giovedì 2 gennaio 2020

La casa dei nostri sogni (Potter 1948)

Pubblicato due anni prima del film, il romanzo di Eric Francis Hodgins, Mr. Blandings Builds His Dream House, uscì nel 1946, dando inizio ad una serie di libri sulla famiglia Blandings. Mai tradotto in italiano, il romanzo aveva come fiore all'occhiello le illustrazioni di William Steig, disegnatore di origine ebreo-polacca, divenuto celebre per i suoi libri per bambini e, soprattutto, molti anni dopo, per aver inventato il personaggio di Shrek (1990).
Prima della Dreamworks, che nel 2001 iniziò la saga sull'orco verde, ci fu però la RKO... (trailer)
Nel 1948, infatti, la casa di produzione di capolavori come Quarto potere (Welles 1941), che proprio quell'anno passò nelle mani di Howard Hughes, decise di far adattare il romanzo e ne affidò la regia a Henri C. Potter, pochi anni prima distintosi soprattutto in alcuni musical (Follie di jazz, 1940; Hellzapoppin', 1941). In Italia, il film, che in originale mantenne il titolo del libro, divenne La casa dei nostri sogni, un'ottima commedia dell'età dell'oro di Hollywood con un trio di attori in stato di grazia.  
Il pubblicitario Jim Blandings (Cary Grant) e sua moglie Muriel (Myrna Loy) sono una coppia di sposi che vive a Manhattan con due figlie in età scolastica. Il loro migliore amico, l'avvocato Bill Cole (Melvyn Douglas), ha grande confidenza con entrambi, ai tempi del college è stato anche fidanzato con Muriel, e oggi è spesso presente nel dare consigli rispetto alle scelte non sempre oculate dei due.
È proprio lui, peraltro, che fa da narratore, ed è la sua voce che ascoltiamo nella prima sequenza del film, in cui un montaggio molto veloce ci mostra, con intento parodistico, quanto sia diventata moderna e "comoda" la vita di New York, tra traffico, metropolitana, stress, "gigante di cemento e di acciaio proteso verso il cielo", in cui vive "il cittadino del quasi 2000".
L'ironica premessa con cui Bill Cole ci porta in casa dei Blandings, che occupano un appartamento in un enorme palazzo newyorchese, termina in maniera ancora più esplicita, poiché li definisce "modernissimi trogloditi come migliaia di altri cittadini che vivono uno sull'altro".
E, in effetti, quell'appartamento non sembra sufficiente alle loro esigenze, cosicché, quando Muriel proporrà delle costose modifiche, Jim rilancerà con l'idea di acquistare una casa ben più grande, ma in campagna, per quelli che inizialmente sono pochi migliaia di dollari in più... ma sarà solo l'inizio di una lunga e ben più dispendiosa avventura. 
Nulla di inventato da Holdings che, per il libro, si ispirò ad un proprio articolo scritto quando era redattore del Fortune e che riguardava una vicenda personale: era lui stesso ad aver fatto costruire una casa nel Connecticut, completata nel 1939, ma che poi fu costretto a vendere per 38 mila dollari (la stessa cifra che costa ai Blandings nel film) proprio a causa dei costi lievitati. Nel 2004, peraltro, la stessa casa è stata comprata a 1,2 milioni di dollari.
Tante le gag del film, in cui lo straordinario Cary Grant la fa da padrone sin dall'inizio: dalla ricerca delle introvabili calze per lui, costretto a tenere il suo guardaroba in due cassetti e mezzo; al mancato rispetto della privacy di una delle figlie in bagno, che quindi lo rimbrotta; dalla divisione dello specchio con la moglie, mentre lui si rade e lei si trucca; fino alla colazione, in cui le figlie dalle idee progressiste lo criticano per il suo lavoro al servizio del "crasso commercialismo della pubblicità giornalistica" ("non si cava sangue da una pietra" dice una di loro). Jim, ovviamente, si difenderà precisando che è proprio quella "professione vampiresca" che gli permette di mantenere la famiglia e di pagare le rette scolastiche.
Le espressioni di Cary Grant, fatte perlopiù di sorpresa e disappunto, sono indimenticabili come nelle commedie di Howard Hawks, e a lui viene riservata anche una battuta con un chiaro e inaspettato doppio senso: "un uomo ha diritto di incastrare qualche palo ogni tanto".
L'altro mattatore è Melvyn Douglas, il cui Bill è tagliente e sardonico. È lui, ad esempio, che dopo l'opposizione di Jim rispetto alle idee di rinnovamento dell'appartamento newyorchese proposte dall'architetto a Muriel, dice all'amico "che giornata proficua, hai già risparmiato diecimila dollari e non sono ancora le 9"; ed è sempre lui che farà notare che 500 dollari l'ettaro, per la proprietà acquistata ad un'ora di auto da New York, è una cifra ben cinque volte superiore di quanto avrebbe dovuto accettare: "ho l'impressione che una piccola parte delle tue vittime abbia ora fatto le sue vendette", gli dice, riferendosi ancora alla professione dell'amico che fa leva sull'inganno degli sprovveduti.
È ancora Bill a salutare Jim prendendolo in giro per la sua autolesionistica intraprendenza negli affari: "la prossima volta che vuoi fare qualcosa o dire qualcosa o comprare qualcosa, pensaci sopra attentamente e, quando sei sicuro di far bene, non farne più nulla".
La sottile gelosia di Jim nei confronti di Bill serpeggia per tutta la storia ed è spesso il motore dell'azione. Non a caso, proprio dopo la ramanzina sui prezzi dei terreni, Jim si irrigidirà sempre più rispondendo che "non si può misurare in dollari e centesimi ciò che ci piace", aumentando la distanza tra il suo atteggiamento fiducioso oltre i limiti dell'ingenuità e la cinica razionalità di Bill. 
Jim, però, sarà messo alla prova spesso dall'ottimo rapporto tra Bill e Muriel: si innervosisce perché Bill bacia la moglie e stringe la mano a lui ogni volta che li saluta, ma in realtà il suo disappunto origina piuttosto dalle critiche ricevute dall'amico che da una reale gelosia; e poi, più avanti, si troverà a dover prendere atto che Bill ha dormito in casa con Muriel in una notte in cui, per una serie di coincidenze, né lui, né le figlie, né la domestica erano lì.

Sono diverse anche le scene che vedono la casa dei sogni protagonista. Tra le migliori quella delle piante ritoccate. Sia Muriel che Bill aggiungono ambienti, stanze, bagni, sala relax, creando dei progetti impossibili, con il primo piano più grande del pianoterra, tra le continue perplessità dell'architetto. E così, dopo l'inizio dei lavori, lo sgabuzzino che una volta chiuso non si apre, imprigionando i protagonisti.
A Muriel spettano i luoghi comuni destinati alle mogli borghesi del tempo e il volto impassibile e sorridente di Myrna Loy è perfetto per l'obiettivo prefissato: più sognatrice di Jim, se possibile, non perde mai la calma e mantiene un tono pacato in ogni occasione, se non di fronte all'assurda gelosia del marito che le chiede perché lo ha sposato, facendola prorompere in un "forse per quegli occhi da vitello o per quella ridicola fossetta che hai sul mento o forse sapevo che mi avresti portata in questo frigorifero da 38 mila dollari". È, però, anche un'inaccontentabile selezionatrice di carta da parati. Durante i lavori, infatti, va avanti per molto tempo a spiegare le giuste tonalità dei colori nelle diverse stanze, desiderando per le pareti del salotto un "verde soffice [...] giallo-verde-grigiastro"; la stanza da pranzo gialla, "ma non un giallo qualunque, un giallo molto allegro, come fosse un raggio di sole"; in anticamera il soffitto deve riprendere un "piccolo puntino bluastro, tra il bocciolo di rosa e quello della delpinia"; la cucina "non di un bianco freddo antisettico da ospedale, ma un po' più caldo, però non tanto da far supporre che non sia bianco"; lo spogliatoio "un rosso mela, una cosa di mezzo tra la mela wise e la mela jonathan"... il tutto, naturalmente, viene subito ridotto dal capocantiere e da uno degli operai a verde, blé (sic nella traduzione italiana), giallo, rosso, bianco.
Il film ebbe un grande successo e non solo negli Stati Uniti, dove ispirò numerosi film, tra cui Casa, dolce casa? (Benjamin 1986) con un giovanissimo Tom Hanks. In Italia, ad esempio, l'incipit sulla vita stressante della città venne riproposto, pressoché identico, nel film dell'anno seguente Totò cerca casa (Monicelli-Steno 1949; vedi); così come il discorso che Jim Blandings fa a colazione alle figlie per giustificare il proprio mestiere sembra fare da modello, anche se in versione ben più amara, per la sequenza di Finché c'è guerra c'è speranza (Sordi 1974; vedi) in cui Alberto Sordi, commerciante di armi, risponde alle critiche dei membri della propria famiglia su come si guadagna da vivere. Chissà se lo stesso Sordi, Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, autori della sceneggiatura, si ispirarono alla sequenza del film di Potter.
Un'ultima curiosità: i Blandings, in base al codice Hays, in vigore dal 1934 al 1967, dormono in due letti separati, sistemazione che permette l'iniziale gag della sveglia spenta alternativamente da entrambi, posta sul comodino tra i due letti singoli, e che poi verrà riproposta nella casa ancora non finita, quando anche dei semplici materassi a terra saranno ben distanziati l'uno dall'altro
La casa dei nostri sogni, visto oggi, mostra gli evidenti segni del tempo, ma è ancora godibile e divertentissimo. Le peripezie dei Blandings sono irresistibili, così come le sfuriate di Cary Grant contrapposte alla pacatezza di Myrna Loy e alle arguzie di Melvyn Douglas. 
Decisamente imperdibile!

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