lunedì 22 giugno 2020

I miserabili (Ladj Ly 2019)

Che potenza il film di Ladj Ly!
Cento minuti intensi, duri, fatti di realismo ma anche di grande estetica cinematografica.
Tanti i riconoscimenti ottenuti, dal Premio della Giuria a Cannes a quello per la Miglior Rivelazione agli European Film Awards, oltre ai numerosi César e alla candidatura all'Oscar come Miglior Film Straniero. Tutti meritatissimi (trailer).
I miserabili inizia con un gruppo di ragazzini della banlieue di Bosquets, quartiere di Clichy Montfermeil, che raggiunge Parigi per la finale dei mondiali del 2018. I festeggiamenti per il secondo titolo dei Bleus culminano sugli Champs Elysées con l'Arc de Triomphe a fare da sfondo scenografico... sono le uniche immagini della capitale che vedremo fino alla fine della pellicola, poiché il resto della storia si svolgerà esclusivamente a Bosquets, tra strade, piazze, campi da gioco dove si ritrovano i ragazzi, enormi palazzi alveare, in un paesaggio in cui il cemento si alterna ai rifiuti, elemento immancabile di buona parte delle inquadrature del film.
Victor Hugo aleggia nel racconto, a lui è intitolata la scuola del quartiere, proprio in virtù de I miserabili e da quel capolavoro letterario è presa anche la frase che precede i titoli di coda, che tanto dice sulla pellicola: "Ricordate amici miei, non ci sono né cattive erbe, né cattivi uomini. Ci sono solo cattivi coltivatori"... e a Bosquets di coltivatori buoni non sembra ce ne siano molti.
In questo contesto arriva il poliziotto Stéphane Ruiz (Damien Bonnard), per unirsi a Chris (Alexis Manenti) e Gwada (Djibril Zonga) nella Bac (brigata anti crimine) che opera tutti i giorni sul territorio, affrontando la difficile quotidianità di quel luogo. Stéphane, a cui i colleghi affibbiano subito il soprannome di Pomata - anche un semplice taglio di capelli può diventare esiziale nella logica cameratesca - impara presto che "senza squadra si è soli", come precisa la commissaria (Jeanne Balibar) e capisce che la squadra di cui è parte non è, e forse non può, essere sempre corretta ed eticamente irreprensibile.
Seguiremo le loro vicende per una giornata intera, da una mattina a quella successiva, in ossequio all'unità di tempo oltre che di luogo, da vera tragedia classica, una tragedia che si dipana attorno ad un episodio sorprendente in un quartiere in cui spaccio e prostituzione la fanno da padroni: il furto di un cucciolo di leone dal circo stabilitosi in zona e un'azione scriteriata da parte di uno degli agenti...
La sceneggiatura di Ladj Ly, Giordano Gederlini e Alexis Manenti è ottima e lo dimostrano i profili dei personaggi principali, tutti davvero notevoli. Si è già accennato a Stéphane, la figura con cui lo spettatore può immedesimarsi, poiché è l'unico, di fatto, a non conoscere la realtà di Bosquets: guardiamo con i suoi occhi tutto ciò che accade, ci meravigliamo con lui, abbiamo i suoi stessi disappunti, vorremmo che i colleghi seguissero i suoi consigli. Non è, però, così: Chris e Gwada, pur essendo molto differenti tra loro e non solo per il colore della pelle, bianco il primo, nero il secondo, vivono lì da tempo: Gwada lo dirà esplicitamente a Stéphane, "io ci sono cresciuto qui, tu arrivi adesso", parlando di un rispetto acquisito nel tempo che il collega gli contesta come faceva De Niro-Lorenzo con Palminteri-Sonny in Bronx (1993), "di che rispetto parli? La gente ha paura di voi"; Chris, invece, è molto più spocchioso e scorretto (risulta sempre perfettamente irritante, soprattutto nella sequenza in cui riprende delle adolescenti alla fermata dell'autobus nella quale, al consueto razzismo, unisce anche il sessismo e le molestie verbali), e interpreta il suo ruolo di guida del gruppo in maniera arrogante provocando continuamente Stéphane che reputa troppo educato per quel ruolo.
Il Sindaco e Salah
A lui spettano spesso le battute più folgoranti (Manenti, che lo interpreta, come detto, è anche uno degli sceneggiatori): "sono come miss Francia, voglio la pace nel mondo" esordisce per risolvere una diatriba; oppure "questi deficienti non possono fare una stronzata senza postarla in rete", iniziando a cercare tra i social una foto che gli dia la soluzione del caso da risolvere. È sempre lui che trova il soprannome al malcapitato di turno: non solo Pomata per Stéphane, ma anche Power Ranger rosso ad uno dei guardaspalle di uno dei boss del quartiere, ancora una volta "colpevole" per i suoi capelli, tinti di rosso.
Ai tre poliziotti Ladj Ly riserva anche una sequenza, in montaggio alternato, che li ritrae in casa, al ritorno dopo una terribile giornata di lavoro: è straniante vederli in quel contesto, incredibile vederli interagire, nelle loro vite differenti, con figli, mogli, madri, in semplici gesti quotidiani, dopo quello che vivono quotidianamente. Amore, tenerezza, sensibilità e lacrime sembrano poter esistere solo tra le mura domestiche, fuori da lì c'è un ruolo da interpretare in cui non c'è posto per i sentimenti.
Ci sono poi i boss della malavita locale, altrettanto ben delineati. Il "Sindaco" (Steve Tientcheu), che veste la maglia della nazionale di calcio (rigorosamente con "le maire" e il numero 93 sulle spalle) e ha persino un ufficio per ricevere i corrionali che vanno da lui per risolvere problemi. Un Mr Wolf nero, fisicamente imponente e dal viso simpatico, che però sa essere molto aggressivo all'occorrenza.
Salah (Almamy Kanouté) è ancora più possente e solenne, nel suo caftano viola: ha anni di carcere alle spalle che, come Malcolm X, lo hanno reso più riflessivo e legato ai precetti musulmani, come dimostra il suo emozionante monologo contro la presenza dei leoni nel circo. Gestisce un negozio, tappezzato di foto e poster di Muhammad Alì, in cui vende kebab e altri generi alimentari, ma entrare nel suo esercizio commerciale incute timore a tutti, sia ai poliziotti che agli altri leader del quartiere.
Zorro (Raymond Lopez) è, invece, il rom del circo Zeffirelli, il domatore di leoni, colui che arriva con un gruppo di uomini armati di mazze da baseball per "chiedere" al Sindaco di trovare il modo di recuperare Johnny, il leoncino che considera come un figlio.
Infine, ci sono i bambini, Issa (Issa Perica) e Buzz (Al-Hassan Ly) su tutti. Entrambi molto silenziosi, ne seguiamo le azioni che, soprattutto nel caso di Issa, determinano la trama della storia narrata. Buzz, invece, è l'evidente alter ego del regista, non solo perché a interpretarlo è il figlio di Ladj Ly, ma perché è lui ad avere la passione per la mdp. All'inizio del film lo vediamo riprendere col cellulare, stile Finestra sul cortile, le ragazze del palazzo di fronte nelle loro stanze, scatenandone ovviamente l'ira. È lui, inoltre, che si aggira sul punto più alto del grande palazzo che domina il quartiere per manovrare il suo drone con cui riprende tutto il circondario. Ed è proprio così gli capiterà di immortalare la peggiore azione degli agenti della Bac.
L'episodio, centro focale dell'intero film, è davvero autobiografico. Ladj Ly da adolescente aveva vissuto una storia del genere in prima persona: senza drone, ma con la sua prima videocamera, aveva ripreso il pestaggio di un ragazzo da parte di un poliziotto, causando uno scandalo e la conseguente sospensione di alcuni agenti. Il quarantaduenne regista aveva già girato un cortometraggio nel 2017 (Les miserables) che, appunto, due anni dopo è diventato il film ora uscito nelle sale.
Tanti i movimenti di macchina con cui Ladj Ly impreziosisce la pellicola, a conferma di come si possa girare con realismo e crudezza senza dover rinunciare alla forma. Tra i più belli, proprio quelli del drone di Buzz, che riprende Bosquets dall'alto, il suo coloratissimo mercato delle pulci, ma che si ritrae, come ferito, istintivamente, proprio di fronte alla scena del ferimento del ragazzo. E poi la mdp segue, con ardue carrellate aeree, inseguimenti lungo il terrazzo dell'enorme condominio su cui Buzz si isola col suo drone, e compie girandole vorticose attorno al campetto di calcio, con i ragazzi in rivolta, sottolineando la confusione e la concitazione negli attimi precedenti alla tragedia.
La ribellione sarà più dura di quanto si possa immaginare e farà saltare il silenzioso compromesso tra polizia e malavita che contribuiscono a mantenere in equilibrio da tempo gli stessi boss, il Sindaco in primis, ma anche Salah, che pure afferma "e se avessero ragione a esprimere la collera?", sentendosi rispondere da Stéphane che anche le rivolte del 2005 gli si sono ritorte contro e non hanno dato benefici alla comunità.
Tutti coloro che detengono una qualsiasi forma di potere nel quartiere sono nemici della furia dei ragazzi e il volto di Issa, trasfigurato in una maschera horror, è la perfetta incarnazione di una rivolta che non perdona nessuno... probabilmente nemmeno chi ha tentato di sistemare le cose. Non c'è più spazio per i compromessi!

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