a Roma, si rompe un meccanismo consolidato, si squarcia il velo dell'ipocrisia e la sua percezione sembra cambiare profondamente, persino la sua raccolta di sabbia africana sembra improvvisamente perdere di senso. Ma quanto potrà durare?
Uno dei motivi portanti della pellicola è il netto contrasto tra la perfezione formale che circonda Corrado, che vive in una casa hi-tech caratterizzata da un arredamento moderno in cui tutto è simmetrico e ordinato, e il caos che regna in Libia; tra le certezze di una famiglia agiata e l'incertezza totale di chi ha perso libertà, il proprio presente e rischia di compromettere anche il futuro solo perché non è riuscito ad imbarcarsi per l'Europa.
Corrado, ex schermidore di alto livello, arrivato ad essere riserva olimpica, si allena ancora con la Wii in casa e, per non rinunciare alla sua passione, si porta la consolle persino a Tripoli, dove in albergo sposta mobili per avere più spazio e un tappeto per trasformarlo nella pedana per i suoi affondi virtuali. L'accortezza e la precisione dei suoi gesti sembrano nascondere ancora una volta un bisogno di ordine che sa di compulsione per mitigare le proprie ossessioni.
Uno dei carcerieri ha lo sguardo e l'atteggiamento delle Malebranche dantesche e, come loro, accompagna Corrado e gli altri all'interno di quegli ambienti in cui i profughi sono stipati e trattati con violenza: "non ti piace quest'odore? Questa è l'Africa", dice con un ghigno insopportabile, provocando l'ira di Corrado, che diventa furia quando scopre che uno dei prigionieri è stato ucciso da guardie come quella. Il potere è gestito in maniera tribale e lì il senso comune e le regole di convivenza sociale sono completamente ignorate, tutto è determinato da quanto si può pagare.
Corrado, ex schermidore di alto livello, arrivato ad essere riserva olimpica, si allena ancora con la Wii in casa e, per non rinunciare alla sua passione, si porta la consolle persino a Tripoli, dove in albergo sposta mobili per avere più spazio e un tappeto per trasformarlo nella pedana per i suoi affondi virtuali. L'accortezza e la precisione dei suoi gesti sembrano nascondere ancora una volta un bisogno di ordine che sa di compulsione per mitigare le proprie ossessioni.
Uno dei carcerieri ha lo sguardo e l'atteggiamento delle Malebranche dantesche e, come loro, accompagna Corrado e gli altri all'interno di quegli ambienti in cui i profughi sono stipati e trattati con violenza: "non ti piace quest'odore? Questa è l'Africa", dice con un ghigno insopportabile, provocando l'ira di Corrado, che diventa furia quando scopre che uno dei prigionieri è stato ucciso da guardie come quella. Il potere è gestito in maniera tribale e lì il senso comune e le regole di convivenza sociale sono completamente ignorate, tutto è determinato da quanto si può pagare.
Tra le location italiane, alcune sono facilmente riconoscibili. A Padova, Segre gira sul lungargine del Bacchiglione, dove Corrado passeggia pensieroso, ma soprattutto a Prato della Valle, dove il sottosegretario interpretato da Citran fa riferimento alle statue della piazza sorridendo per l'assenza di due numi tutelari padovani: "per Giotto e Ruzzante non c'era più spazio". Di Roma, invece, vediamo piazza della Repubblica, che il protagonista mostra a Swada su Skype affacciandosi da una delle finestre del Boscolo Exedra in cui alloggia, e Palazzo Barberini, dove in viaggio di piacere con la moglie si sofferma tra le sale della Galleria Nazionale d'Arte Antica davanti al ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Guido Reni, notando la paura di morire negli occhi della donna, uno sguardo che conosce bene. Il palazzo seicentesco, peraltro, viene usato dal regista anche per la serra con la caffetteria nel grande giardino posteriore e per lo scalone che invece "interpreta" quello del Ministero dell'Interno in cui Corrado incontra il ministro per ragguagliarlo sulla propria missione, uscito dal quale, per magia cinematografica, si ritrova su piazza Esquilino, davanti all'abside di Santa Maria Maggiore. Anche per l'unica sequenza palermitana Segre sceglie un luogo identitario come piazza Indipendenza, sfruttando come sfondo il Palazzo d'Orleans, sede della Regione Sicilia.
Oltre Corrado, l'altro personaggio maggiormente delineato è quello di Luigi, da anni in missione in Libia, decisamente stanco di quella realtà, critico nei confronti di un ministro che lì ci è stato poche ore, passate perlopiù al telefono. La sceneggiatura gli riserva il monologo più intenso del film, con il quale attraverso i colori con cui identifica le città esprime la sua malinconica nostalgia per l'Italia: Catania è nera, Siracusa e Modena gialle, Bologna rossa, Udine bianca, mentre "qui è tutto irrimediabilmente beige".
Il sottosegretario interpretato da Roberto Citran, invece, è un freddo uomo di calcolo, tutto ciò che fa è strategico, cosicché la sua indole viene perfettamente sintetizzata nella sequenza in cui riprende un barista perché non si cura di servire un caffè con il manico della tazzina rivolto verso il cliente.
Il rapporto con Swada, a cui Corrado si affeziona sinceramente, è l'altro grande tema del film: l'aiuto che le dà, gli scambi di battute durante le telefonate su skype lo dimostrano, ma scompaginare gli schemi e il successo personale passa quasi sempre per la rinuncia a qualche sentimento.
L'ultima inquadratura, che ci mostra una perfetta cena altoborghese in famiglia per il ritorno di Corrado a casa, è indicativa del ristabilito "ordine delle cose", già evidente nella cura maniacale con cui ha preparato la valigia di ritorno, ma è ancora più significativo che la mdp resti fuori da quell'ambiente, riprendendo la scena dall'esterno e trasformando, allo stesso tempo, l'intera casa in una sorta di grande acquario per umani...
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