domenica 18 agosto 2019

La ragazza con la pistola (Monicelli 1968)

Un Monicelli tagliente, ironico, politicamente scorretto, ma diverso.
La ragazza con la pistola è lontano da gran parte di ciò che identifichiamo come monicelliano. La vicenda narrata sembra essere più nelle corde di registi come Pietro Germi e Antonio Pietrangeli, ma il cineasta romano non sfigura affatto in una storia in cui si uniscono condizione femminile e mentalità dell'Italia meridionale contrapposta a quella inglese, in chiave comicamente parossistica. Cosa avrebbe potuto stridere maggiormente dell'accoppiata Sicilia tradizionalista e reazionaria e l'Inghilterra portabandiera della modernità e del cambiamento dei costumi in quell'epoca nevralgica alla fine degli anni Sessanta?

Complice del possibile straniamento degli spettatori amanti del regista è soprattutto l'ambientazione anglosassone, voluta dall'autore del soggetto, Rodolfo Sonego, che già ne Il diavolo (Polidoro 1963) con Alberto Sordi aveva spostato l'azione in Svezia. Non per questo, però, il film può essere considerato  meno commedia all'italiana di altri, tanto più che alla sceneggiatura, con Monicelli e Sonego, lavorò anche Luigi Magni, ennesima garanzia alla riuscita finale.
Assunta Patanè (Monica Vitti) è una bella ragazza di un paesino siciliano, dove uomini e donne crescono rigidamente separati e sin dall'adolescenza sono costretti a guardarsi dalle finestre o dalle terrazze, dove si ritrovano a ballare con i coetanei dello stesso sesso, immaginando però di farlo con qualcuno del sesso opposto.
In questo stato di cose, per i ragazzi è il rapimento, con conseguente "fuitina", l'unica possibilità di avvicinarsi e conquistare una ragazza. Ed è così, infatti, che Vincenzo Macaluso (Carlo Giuffrè) riesce ad ottenere una notte con Assunta. Entrambi lo desiderano, ma il gioco delle parti prevede che lui la tratti con sufficienza, considerandola un ripiego (?) alla cugina Concetta, ben meno avvenente e nota come "la chiatta", e lei faccia di tutto per opporsi al sesso perché, come dirà più avanti, "il vero uomo ci deve provare, la vera donna si deve difendere". Assunta, però, al mattino rimarrà da sola e, ormai "disonorata", non le basterà tornare e dichiarare "colla forza mi prese, ma io gli resistetti: fredda come il mammo fui!", cosicché, tra farsi monaca, tuffarsi in mare con una pietra al collo o lasciare la Sicilia, sceglierà la terza possibilità e raggiungerà il Regno Unito, forse la realtà più distante da quella in cui è nata e vissuta fino ad allora...
Il film, in effetti, dopo questa lunga premessa, vede partire i titoli di testa proprio nel momento in cui la protagonista è in stazione per prendere il treno. Le sue peripezie la porteranno a peregrinare nella penisola, dapprima a Edimburgo, per poi andare a Londra, Sheffield e Bath, fino a Brighton.
L'obiettivo è quello di vendicare il proprio onore, perché non avendo padre né fratelli, cui spetterebbe l'incombenza, è lei stessa a doverci pensare. La pistola del titolo, infatti, è quella che porta con sé nella capitale scozzese, dove raggiunge il Capri Restaurant, ristorante italiano dove Vincenzo lavora, ma che riuscirà a non farsi vedere all'arrivo di Assunta. Col tempo, il paradossale inseguimento diventerà sempre più secondario nella vita della ragazza, che pian piano si adatterà alle logiche britanniche.

Monicelli sfrutta le clamorose lontananze culturali e sociali per creare le condizioni perfette per situazioni da commedia. Solo per citarne alcune, Assunta si ritrova ad accettare un impiego da donna di servizio, ma esce di casa quando la padrona di casa non c'è e dovrebbe rimanere da sola con il marito; ed è nella stessa casa che riceve una telefonata da Vincenzo, che si trasforma in uno spettacolo per gli ospiti dei suoi datori di lavoro. È comico anche il modo con cui Assunta entra in relazione con i ragazzi che incontra sul suo cammino, a partire da John, un giocatore di rugby che si offre di aiutarla e che prima viene spinto a picchiare un uomo che l'ha notata, e poi, dopo aver rispettato il suo volere, viene offeso perché guardare la tv mentre è solo in casa con lei significa non essere uomini: "tu uomo, io donna, nessuno in casa e tu look tv?".
Vincenzo, nel frattempo, per liberarsi di Assunta inscenerà persino la propria morte, con tanto di tomba, in un'altra sequenza divertentissima nella quale, nei panni di uno degli amici che danno la triste notizia alla ragazza, compare Tiberio Murgia, l'indimenticabile Ferribbotte de I soliti ignoti (Monicelli 1958).  Assunta si dispera, ma in fondo lo fa per sé e per l'impossibilità di riparare l'onta subita: "io disonorata rimango ... lo dovevo uccidere con le mani mie ... ora come faccio? Chi me lo ridà l'onore a me?" è la serie di frasi che urla davanti alla lapide in un escalation davvero esilarante.
Proprio nell'ospedale in cui ha cercato invano Vincenzo, però, Assunta ha rocambolescamente donato il sangue ad un aspirante suicida per amore (Corin Redgrave) che, dopo pochi giorni, le chiede di sposarlo, una così splendida occasione di riscatto per lei, salvo poi scoprire l'omosessualità del ragazzo ad un passo dall'altare. A metterla sull'avviso il dottor Osborne (Stanley Baker), che la reputa poco più che una selvaggia, ma che, nonostante sia sposato, non può nascondere la propria simpatia per una ragazza così vitale, bella e fuori dal comune, come Assunta. Proprio quando Assunta sembra ormai essersi emancipata dalle sue origini - ha persino iniziato a lavorare come fotomodella -, Vincenzo, che l'ha evidentemente vista sui cartelloni pubblicitari e sul quale gli anni inglesi non hanno generato il benché minimo cambiamento di mentalità ("bottana eri e bottana sei rimasta"), torna a farsi vivo...

Monicelli, da sempre ritenuto un regista misogino, dimostra di poter girare un film in cui la donna è protagonista e in maniera totalizzante.
Monica Vitti è sensazionale, di fatto interpreta donne differenti pur essendo sempre Assunta: umore, pensieri, costumi, persino il modo di camminare contribuiscono alla diversificazione delle fasi di evoluzione del personaggio. La sceneggiatura, inoltre, le fornisce battute che le permettono di regalare al pubblico una prova comica magistrale, più volte giustamente paragonata all'esperienza di Vittorio Gassman ne I soliti ignoti: come allora, Monicelli ottenne da un attore, che per il pubblico era indissolubilmente legato a ruoli drammatici (si pensi che la Vitti veniva soprattutto da Antonioni, ma anche da Blasetti e Roger Vadim), una riuscitissima prova da commedia. E non a caso sarà La ragazza con la pistola a dare il la all'inserimento di Monica Vitti come quinto colonnello - e unica donna - della commedia all'italiana, dopo lo stesso Gassmann, Sordi, Tognazzi e Manfredi.
Assunta è sorprendente per tutti, i personaggi che le gravitano attorno e gli spettatori che la osservano, cosicché ad esempio può dire "cambiai molto profondamente", riferendosi al proprio passato, ma subito dopo "che me ne faccio della mia libertà? Incatenata a te voglio stare". Imprevedibile, sanguigna, passionale, ma allo stesso tempo a tratti, per dovere di donna del sud, deve reprimere tutto questo, tornando rigida, quasi monacale.
Se Monica Vitti, romana, imparò in qualche modo a recitare in siciliano, lo stesso avvenne per il napoletano Carlo Giuffrè, che sostituì Adriano Celentano, scelto per la parte, ma che alla fine rifiutò per interpretare Serafino (Germi 1968). La Vitti divenne uno dei grandi nomi della commedia italiana, Giuffrè uno dei seduttori siciliani della commedia sexy ani '70.
Le location inglesi permettono a Carlo di Palma di dare il meglio di sé. Il direttore della fotografia, che proprio dal 1968 diverrà il compagno di Monica Vitti, conosciuta quattro anni prima sul set di Deserto rosso (Antonioni 1964), si esalta con i toni rossi delle abitazioni della working class di Sheffield, dove vive John; con i vestiti optical indossati dalle donne; con le acconciature, che la stessa
Assunta utilizza, una volta abbandonato il rigore d'origine. La sua pettinatura iniziale, peraltro, rappresenta una delle curiose casualità della pellicola, poiché fu frutto di un errore che le fece indossare una parrucca al contrario, ma che convinse ancora di più Monicelli.
Per quanto riguarda invece le scene italiane, il piccolo paesino siciliano, in realtà, è "interpretato" dal pugliese Polignano a mare e in parte da Conversano, entrambi in provincia di Bari; così come il molo di Brighton è invece il porto di Ancona.

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