martedì 7 gennaio 2020

La dea fortuna (Özpetek 2019)

Ferzan Özpetek tenta di fondere Pedro Almodovar e Dario Argento, ma tutto ciò che ottiene è un pastrocchio che sostituisce, in una storia d'amore da fiction retriva, le tematiche omosessuali a quelle della famiglia classica, cui aggiunge una vena horror in cui tutto appare manicheo in maniera dozzinale ed elementare (trailer).
Arturo (Stefano Accorsi) e Alessandro (Edoardo Leo) stanno insieme da quindici anni e si sono conosciuti grazie ad Anna Maria (Jasmine Trinca), amica storica del secondo e forse un tempo qualcosa di più. Proprio Anna Maria, che vive a Palestrina con i suoi figli ma senza un compagno, arriva improvvisamente nel loro appartamento a Roma, chiedendogli di badare a Martina e Alessandro per qualche giorno, poiché lei sarà impegnata in ospedale per alcuni accertamenti.
Tutto, ovviamente, si complicherà e i bambini rimarranno molto più con i due 'zii' che, complice una crisi nella loro relazione, li accompagneranno dalla nonna, la decaduta baronessa Elena Muscarà (Barbara Alberti), in Sicilia, con cui Anna Maria non ha rapporti da anni e che non è certo una donna progressista...
Ci sono tutti i cliché di Özpetek, a partire dal variegato gruppo di amici attorno ad Arturo e Alessandro, i cui componenti sono considerati dai benpensanti ai margini della società e che, oltre la coppia gay, è costituito da Esra (Serra Yilmaz), donna dell'est che ha rinunciato all'amore; Ginevra (Pia Lanciotti) e Filippo (Filippo Nigro), moglie e marito che gestiscono un negozio di ferramenta con lui che ha evidenti ritardi mentali; l'esuberante Mina (Cristina Bugatty), transgender così chiamata perché canta l'intero repertorio della Tigre di Cremona, espediente utile per la spina dorsale della colonna sonora, tra cui brilla la sua versione di Luna diamante di Ivano Fossati, purtroppo utilizzata nel momento più prevedibile dell'intero film.
Uno dei brani principali permette un fuori programma (?) sulla terrazza del quartiere tiburtino dov'è l'appartamento dei protagonisti (in via della Lega Lombarda, di fronte al cinema Jolly), in cui ballano tutti i personaggi sotto la pioggia: si tratta dell'immancabile musica turco-balcanica, Aldatildik di Sezen Aksu, durante il quale è possibile si avverta un irrefrenabile istinto, quello di sperare nell'ingresso in scena di Elio e le Storie Tese (ascolta). 
Per sentirsi pienamente in un film di Almodovar, invece, basta chiudere gli occhi un poco più avanti e ascoltare la bella Veinte Años di Isaac & Nora.
Roma fa da sfondo alla storia, anche se, dato lo sviluppo teatrale, oltre al tiburtino vediamo poco della città. La parte siciliana ha splendide location, tra cui la meravigliosa Villa Valguarnera, a Bagheria, residenza settecentesca della baronessa Muscarà.
Un discorso a parte merita Palestrina, comune dal quale il regista ha appena ricevuto la cittadinanza onoraria e il cui santuario della Fortuna Primigenia non solo determina il titolo, ma è anche il luogo in cui Alessandro e Arturo si sono conosciuti, nonché quello dove il piccolo Sandro si rivolge alla statua della dea per chiedere la guarigione la madre. Il bellissimo esterno, però, è quello della cavea del palazzo Colonna Barberini, oggi sede del museo archeologico della cittadina.
Özpetek gira un bel piano sequenza in apertura del film, che lascia ben sperare sulla tecnica registica, ma purtroppo sarà l'unico movimento della mdp a catturare lo sguardo... inutile attenderne altri. 
Anche la sceneggiatura ha alcune buone battute azzeccate, da "i principi azzurri scolorano col tempo" come Ginevra ricorda ad Anna Maria, ai bambini che precisano alla madre che quelli "non sono i nostri zii", anche se poi si affezioneranno parecchio a loro.
La tensione si fa palpabile con i primi scontri tra Arturo e Alessandro, accompagnati in parallelo da quelli tra Martina e Alessandro che si incolpano vicendevolmente per la malattia della madre.
La distanza tra i due conviventi si palesa sempre di più: Arturo è un letterato che avrebbe voluto insegnare all'università ma che, anche per amore e per comodità, si è adagiato nella coppia limitandosi a vivere di traduzioni e visite guidate, mentre è Alessandro, che fa l'idraulico, a garantire la base economica della loro relazione con il suo lavoro ed il suo appartamento.
Questi squilibri affioreranno velocemente ai primi litigi, cosicché il loro rapporto libero, che prevede avventure occasionali di tanto in tanto, entrerà in crisi quando Alessandro scoprirà che Arturo ha una relazione che va avanti da tempo con Michele, un artista che per tanti versi è più vicino ai suoi interessi.
A stemperare gli scontri ancora un paio di buone linee di sceneggiatura: Alessandro propone "chiudiamola civilmente" prima che l'ennesimo litigio degeneri in una scenata, ma anche lo splendido "voi siete già vecchi" che Martina rivolge ad Arturo preoccupato di non poter invecchiare al fianco di Alessandro in caso di rottura.
Nonostante gli inserti al passo coi tempi, che sarebbe bello pensare possano far presa sull'immaginario collettivo italiano rispetto a questioni relative alle coppie di fatto, all'affidamento dei minori (anche ai "soli amici"), all'assistenza durante le malattie, ecc., la spicciola e banale logica dei buoni sentimenti viene fuori con prepotenza.
Non bastano, pertanto, le discrete prove degli attori, anche se Leo che imita Accorsi in romagnolo è davvero divertente e far dare proprio ad Accorsi, che iniziò la sua carriera con uno spot sui gelati, la raccomandazione di non mangiarne troppi ai due bambini, è una scelta che strappa sorrisi. 
Il film, però, dopo una prima parte che incuriosisce, va sempre più a fondo e raggiunge momenti ai limiti del comico nella parte finale, laddove la vena horror fallisce miseramente, trasformando tutti i personaggi coinvolti in macchiette risibili, proprio nel momento in cui lo spettatore dovrebbe maggiormente empatizzare con loro.
Speriamo che la pellicola possa servire a sensibilizzare gli spettatori sui temi dell'inclusione, del gender e contro il razzismo, ma per il cinema vero meglio rivolgersi altrove. 

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