venerdì 7 agosto 2015

Babadook (Kent 2014)

È sempre più difficile imbattersi in un bel film horror, ma quello dell'australiana Jennifer Kent è ben riuscito e, permettetemi il gioco di parole, rimette in pace con questo genere cinematografico!
E in effetti alla pellicola sono già stati riconosciuti diversi premi: dopo aver vinto come miglior opera prima il New York Film Critics Circle Award nel 2014, nel corso di quest'anno si è aggiudicato miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura agli AACTA Award, il premio australiano dedicato a cinema e televisione, nonché l'Empire Award, sponsorizzato dalla Sony Ericsson, come miglior horror (trailer).

Tante le influenze ben riconoscibili: da Melancholia (Lars Von Trier 2011) a Poltergeist (Hooper 1982), da Shining (Kubrick 1977) a Nightmare (Craven 1984) e, ovviamente, The Ring (Verbinski 2002), uno dei capisaldi dell'horror degli ultimi anni, fino a rimontare al cinema classico, da Georges Méliès a Carl Theodor Dreyer, e altro ancora.
Come in The Ring, i protagonisti della storia sono una giovane mamma, Amelia (Essie Davis), rimasta vedova dopo la morte del marito in un incidente stradale proprio mentre la accompagnava in ospedale per le doglie, e il piccolo Samuel (Noah Wieseman), il figlio per il cui comportamento quantomeno burrascoso viene convocata a scuola.
Il bambino è stato violento con i compagni, ma la madre, pur di non affidarlo ad un'insegnante di sostegno, decide di portarlo a casa. Quello che apparentemente sembrerebbe solo la reazione di una mamma incapace di accettare le difficoltà di suo figlio, diventa in qualche modo la sua condanna: Samuel, infatti, continua a sfogare la sua ansia nelle fiabe, negli incubi notturni, e spaventando con i suoi racconti la cuginetta, motivo per il quale Amelia viene allontanata dalla sorella Claire (Hayley McElhinney). La solitudine crescente e il conseguente nervosismo di Amelia, che la porta ad essere sempre più intollerante nei confronti del bambino, ma soprattutto la lettura di una nuova fiaba, la storia di Mr Babadook, complicheranno sempre più le cose...
Dal film di Verbinski, a sua volta derivazione del nipponico Ringu (Nakata 1998), Babadook riprende anche la tecnica dei movimenti a scatti, che sottolineano alcuni momenti di massima tensione, e ripropone l'inquietante specchio ovale che qui, collocato sulla parete all'inizio della scala interna dell'appartamento, è sì parte della scenografia ma con un ruolo decisamente più inoffensivo.
Amelia, messa continuamente alla prova da Samuel, che tra le altre cose costruisce armi per combattere i mostri dei suoi incubi, è una sorta di Jack Torrance al femminile: l'isolamento, come il protagonista di Shining, che scrive intere pagine di "troppo lavoro e niente svago rendono Jack pazzo" (nella versione italiana "il mattino ha l'oro in bocca"), minerà la sua salute psichica, e l'ossessione di Babadook farà il resto.
Al capolavoro di Kubrick, inoltre, rimanda la sceneggiatura in uno dei momenti di massima rabbia di Amelia che, esasperata dal mancato sonno, urla al figlio "stupida testolina" e "vorrei spaccarti la testa fino al cervello", che insieme fanno il paio con il famoso "quella testa te la spacco in due, quella tua testolina te la faccio a pezzi!" che Jack rivolge a Wendy. Come in Shining, infine, viene citata la fiaba de I tre porcellini, una delle prime che Amelia legge al figlio e a cui Jack invece fa riferimento paragonandosi ad Ezechiele Lupo mentre prova ad abbattere la porta dietro cui si nasconde Wendy.
Il mondo delle fiabe, da intendere come immaginario infantile per antonomasia, e con questa funzione topos dei film horror, torna ancora nella scena in cui Samuel lega a terra la madre ormai trasfigurata, proprio come fanno i lillipuziani de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. 
L'essenzialità della scenografia, soprattutto nelle fasi iniziali in cui, per esempio, Amelia e Samuel mangiano soli in casa, fa pensare ad alcuni ambienti del cinema di Dreyer, ma citazioni più esplicite sono rappresentate dalle scene in cui Amelia si risveglia dai suoi sogni, quando la vediamo fluttuare nella stanza, proprio come la Justine-Kirsten Dunst di Melancholia (Von Trier 2011) e poi un paio di film che Amelia guarda in televisione: Lo strano amore di Martha Ivers (Milestone 1946), in cui si riconosce la protagonista, Barbara Stanwyck, e Viaggio nella luna (Méliès 1902), all'interno del quale, però, ormai allucinata e in preda al panico, vede apparire la figura di Mr Babadook.
Quest'ultimo merita discorso a parte: quella che può essere definita a buon diritto una versione aggiornata dell'uomo nero ha una mano artigliata come Freddy Krueger (ovviamente della saga Nightmare), e come quello è causa dell'insonnia di chi teme di incontrarlo nottetempo, mentre la sua silhouette con giacca e tuba nera ricorda lo Skeleton di Nightmare before Christmas (Burton 1993). Le illustrazioni del libro pop-up, una vera ossessione per Amelia che non riesce a liberarsene - proprio come la videocassetta di The Ring -, sono una necessaria componente alla riuscita del film, e non a caso la regista per la loro realizzazione ha lavorato al fianco di Alex Juhasz, il disegnatore di talento che nel 2009 ha vinto l'Emmy award per i migliori titoli di testa per la serie United States of Tara, e due anni prima il Gradiva Award, un prestigioso riconoscimento destinato proprio ai libri per bambini.
Il film è ben girato e l'ottimo lavoro sul sonoro è un basilare contributo alla massima tensione che genera la pellicola, così come va sottolineato che la recitazione dei due protagonisti è davvero notevole e di grande impatto: il piccolo Noah Wieseman è bravissimo nell'essere dapprima il bambino disturbato e con evidenti problemi scaturiti dopo la morte del padre, poi quello responsabile e attento allo stato di salute della madre; Essie Davis, però, è straordinaria sia come mamma preoccupata, sia come donna in preda alla depressione dopo la morte del marito, sia come furia intollerante e violenta, la cui forza culmina in una sequenza con le pareti che si incrinano degna di Poltergeist, e con volto e voce trasfigurati come quelli di Linda Blair ne L'esorcista (Friedkin 1973).
Babadook, infine, merita grande attenzione anche per il trattamento del soggetto e per l'ambiguità nei confronti della cosiddetta normalità: guardandolo non si può mai essere sicuri che la vita di Amelia e Samuel sia tornata "normale". Come lo spettatore, anche i due funzionari dei servizi sociali che controllano l'evoluzione del difficile rapporto madre-figlio, cadranno in questo equivoco...

1 commento:

  1. Lettura molto interessante. Anche se non c'entra ti segnalo che dal 18 agosto in seconda serata va in onda su Italia 1 il Late Show @ Giffoni del Trio Medusa, con tanti ospiti? http://www.ilvelino.it/it/article/2015/07/09/si-accende-con-tantissimi-ospiti-il-late-show-di-giffoni-condotto-dal-/75ffd747-f5ca-4eab-b7cf-5bb18685fa14/

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