venerdì 6 novembre 2015

Un dollaro d'onore (Hawks 1959)

Per il secondo compleanno de Il cinema secondo Begood, un grande classico...
Prima di tutto una dovuta premessa per fare un po' d'ordine, perché, grazie alla moda italiana di stravolgere i titoli, il capolavoro di Howard Hawks, in originale Rio Bravo, è spesso confuso con un altro caposaldo del cinema western classico, Rio Bravo (Ford 1950) appunto, che in inglese è invece intitolato Rio Grande.  
Un dollaro d'onore è un western atipico: pur appartenendo al genere degli esterni per eccellenza, infatti, la storia si svolge in gran parte in ambienti chiusi, lasciando pochissimo spazio per le scene all'aperto. I luoghi prescelti, però, sono ovviamente quelli tradizionali delle cittadine di frontiera: il saloon, l'ufficio dello sceriffo con l'immancabile prigione, la locanda...
Il titolo italiano si deve alla prima sequenza, nella quale, senza l'ausilio dei dialoghi, Hawks racconta con pathos e magistrale regia un episodio in cui Dude (Dean Martin) - nel corso del film chiamato alternativamente borrachon, spugna, ecc., tutti soprannomi che evidenziano i suoi problemi con l'alcol - viene provocato dal tipico sbruffone da saloon, Joe (Claude Akin), che vedendolo ubriaco gli getta un dollaro nella sputacchiera e gli chiede di prenderlo per pagarsi ancora da bere. La scena deflagra nello scontro, con l'intervento dello sceriffo Chance (John Wayne) che non solo aiuta il suo vice, lo stesso Dude già a terra per raggiungere quel dollaro "senza onore", ma arresta anche Joe. Nella prigione dello sceriffo a badare al nuovo fuorilegge c'è un altro collaboratore di Chance, Stumpy (Walter Brennan), lo "sciancato", un vecchio cowboy sardonico e dissacrante, un topos del genere western che però stavolta è molto più del solito caratterista. 
L'arresto di Joe è l'elemento attorno a cui ruota la vicenda, poiché l'uomo è fratello del potente signorotto Nathan Burdette (John Russell), che puntualmente arriva nella cittadina di Rio Bravo per capire cosa sia successo e fa uccidere un amico dello sceriffo, Pat Wheeler (Ward Bond). Il più giovane degli uomini al seguito di quest'ultimo, Colorado Kid (Ricky Nelson), pur se deciso a non muovere un passo se non per il proprio interesse, simpatizza per chi fa rispettare la legge.
Allo stesso tempo giunge a Rio Bravo anche una splendida ragazza, Feathers (Angie Dickinson, che nella versione italiana del film non ha un nome), già tanto esperta di quel mondo, abile con le carte da gioco e al cui fascino non può restare indifferente nemmeno il burbero Chance...

La sceneggiatura, di Jules Furthman e Leigh Brackett, è notevole e sono tante le frasi da mandare a memoria che contribuiscono all'epicità della pellicola, che non disdegna i toni della commedia, in pieno stile Hawks. Chance tenta di sminuire la tensione di Dude dicendogli "Non credere di essere un individuo tutto speciale, non li hai inventati tu gli incubi", ma il personaggio di Dean Martin gli risponde "quello che ho potrei brevettarlo".
Se Dude, però, è l'eroe dal passato difficile, che sta provando a risollevarsi da vecchie ferite (splendida la sequenza in cui dimostra di poter essere ancora utile allo sceriffo, stanando un assassino grazie ad un dettaglio notato in un boccale di birra, immortalata anche nella locandina italiana del film), la ragazza deve provare a riabilitarsi, dopo aver sposato un baro, e Stumpy è ormai vecchio e privo di sostanze (sappiamo grazie ad un paio di battute che la terra che un tempo possedeva gli è stata sottratta proprio dai Burdette), lo sceriffo è l'eroe senza macchia e senza ombre, di fatto il personaggio che John Wayne interpretò per tutta la carriera: è lui che prende in braccio Feathers che si addormenta facendo la guardia, riproponendo lo stesso gesto che un paio di anni prima lo aveva immortalato con Debbie-Nathalie Wood in Sentieri Selvaggi (Ford 1956), ed è ancora lui che spiega come si senta più sicuro e più veloce con un fucile piuttosto che con una pistola.
E chissà se sia un'eco di questa frase, il celebre «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto» di Per un pugno di dollari (Leone 1964).
Sta di fatto che spetta ancora a Chance dire del giovane Colorado "è tanto in gamba che non sente l'esigenza di dimostrarlo", e la sua personalità tutta di un pezzo non cede quasi mai nemmeno davanti alle avance di Feathers, risultando ancor più divertente quando, scherzando con Stumpy, che non si sente apprezzato a sufficienza, gli bacia istintivamente la testa facendolo infuriare.
E varie sono anche le battute di Stumpy che allentano la tensione e, a tratti, fanno scivolare il film sulla commedia, altro genere in cui Howard Hawks fu un maestro assoluto: "se lo scatto diventa troppo dolce potrei spararmi addosso", commenta alla richiesta di Dude di poter usare la sua pistola; così si giustifica per non aver riconosciuto lo stesso Dude rimesso a nuovo, precisando che fino ad allora è andato in giro come "il principe degli straccioni".

Tra i momenti più belli del film va inserito indubbiamente il duetto tra Dean Martin e Ricky Nelson che cantano My rifle, my pony and me, brano che peraltro sarebbe dovuto essere parte de Il fiume rosso dello stesso Hawks (1948), interpretata addirittura da John Wayne. Resta nella memoria anche il deguello, il cupo motivo legato al massacro di Alamo (1836) che Burdette fa suonare come presagio di morte, ma l'intera colonna sonora è diretta da uno dei mostri sacri della musica cinematografica, quel Dimitri Tiomkin, che fu candidato per ben 23 volte all'Oscar e che lavorò, tra gli altri, per Frank Capra (Orizzonte perduto, Mr. Smith va a Washington,  La vita è meravigliosa), Alfred Hitchcock (L'ombra del dubbio, Delitto per delitto, Io confesso, Il delitto perfetto), ma anche per King Vidor (Duello al sole), Fred Zinnemann (Mezzogiorno di Fuoco), Otto Preminger (Seduzione mortale), William Wellman (Prigionieri del cielo), John Sturges (Sfida all'O.K. Corral, Il vecchio e il mare), Nicholas Ray (55 giorni a Pechino), John Huston (Gli inesorabili), George Stevens (Il gigante) e con lo stesso Howard Hawks, per Il fiume rosso (1948) e La regina delle piramidi (1955).
Merita una citazione anche il gran lavoro dello scenografo Ralph S. Hurt, che costruì il set in scala 7:8, in modo da far sembrare gli attori più grandi di quanto lo fossero, ma soprattutto l'eccezionale fotografia di Russell Harlan: in uno dei rari esterni del film, per esempio, le ombre lunghe generate dalle lampade, rendono i fondali e i personaggi degni di un quadro di Hopper; il technicolor non solo lo sostiene, ma viene sfruttato anche stilisticamente, proprio come aveva insegnato Johnny Guitar (Ray 1954), che aveva cambiato le regole del cinema solo poche anni prima.
L'influenza del capolavoro di Nicholas Ray è dimostrata dai rossi tramonti e soprattutto dalla sequela di colori saturi con una netta prevalenza delle tonalità calde: la camicia di Chance è di un rosso pallido - nella seconda parte ne indosserà una blu scura -; la vestaglia di Feathers è rosso scarlatto, espressione della sua passionalità; la maglia sdrucita che indossa Dude è di uno strano rosa, verosimilmente un rosso usurato dal tempo.  

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