domenica 2 ottobre 2016

Il ladro (Hitchcock 1956)

Dopo un'introduzione stile Hitchcock presents, ma con la sagoma di sir Alfred vista dall'alto, illuminata da un fascio di luce, inizia uno dei grandi classici hitchcockiani, forse quello che meglio di ogni altro rappresenta l'idea, quasi ossessiva del regista, del trasferimento di colpa e della condizione kafkiana dell'innocente accusato ingiustamente.
Gli avvenimenti, ispirati ad un fatto di cronaca che Hitch lesse su Life magazine nel 1952, si svolgono a New York, con un inizio ben preciso: il 14 gennaio 1953. In una sera come tante, Christopher Emanuel Ballister detto Manny (Henry Fonda), dopo aver suonato in un locale con la sua piccola orchestra, torna a casa dalla moglie Rose (Vera Miles) e dai figli Robert e Gregory. Manny suona il contrabbasso, lo stesso strumento che Hitch portava sul treno nel suo cameo de L'altro uomo - 1951),
La famiglia è in ristrettezze economiche e non di rado Manny è costretto a ricorrere a dei prestiti e così, anche quando Rose gli annuncia di aver bisogno di trecento dollari per il dentista, decide di andare in banca a chiedere un anticipo sull'assicurazione. Qui, però, due dipendenti lo confondono con un uomo che ha recentemente effettuato una rapina e da quel momento la sua vita si trasforma in un incubo...

Hitchcock stavolta sceglie sin da subito di coinvolgere lo spettatore, mettendolo a conoscenza dello scambio di persona, con un titolo che in originale chiarisce le sue intenzioni, The wrong man, purtroppo ignorato dall'edizione italiana.
L'anticipazione del titolo, infatti, rappresenta l'essenza stessa del cinema di sir Alfred, quasi mai basato sull'effetto sorpresa quanto piuttosto sulla suspence. Per questo lo spettatore deve sapere più di quello che sanno i personaggi, in modo da identificarsi con loro e vivere il loro disagio non potendo far nulla, pur essendone a conoscenza.
Questa la spiegazione che Hitch ne dà a Truffaut nel celebre libro-intervista:
"La differenza tra suspence e sorpresa è molto semplice e ne parlo spesso [...] Noi stiamo parlando, c'è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e all'improvviso: boom, l'esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena del tutto normale, priva d'interesse. Ora veniamo alla suspence. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l'anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all'una e sa che è l'una meno un quarto - c'è un orologio nella stanza - : la stessa conversazione insignificante diventa tutt'a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: 'Non dovreste parlare di cose banali, c'è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all'altro'. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell'esplosione. Nel secondo gli offriamo quindici minuti di suspence".
Dopo questa doverosa premessa, oltre a comprendere meglio il titolo del film, si comprende lo splendido lavoro di Hitchcock nel soffermarsi dettagliatamente sulle reazioni psicologiche dell'uomo innocente coinvolto per errore in un reato. Lo conferma anche la scelta di un attore come Henry Fonda, da sempre interprete di modelli positivi (il primo ruolo da "cattivo" lo avrà grazie a Sergio Leone in C'era una volta il west), che anche in questo caso impersona un uomo perfetto, paziente, innamorato della moglie, amorevole con i figli, vicino ai genitori, posato e sempre in grado di essere ottimista. Naturalmente, maggiori sono le sue qualità, più è facile per chi guarda percepire l'ingiustizia subita. Lo spettatore, quindi, segue l'evoluzione della vicenda stando di fianco al personaggio principale mentre le cose si complicano grazie ad un regista che amplifica tutto alla perfezione e sembra gongolare dietro la mdp.
Manny, per esempio, non solo viene arrestato, ma viene condotto in diversi negozi che hanno subito rapine negli ultimi tempi perché possa essere identificato. La pratica, che sembra essere una conferma del disinteresse di Hitchcock per il realismo a tutti i costi, al fine di aumentare la tensione nello spettatore, è invece semplicemente la traduzione di quanto raccontato nell'articolo letto dal regista (nel prologo il regista precisa proprio come alcuni dettagli accaduti realmente siano più adatti al film di qualunque invenzione di sceneggiatura).
Tutto ha la funzione di aumentare la tensione e tutto sembra remare contro il protagonista: un altro perfetto esempio è la prova calligrafica, che conferma tutti i dubbi degli inquirenti, quando Manny, oltre a scrivere in maniera simile, compie addirittura lo stesso errore grammaticale presente sul biglietto del colpevole in loro possesso (per i più curiosi, in inglese cash draw invece di cash drawer, in italiano casseto invece di cassetto). Inutile dire che l'intera sequenza delle pratiche di arresto di Manny è lenta e cadenzata dal suono del contrabbasso della colonna sonora di Bernard Herrmann, cosicché vediamo il momento delle impronte digitali, la perquisizione, le domande, fino all'ingresso nella cella del commissariato, con la mdp che si lascia andare ad una rotazione continua, per rendere la sensazione di confusione e capogiro che prova il protagonista. Lo stesso motivo musicale, peraltro, viene ripetuto quando Manny entra nella cella del penitenziario vero e proprio: qui la mdp, attraverso uno dei tanti trucchi del mestiere che hanno reso famoso Hitchcock, "passa" dallo spioncino della porta blindata. Lo stesso movimento, naturalmente invertito, viene riproposto quando Manny viene liberato grazie alla cauzione.
Anche in questa seconda fase dell'arresto, il regista ci mostra la sala con la parete centimetrata contro cui viene posto Manny, quando gli vengono messe le manette e il suo trasporto col cellulare fino al carcere. Più avanti, infine, sarà la volta del processo, momento basilare in questo genere di film, anch'esso dilatato con una precisa volontà narrativa.
La scena più celebre del film, però, è indubbiamente quella della sovrapposizione del volto di Manny con quello del vero ladro, un'immagine immancabile in un'ideale antologia di brani hitchcockiani!
Ma torniamo alla colpa come motivo portante del film. La colpa è materiale: è lei il vero personaggio principale e si insinua ovunque, persino Rose ha un momento in cui dubita dell'innocenza del marito, perché non dovrebbe farlo lo spettatore? La moglie di Manny, inoltre, è quella che pronuncia la frase che meglio di ogni altra esprime ciò che si pensa seguendo la storia narrata dalla pellicola - "tutto è stato organizzato contro di te" - e lo fa nella sequenza più dura per la coppia, quella dello scontro, in cui arriva a brandire una spazzola come se fosse un coltello, tenendola peraltro nello stesso modo con cui Anthony Perkins terrà il suo alla fine di Psycho (1960), colpisce Manny e rompe lo specchio che ottenendo l'effetto di un'immagine che deforma il volto di Fonda.
Eppure Hitchcock, come spesso gli capita mentre li analizza con Truffaut, trova molti difetti al film, considerando un grave errore aver voluto seguire troppo fedelmente il fatto di cronaca da cui è tratto il soggetto e, per esempio, aver lasciato la storia di Manny per seguire il disagio mentale della moglie finita in sanatorio, perdendo la tensione accumulata sul pubblico. Il regista salva solo pochi elementi, tra cui la messa in scena della sua personale paura della polizia e il momento in cui colpevole e innocente si incrociano...
Ci dispiace contraddirlo, ma oggi anche Il ladro è giustamente annoverato tra i suoi grandi film.

Nessun commento:

Posta un commento