domenica 10 marzo 2019

Il corriere - The Mule (Eastwood 2018)

"Non sono mai stato un uomo da piano B". Con questa frase Earl, il vecchio uomo burbero, politicamente scorretto, non esattamente irreprensibile dal punto di vista etico, eppure adorabile protagonista del film, risponde su cosa farà ora a chi gli sta pignorando casa.
La stessa frase si adatta perfettamente allo stesso Clint Eastwood, che interpreta quel personaggio e che, a 90 anni, è tornato non solo dietro la mdp, ma anche davanti dimostrando di non poter vivere senza cinema. Impossibile guardare il suo ultimo film senza questa premessa, perché in sala ci si pensa ad ogni momento, ad ogni sequenza.
Nella piccola città di Peoria, in Illinois, Earl Stone (Clint Eastwood) è un anziano venditore di fiori, che da anni ha rotto con la moglie Mary (Dianne Wiest) e la figlia Iris (Alison Eastwood). Così è sua nipote Ginny (Taissa Farmiga) che sta provando a recuperare il rapporto con lui. Ed è proprio alla festa di fidanzamento della ragazza che uno degli invitati, colpito che dopo tanti anni di guida Earl si vanti di aver attraversato quarantuno dei cinquanta stati senza mai incappare in una multa, gli propone di lavorare per un suo amico effettuando consegne.
Earl non si cura molto di cosa venga caricato sul suo vecchio pick up Ford, ma in poco tempo non solo recupererà la casa, ma acquisterà un nuovo pick up all'ultimo grido. Il lavoro va a gonfie vele e nemmeno gli agenti della DEA, Colin Bates (Bradley Cooper) e Trevino (Michael Peña), riescono a venire a capo di come tanta droga stia arrivando a destinazione. Persino il boss Laton (Andy García) chiede di conoscere questo incredibile corriere...
Clint come Earl Stone e Leo Sharp
Il film si ispira ad una storia vera, poiché nel 2011 davvero venne arrestato Leo Sharp, novantenne coinvolto nel trasporto di droga per il cartello di Sinaloa. I diritti del servizio giornalistico del 2014 a firma di Sam Dolnick (leggi) vennero subito acquistati ad Hollywood e Nick Schenk fu incaricato di scrivere la sceneggiatura. È, invece, presto tramontato il progetto di far dirigere la pellicola a Ruben Fleischer, rimasto nella produzione, in cui dal 2018 sono intervenuti anche lo stesso Clint Eastwood, con la sua Malpaso Production, e la Warner Bros. Va ricordato, peraltro, che Schenk oltre a Gran Torino proprio per Eastwood (2008), ha scritto anche due episodi della serie tv Narcos (2015), che tanto ha a che fare con droga e DEA.
L'azione ruota completamente intorno a Earl, per mentalità e modus vivendi lontanissimo dai tempi in cui è ambientata la storia. Si chiede più volte "internet, a chi serve?"; prende in giro un uomo che non sa cambiare una ruota alla propria auto e che non riesce a impararlo sul tutorial di youtube perché il telefono non ha campo ("è il problema di questa generazione, non sapete aprire una lattina senza chiedere a internet"); proprio a quell'uomo dice, senza rendersi conto dell'offesa, "mi fa piacere dare una mano a voi negri", così come apostrofa i messicani "mangiafagioli".
Nonostante tutte queste scorrettezze verbali e non solo, però, resta un nonno esperto e prodigo di consigli e non trova nulla di strano nel fare la morale a uno dei malviventi con cui viene in contatto, a cui dice "dovreste pensare di più a godervi la vita".
Le battute di Earl sono molte e contrastano sempre con la situazione: l'età del personaggio e il fatto che si tratti di "Clint", le rendono perfette. Dà del führer a chi vorrebbe impartirgli ordini; quando arriva nella grande villa di Laton, tra belle donne, ricchezza e cibo a volontà, dice subito al padrone di casa "chi bisogna uccidere per un posto così?", sentendosi rispondere "molta gente", con un ghigno che sa evidentemente di sincerità, e davanti a due bellissime gemelle che servono al bar chiede "qualcosa di doppio".
In qualche modo Eastwood è sempre Joe di Per un pugno di dollari, il biondo di Il buono il brutto e il cattivo e l'ispettore Callaghan, cinico e apparentemente impassibile, a cui ora aggiunge l'autoironia, cosicché, quando si ritrova in una camera da letto con due splendide ragazze, "regalo" di Laton per i suoi servizi, prorompe in un alleniano "devo chiamare il cardiologo".
Nella sceneggiatura c'è spazio anche per riabilitare un marito e un padre mediocre che in gioventù non era mai vicino alla famiglia e che ora, invece, riesce a trovare il tempo per stare a fianco alla moglie malata, proprio quando i suoi datori di lavoro sono i più pericolosi che abbia mai avuto.
Bella la colonna sonora (ascolta), che alterna brani malinconici ed epici come Don't let the old man in (Toby Keith), al jazz di Moody's Mood for Love cantata da King Pleasure, al country di On the road again (Willie Nelson), o Cool water, nella versione di Nellie Lutcher, canzone recentemente recuperata anche dai fratelli Coen per La ballata di Buster Scruggs, e che parla di un uomo nel deserto con il suo mulo, The mule appunto. La musica diventa anche comicamente intradiegetica, quando Earl ascolta e soprattutto canta in auto pezzi come Ain't That A Kick In The Head di Dean Martin, mentre chi lo segue prova a carpire vanamente qualche suo segreto attraverso una cimice nell'abitacolo.
Inutile cercare la regia de Gli spietati, di Mystic River o di Million Dollar Baby in questo The mule, è del tutto ordinaria e non certo memorabile, quello che conta è l'icona Clint Eastwood e la voglia che ha ancora di stare dietro e davanti alla mdp! 

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