martedì 22 marzo 2016

Ave Cesare (Coen 2016)

L’ultimo film di Joel e Ethan Coen è un piccolo gioiello per cinefili! Overcasting e ritmo elevato, per una commedia ambientata nel 1951 che attraversa la Hollywood classica dall’interno di una major, la Capitol Pictures, lo stesso nome che aveva nel bellissimo Barton Fink (1991), ambientato nel 1941 e non a caso precedente sortita metacinematografica dei due cineasti. La casa di produzione è diretta da Eddie Mannix (Josh Brolin), che deve barcamenarsi tra diversi generi: dal peplum storico-religioso al western, dal musical alla commedia sofisticata, tutti fotografati perfettamente in stile grazie al filologico lavoro di Roger Deakins.

Baird Whitlock (George Clooney) - decisamente simile al Robert Taylor di Quo Vadis (LeRoy 1951) - è il divo di un film ambientato all'epoca dell'imperatore Tiberio nel quale interpreta il centurione romano Autoloco, che a causa di gravi errori della sceneggiatura recita battute anacronistiche, citando le terme di Caracalla o persino la via Francigena!
Nella sua storia, naturalmente, si imbatterà in Gesù in Palestina, in un incontro comicamente memorabile, con il volto di Autoloco che modifica la sua espressione al cospetto di Cristo, riproducendo l'analoga scena di Charlton Heston in Ben Hur (Wyler 1959 - vedi). E si spinge ancora oltre il suo monologo sotto la croce, che ovviamente rimanda non solo allo stesso Ben Hur, che guarda da più lontano sul Golgota (vedi), ma anche alla celebre sequenza di Richard Burton de La tunica (Koster 1953 - vedi), e che in chiave parodistica non vedevamo forse dai tempi del pythoniano Brian di Nazareth (Jones 1976, ma in Italia uscito solo nel 1991 - vedi).
È proprio sul set del colossal che viene drogato da alcune comparse e portato in una villa a Malibu dove si riuniscono sceneggiatori comunisti che vagheggiano il sol dell'avvenire.
Ma alla Capitol Pictures c'è tanto spazio anche per i generi americani per eccellenza: il musical e il western. La diva di uno dei musical in produzione è DeeAnna Moran (Scarlett Johansson), evidentemente esemplata sulla figura Esther Williams e come lei specializzata in coreografie acquatiche, che però fuori dalla piscina perde tutta la grazia della scena, per trasformarsi in una scontrosa e insopportabile primadonna, per giunta sboccatissima, capace di chiamare il costume da sirena "culo di pesce". E, infatti, la sequenza riprodotta dai Coen è davvero simile a quella de La ninfa degli antipodi  (LeRoy 1952) in cui la Williams recita in vesti da sirena (vedi)! 
Burt Gurney (Channing Tatum) si ritrova, invece, nei panni di un Gene Kelly con tanto di divisa da marinaio (forse la sua immagine più nota, basti pensare a Due marinai e una ragazza - Sidney 1945; Un giorno a New York - Donen e Kelly 1949). I Coen giocano molto anche sull'omosessualità del divo di Pittsburgh, cosicché la sequenza di tip tap, girata dal regista interpretato da Christopher Lambert (Stanley Donen?), è un inno militar-sexy con i marinai che durante il ballo si ritrovano nelle posizioni più equivoche, mentre cantano "vedremo come ce la passeremo senza le sottane".
Il mito della frontiera è affidato ad una pellicola il cui protagonista è Hobie Doyle (Alden Ehrenreich), un giovane cowboy-saltimbanco che, in pieno rispetto del sogno hollywoodiano, è stato scoperto quando era un semplice mandriano. Nei ruoli western ha successo e fa presa soprattutto sul pubblico femminile, incantato più che dalle sue piroette circensi dal suo volto e dalle sue canzoni romantiche, proprio come avveniva per il celebre attore-cantante di quegli anni, il Ricky Nelson di Un dollaro d'onore (Hawks 1959), o ancora prima un altro singing cowboy come Roy Rogers in Arizona Kid (Kane). Nel film del 1939, peraltro, Rogers canta proprio Lazy old moon, il brano che dà il titolo alla metapellicola del film coeniano, che riproduce quasi totalmente la stessa sequenza (vedi). La major, però, per sfruttarne la fama, prova ad inserirlo in una commedia sofisticata alla George Cukor - ma forse Merrily we dance, questo il titolo, ha come modello più diretto Private lives (Franklin 1931) -,  ed è in questo contesto che diventa letteralmente esilarante per la sua incapacità di recitare, ma anche semplicemente di parlare senza usare espressioni a tema come "stare in sella", "montare in groppa", chiamare una borsa bisaccia, e così via, palesando di essere totalmente fuori contesto: non tollera l'abito con il papillon; non sa camminare se non avanzando come un cowboy; non è in grado di pronunciare nessuna battuta senza enfatizzarla come fosse una minaccia o una frase epica.
I suoi duetti con Laurence Lorenz (Ralph Fiennes), palesemente gay, proprio come Cukor, sono fantastici: il regista gli chiede un "mesto sogghignare" e il risultato è sconfortante, quindi prova a spiegargli come stare in scena sfoderando inizialmente ampi sorrisi di fronte ai suoi continui errori, ma la pazienza finisce presto davanti a movenze inutili e dizione da brivido.
Sono tante altre le sequenze divertentissime della pellicola, e una delle scene madri va considerata senza dubbio quella in cui Eddie Mannix convoca i quattro rappresentanti religiosi (un pastore protestante, un sacerdote cattolico, un rabbino e un pope ortodosso), per accertarsi che Ave Cesare, il peplum che sta producendo, non offenda nessuna delle confessioni. I quattro, naturalmente, si scontreranno discettando di natura del divino e altre questioni filosofiche, ma l'unico appunto al film è la poca verosimiglianza della scena con la corsa delle bighe, in un'ennesima citazione di Ben Hur, di cui a Hollywood si sta preparando un remake di prossima uscita).
La comicità degna dei Monty Python è sempre dietro l'angolo e, quando uno dei personaggi del peplum parla con un difetto di pronuncia, proprio come il Pilato di Brian di Nazareth (quello che in italiano citava Marco Pisellonio, per intenderci), il rimando è ancora più diretto!
E cosa dire dello straordinario personaggio di Channing Tatum - sempre più bravo e che giunge a questo ruolo dopo le ottime interpretazioni in Foxcatcher (Miller 2015) e in The hateful eight (Tarantino 2015) - che parte per l'Unione Sovietica per diventare un 'uomo dell'avvenire' con un sommergibile, mezzo dal fascino cinematografico indiscutibile? Questo dei Coen si inserisce a pieno titolo tra i tanti che hanno costellato la storia del cinema, come quello di Destinazione Tokyo (Daves 1943), Ventimila leghe sotto i mari (Fleischer 1954), Operazione sottoveste (Edwards 1959) o quello sovietico di Caccia a ottobre rosso (McTiernan 1990), solo per citarne alcuni (vedi elenchi più completi, 1, 2)? E così rimarrà nella memoria di molti spettatori l'immagine di Tatum davanti al sottomarino che emerge dall'oceano con la stella rossa in bella mostra, con un volto scultoreo, guance di colorito bronzeo, come se fosse in un dipinto del realismo russo di quegli anni (es. Viktor Semenovič Ivanov, Conterranei, 1951), che però contrasta con le sue enfatiche movenze omosessuali e il suo barboncino dal nome evocativo, Engels.

Un altro plauso va al profilo di alcuni ruoli minori, un marchio di fabbrica Coen, tra cui brillano la solita bravissima Frances McDormand, stavolta una montatrice dalla sigaretta facile, che rischia di fare la fine di Isadora Duncan, ma mutatis mutandis con la sciarpa che si inceppa nella moviola; oppure Tilda Swinton, che interpreta due giornaliste scandalistiche gemelle, Thora e Thessaly Thacker, alla continua ricerca dello scoop - come nella realtà facevano le due storiche giornaliste rivali di Hollywood, Hedda Hopper e Louella Parson - tenute a bada da Eddie Mannix, che ha un controllo assoluto su ogni aspetto del lavoro e quindi anche sulle vite private delle sue star (e per questo all'occorrenza ricorre anche all'avvocato Joe Silverman, interpretato da Jonah Hill), come spettava al vero Eddie Mannix, famoso manager MGM che salvò dagli scandali grandi nomi come Clark Gable e Spencer Tracy. Proprio per placare le giornaliste, Mannix gli dà in pasto una relazione tra Hobie Doyle e la sudamericana Carlotta Valdez (Veronica Osorio), che rappresenta l'ennesima citazione del film: il giovane attore, infatti, le chiede come sia stato danzare con un casco di banane in testa, come faceva Carmen Miranda, a Hollywood a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta.

Splendidi personaggi e ottimi attori che li interpretano; tanta storia del cinema e gran lavoro per la ricostruzione dell'immagine dell'età dell'oro hollywoodiana; ironia intelligente e dissacrante grazie ad un'ottima scrittura. Ave Cesare probabilmente non entrerà tra i massimi capolavori dei Coen, ma solo perché i due registi hanno realizzato opere ancora migliori e non certo per la qualità di questo film! 


 
Paralleli

Robert Taylor e George Clooney
Channing Tatum e Gene Kelly

Scarlett Johansson e Esther Williams
Alden Ehrenreich e Roy Rogers
Josh Brolin e il vero Eddie Mannix "the fixer"


Merrily We Dance e Private Lives (Franklin 1931)

Sotto la croce: Ave Cesare, Ben Hur, La tunica e Brian di Nazareth






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