venerdì 28 settembre 2018

Non-fiction (Assayas 2018)

Premessa. Il film, tre mesi dopo questa recensione, a dicembre, è uscito in Italia con il terribile titolo de Il gioco delle coppie ed è stato pubblicizzato con uno slogan ancora peggiore: "la commedia parigina ai tempi di whatsapp". Siamo ai livelli di Non drammatizziamo... è solo questione di corna per Domicile conjugal di François Truffaut (1970). Certe pessime abitudini faticano a cambiare...

Editoria, intellettuali, amori, tradimenti. Sembra un film di Eric Rohmer l'ultimo lavoro di Olivier Assayas, presentato alla recente mostra del cinema di Venezia, e in uscita nelle sale il prossimo 29 novembre. Una commedia dalla verbosa leggerezza rohmeriana, con pochi personaggi, e che nel titolo originale conserva l'hitchcockiano motivo del doppio - Doubles vies -, annullato in quello scelto per la distribuzione internazionale, che pesca un'espressione nata negli ultimi decenni per definire un macro genere letterario che si pone sul crinale liminale tra invenzione e realtà, dando maggiore spazio a quest'ultima.
Léonard (Vincent Macaigne) è uno scrittore in difficoltà: il suo ultimo romanzo, Punto finale, viene rifiutato dall'editore Alain (Guillaume Canet), con cui oltre il rapporto di lavoro ha un rapporto di amicizia, che coinvolge anche le rispettive compagne, Valérie (Nora Hamzawi), che lavora al fianco di un politico, e Selena (Juliette Binoche), attrice di una serie tv di bassa qualità molto apprezzata dal pubblico generalista.
Viviamo in un tempo in cui "ci sono meno lettori, più libri", dice Alain a Léonard per giustificare il suo rifiuto, e anche per gli editori la situazione non è facile: bisogna fronteggiare l'avanzamento del digitale, il potere dei social network, di internet in generale, responsabile della diffusione della post-verità, e dove "ognuno legge quello che conforta la propria opinione", per cui la valenza dell'oggetto libro è sempre più in discussione.
Dal canto loro, gli scrittori devono fare i conti con la sfasatura temporale di cui sono vittime ("quando si scrivono libri si è sempre sfasati rispetto all'epoca"), ma anche con le fonti della propria ispirazione che, sincera o meno, si rifa sempre alla propria vita personale, più o meno modificata, "offuscata da una coltre di fumo", razziata per nutrire il proprio narcisismo. Quest'ultimo è il nodo centrale della narrazione e, non a caso, uno dei protagonisti inanellerà, in rapida sequenza, una serie di battute che confermano il concetto non dando scampo nemmeno a chi, come sua moglie, crede di non esserne affetta: "siamo tutti narcisisti [...] è un'epoca di narcisismo [...] il tuo radicalismo non è meno narcisista". 
E narcisistica è anche la scelta di Selena, attrice combattuta tra la sua formazione teatrale e di grande impegno ma che, per sua stessa ammissione, non avevano molto seguito, e il successo televisivo, ottenuto con una serie tv poliziesca piuttosto dozzinale (Collusion), che però le ha dato grande notorietà, consapevole che "le serie hanno sempre una buona critica".
A questa incertezza professionale fa da contraltare la necessità spasmodica di ottenere consensi nella sfera privata, un bisogno che si traduce in relazioni parallele che, come in piena tradizione della commedia, incrociano i personaggi della storia e situazioni divertenti: Léonard vede Selena; Alain una giovane collega specializzata nell'editoria digitale; Valérie appare invaghita del suo datore di lavoro, che ha idealizzato ben più di quanto meriti e che, peraltro, viene colto in flagrante dalla polizia mentre è con una prostituta.

Diverse le citazioni. Tra queste spiccano quella letteraria di Alain che fa riferimento a Tomasi di Lampedusa e al "tutto cambi perché nulla cambi" di gattopardiana memoria, che reputa più attuale oggi di cinquant'anni fa; e quella teatrale di Selena, che ricorda se stessa nei panni di Fedra quando recitava in maniera molto più rilevante. E poi quelle cinematografiche. Alain prende come esempio Luci d'inverno (Bergman 1963) per paragonare la sequenza del sacerdote, interpretato da Gunnar Björnstrand, che celebra messa in una chiesa quasi vuota con la situazione dell'editore al giorno d'oggi, che si ostina a stampare libri che rischiano di non essere letti. E così, in uno degli slittamenti più buffi tra reale autobiografia e romanzo, Léonard racconta di aver ricevuto del sesso orale in una sala cinematografica durante la visione de Il nastro bianco (Haneke 2009), invece che Star Wars. Il risveglio della forza (Abrams 2015), per dare un tono al personaggio del suo libro,  ma incorrendo nelle critiche di chi associa l'eccitazione alla materia dello splendido film di Michael Haneke che racconti i prodromi del nazismo.
La più straniante e comica, però, è indubbiamente quella in cui viene ipotizzata la produzione di un audiolibro, altra tendenza del momento, a partire dal romanzo di Léonard, con il coinvolgimento di un vip: il nome fatto è quello di Juliette Binoche, proprio davanti a Selena, che risponde di poter fornire il numero della segretaria dell'attrice.
Assayas gioca, si diverte, e con lui gli attori, in un film che può essere considerato minore all'interno della sua produzione, ma che, come capita quasi sempre di fronte ad autori come lui, resta ampiamente sopra la media per riflessione, impegno, implicazioni filosofiche, sociali e tanto altro ancora.

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