martedì 14 maggio 2019

Saluto a Doris Day (3/4/1922 - 13/5/2019)

Per tutti i cinefili, Doris Day è soprattutto Jo Mckenna che, mentre rifa il letto nella camera d'albergo in Marocco, canta questa canzone al figlio Hank in L'uomo che sapeva troppo (1956). Uno di quei momenti iconici della storia del cinema e una delle sequenze più rilassanti e spensierate dell'intera filmografia di Alfred Hitchcock.
Doris Mary Anne Kappelhoff era nata ben 97 anni fa in un sobborgo di Cincinnati, da genitori tedeschi immigrati dopo la Prima guerra mondiale. La madre Alma Sophia Welz era casalinga, il Wilhelm Kappelhoff insegnante di musica e canto, un dettaglio non poco rilevante per la carriera della figlia, chiamata Doris in omaggio all'attrice Doris Kenyon... altro segno per il suo futuro. 
Eppure l'inizio non era stato dei migliori: da adolescente, Doris aveva studiato danza, ma nel 1937 un incidente stradale ne compromise per sempre la carriera di ballerina. E fu proprio da quest'evento sfortunato che si avviò la sua carriera: prese lezioni di canto e iniziò a lavorare nelle radio locali; ingaggiata dall'orchestra di Barney Rapp, prendendo spunto dal titolo della canzone Day by Day, le venne suggerito di usare Day come nome d'arte al posto del complicato Kappelhoff. 
Il grande successo arrivò durante la Seconda guerra mondiale, quando A Sentimental Journey divenne uno dei motivi più fischiettati dalle truppe statunitensi, brano che ha permesso alla cantante di aggiudicarsi il Grammy Hall of Fame nel 1998.
Poco dopo la guerra, Doris entrò nel mondo del cinema: nel 1948 firmò per la Warner Bros ed esordì, diretta da Michael Curtiz, in Amore sotto coperta, dove tra l'altro cantava It's magic. Con lo stesso regista girò anche Chimere (1950), al fianco di Lauren Bacall e Kirk Douglas.
E poi, ovviamente, le commedie musicali, come Tè per due (1950), La ninna nanna di Broadway (1951) e Aprile a Parigi (1952), tutte dirette da David Butler, ma soprattutto il musical in versione western Non sparare, baciami! (1953), dove interpretò una Calamity Jane canterina.
Il passaggio alla MGM la consacrò come uno dei grandi nomi di Hollywood: in Amami o lasciami (Vidor 1955), fu la cantante Ruth Etting accanto al grande James Cagney; in Il gioco del pigiama (Abbott - Donen 1957) tornò al musical; nel mezzo il capolavoro, il già citato L'uomo che sapeva troppo.
In seguito si specializzò nelle commedie sentimentali: dal sodalizio con Rock Hudson, con cui fece coppia ne Il letto racconta (Gordon 1959; unica nomination all'Oscar per Doris), in Amore, ritorna! (D. Mann 1961) e in Non mandarmi fiori (Jewison 1964), a Il visone sulla pelle (D. Mann 1962), dove resisteva a Cary Grant, solito scapolo indomabile, per concedersi solo dopo il matrimonio. Ed è proprio in questa veste, di vergine di ferro, che Doris Day è passata alla storia, un ruolo che venne cavalcato dai suoi manager e che le è valso il soprannome di "vergine di professione", che non si è mai più scrollata di dosso, e che ha affiancato quello altrettanto popolare di "fidanzata d'America". Celebre la battuta su di lei del pianista Oscar Levant, "io la conoscevo prima che diventasse vergine".
Recitò in seguito con Jack Lemmon in Attenti alle vedove (Quine 1959), fu Kitty Wonder nel musical circense La ragazza più bella del mondo (Walters 1962), e sostituì Marylin Monroe in Fammi posto tesoro (Cukor 1963).
Si ritirò dal cinema appena quarantaseienne, nel 1968, dopo aver rifiutato il ruolo che poi fu di Anne Bancroft ne Il laureato (Nichols 1967), troppo lontano da quella che era stata la sua immagine per anni.
Da allora passò alla televisione con The Doris Day Show (1968-73), e con Doris Day’s Best Friends (1985), passato alla storia perché mostrò in tv Rock Hudson malato di Aids (vedi). Altra grande passione sarà l'impegno per la protezione degli animali, per cui ha fondato la Doris Day Animal League.
Doris Day, a differenza dello stereotipo interpretato quasi costantemente, nella vita reale si è sposata quattro volte: con i musicisti Al Jorden, trombonista (1941-43), e George William Weidler, sassofonista (1946-49); con il manager Martin Melcher (1951-68); e, infine, con il restauratore Barry Comden (1976-82).
Di Doris Day si parlerà molto in questi giorni e se ne tornerà a parlare sicuramente a breve, con l'uscita a Cannes del nuovo film di Quentin Tarantino, C'era una volta a... Hollywood, che racconterà del massacro di Charles Manson a Bel Air. Quando vi persero la vita Sharon Tate e altri quattro amici, la villa di Cielo Drive costruita per Michèle Morgan era stata venduta a Roman Polanski pochi mesi prima proprio dall'unico figlio dell'attrice, Terry Melcher, avuto dal primo marito, adottato dal terzo. Secondo alcune piste investigative sarebbe dovuto essere proprio lui l'obiettivo di Manson, rifiutato come musicista dalla Columbia Productions dallo stesso Terry.
Anche il figlio di Doris Day, però, morto nel 2004, non le è sopravvissuto, e in questo momento è difficile non associare a lei una delle più belle battute recitate da François Truffaut ne La camera verde, "a un certo punto si conoscono più morti che vivi".

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