lunedì 18 maggio 2015

Il racconto dei racconti (Garrone 2015)

Matteo Garrone, finora ammirato per opere che facevano del realismo il loro tratto identificativo, ha realizzato un fantasy... è questo il primo scoglio da superare prima di accostarsi al nuovo film del regista romano tratto da Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille, la raccolta di fiabe napoletane redatta dal letterato Giambattista Basile alla metà del quarto decennio del Seicento.
Superato questo primo momento di straniamento, che però va assolutamente inserito tra i meriti del cineasta, se la tendenza a realizzare sempre la stessa tipologia di film è la maggiore critica che viene unanimemente mossa ai registi europei, e accettata la scelta di non usare il dialetto partenopeo e di far ricorso ad un cast internazionale per dare maggior respiro alla pellicola, Il racconto dei racconti è un film che merita grande attenzione e tanti applausi. Applausi che partono dagli occhi, poiché va detto che questo genere cinematografico si accoppia perfettamente allo straordinario talento visivo da sempre riconosciuto a Garrone.
Stacy Martin e La sposa nel vento 
di Oskar Kokoschka
Per il film, costato oltre 14 milioni di dollari e presentato a Cannes, sono state selezionate solo alcune delle fiabe narrate in quello che è noto anche col titolo di Pentamerone - perché strutturato in cinque giornate, in ognuna delle quali vengono raccontate dieci favole -, e queste si sviluppano attraverso un montaggio alternato, curato da Marco Spoletini, altra scelta apprezzabile, che elimina il rischio di monotonia narrativa, aumentando allo stesso tempo il pathos e la suspense delle vicende.
Così lo spettatore pronto a lasciarsi affascinare dalle immagini e dalla fantasia, anche con l'aiuto della colonna sonora di Alexandre Desplat, viene condotto in regni fatati che vedono protagonisti la regina di Selvascura, triste e spietata (Salma Hayek), pronta a tutto pur di avere un figlio, Elias (Christian Lees), che una volta cresciuto, però, la metterà in secondo piano per un'amicizia indissolubile; la principessa Viola (Bebe Cave), costretta a sposare un orco (Guillame Delaunay) per colpa di un bizzarro torneo organizzato dal padre, il re di Altomonte (Tobey Jones), che la trascura per allevare una pulce gigante; il re di Roccaforte (Vincent Cassel), invaghito di una sua suddita solo dopo averne sentito il soave canto, non si accorge di aver perso in realtà la testa per un'anziana donna, Dora (Hayley Carmichael), che per incantesimo torna giovane e bellissima (Stacy Martin, la splendida attrice sulla cresta dell'onda dopo l'interpretazione della protagonista adolescente in Nymphomaniac 1 e 2).
Dora tra Eva e Venere
Questi tre filoni principali, liberamente tratti dalle fiabe La cerva fatata, La pulce e La vecchia scorticata, inoltre, sono stati fusi con altre storie presenti nel testo di Basile, in quello che è stato il principale lavoro di scrittura dell'intero progetto, curato dal regista stesso in collaborazione con Edoardo Albinati, Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, in una selezione che inevitabilmente ha trascurato tante altre favole, un materiale che Garrone ipotizza di poter utilizzare in seguito per un sequel o per una serie tv.
Bebe Cave e la Giuditta e Oloferne di Caravaggio
Nonostante ciò, in un film come questo non può essere la sceneggiatura, naturalmente, il pezzo forte, ma tra le tante suggestioni vanno annoverate quelle suggerite da una sorta di sostrato metafavolistico, che si rifà anche alla mitologia e alla cultura agiografica cristiana, in alcuni casi già presenti nel libro seicentesco: il re impersonato da John C. Reilly che si tuffa in un lago per uccidere il drago a cui deve estirpare il cuore è, quindi, una versione acquatica della storia di san Giorgio; la principessa Viola portata in una grotta tra le montagne è una novella Maddalena penitente e, per alcuni versi, anche Andromeda, che invece di essere salvata da Perseo, qui viene soccorsa dai giullari (a proposito, tra loro ci sono Alba Rohrwacher e Massimo Ceccherini), ma soprattutto una giovane Giuditta che riesce ad avere la meglio sull'orco-Oloferne (con la Cave che assomiglia davvero alla Giuditta caravaggesca di Galleria Barberini!); il labirinto di Selvascura, come ogni labirinto, rimanda a quello del Minotauro; il re interpretato da Vincent Cassel scopre la vera età della donna nel suo letto grazie ad una lampada ad olio, esattamente come fa Psiche con Eros nel celebre mito.
Vincent Cassel, novello Sardanapalo
Proprio l'attore francese è protagonista di una delle tante sequenze visivamente superiori della pellicola: quella in cui passeggia tra donne seminude e in pose lascive, che tanto deve ad uno dei capolavori pittorici dell'Ottocento, come La morte di Sardanapalo di Eugène Delacroix (Louvre, 1827).
Che la storia dell'arte sia una delle fonti di Garrone è ancora più evidente quando si compie la metamorfosi ringiovanente di Dora-Stacy Martin: la bellissima immagine della fanciulla dormiente sembra derivare da La sposa nel vento di Oskar Kokoschka (Basilea, Kunstmuseum, 1914), mentre una volta in piedi ricorda sia la Eva di Lucas Cranach, che la Venere di Sandro Botticelli (entrambi agli Uffizi).
La regia non è mai in secondo piano: avvolge e coinvolge con inquadrature mai banali (si pensi ad esempio alla coppia di carcasse affiancate del drago e del sovrano-Reilly) e con movimenti della mdp che seguono i personaggi (su tutte le corse di Viola e della regina-Hayek), impedendo a chiunque di provare solo a distogliere lo sguardo dallo schermo.
La pulce gigante e uno dei
mostri de Il pasto nudo
La fantastica fotografia è firmata dallo storico direttore di David Cronenberg, Peter Suschitzky, davvero eccezionale. e peraltro, al regista canadese non si può non pensare quando vediamo la pulce del sovrano di Altomonte, interpretato da Tobey Jones, che cresce a dismisura fino a diventare un animale di grossa taglia così simile alle creature cronenberghiane de La mosca (1986) o Il pasto nudo (1991).
Si pensa ad altri film anche quando compare lo stregone (Franco Pistoni) che aiuta la regina di Selvascura ad avere un figlio e che si presenta come una figura a metà tra il Gollum de Il signore degli anelli e il personaggio di Tremotino, interpretato da Robert Carlisle, della recente e fortunata serie tv C'era una volta; o il già citato drago ucciso sott'acqua, che tanto ricorda il cane volante de La storia infinita (Petersen 1984); oppure quando si varcano i confini dell'horror con la principessa Viola che si presenta a corte totalmente insanguinata, come la Carrie dell'omonimo film di De Palma (1976), o, infine, quando la regina di Selvascura (Hayek) - che peraltro divora con voluttà il cuore sanguinolento di un drago per rimanere nell'ambito orrorifico - percorre il labirinto di pietra del suo castello, proprio come faceva Tilda Swinton nell'analoga scena di Orlando (Potter 1992), e ammesso che un labirinto cinematografico possa prescindere da quello kubrickiano di Shining.

La principessa Viola e la Carrie-Sissy Spacek
Meritano un'ultima analisi le location in cui sono ambientate le fiabe, indubbiamente un altro dei tanti pregi di questo film, che grazie ad esse rappresenta un'indiretta promozione del turismo in Italia, ben oltre i risibili spot di alcuni ministri degli ultimi anni - di centrodestra e di centrosinistra - che invece avevano proprio quel fine. Castel del Monte, in cui si svolgono le sequenze relative al regno di Altomonte, torna ad essere nelle immagini di Garrone uno dei luoghi più suggestivi della storia italiana, e siamo certi che la sequenza in cui un equilibrista cammina lungo un filo che attraversa orizzontalmente il cortile ottagonale del maniero di Federico II resterà nei prossimi decenni uno dei simboli del nostro cinema.
Una delle scene ambientate a Castel del Monte
Oltre al castello pugliese, però, durante il film si vedono altri splendidi siti, architettonici e naturalistici, del Bel Paese scelti dal location manager Gennaro Aquino e adattati dallo scenografo Dimitri Capuano: dal moresco castello di Sammezzano a Reggello, voluto nel Seicento dagli Ximenes d'Aragona, che qui diventa il regno di Selvascura, all'arroccato castello di Roccascalegna in Abruzzo, dove ha la sua dimora il re di Roccaforte; dalle cosiddette Vie Cave, scavate in epoca etrusca tra le montagne del territorio grossetano, dove vediamo fuggire la principessa Viola, al bosco del Sasseto ad Acquapendente (Viterbo), in cui avviene la metamorfosi di Dora; dalle Falesie di Statte, al villaggio Petruscio a Mottola, dove vive l'orco della fiaba, entrambi nella provincia di Taranto; dal paesino di Cave nei dintorni di Roma, dov'è sistemata la casa delle anziane sorelle Dora e Imma, al palazzo Chigi di Ariccia, in cui sono girati alcuni interni.
La principessa Viola nelle Vie Cave
È, infine, la Sicilia, ad essere splendidamente rappresentata sia dal già citato labirinto costituito da muri a secco di pietra bianca del castello di Donnafugata a Ragusa, di cui vediamo anche la loggia e le bifore nella bella sequenza dei funerali del re di Selvascura, sia dalle gole dell'Alcantara, dove il re di Selvascura si immerge per uccidere il drago (per un approfondimento, v. Filmtv).
Uscendo dal cinema, la voglia di partire per andare a visitarli tutti è davvero molta...

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