giovedì 9 ottobre 2025

Duse (Marcello 2025)

Pietro Marcello, dopo aver adattato al suo sentire la letteratura, con Martin Eden (2019) e soprattutto con il bellissimo Le vele scarlatte (2022), fa la medesima cosa al suo quarto lungometraggio con la storia. Così, anche nel film presentato a Venezia, gli ultimi anni di Eleonora Duse vengono letti in forma personale e di lei percorriamo più i possibili sentimenti e pensieri che le vicende reali. 
"Non ho mai avuto così freddo", dice la grande attrice - interpretata da un'ottima Valeria Bruni Tedeschi - in una delle ultime battute del film, ormai vicina alla morte, che nella realtà avvenne a Pittsburgh, il 21 aprile 1924, durante una tournée statunitense, per l'aggravarsi di una polmonite (trailer). 
Duse, però, a Venezia visse sin dal 1894, anche se la storia del film riguarda un periodo successivo. La sceneggiatura, infatti, ci dice che l'attrice ha lasciato i palchi da dieci anni, cosa che fece a partire dal 1909, ma l'elemento che permette di datare meglio il contesto è quello che il montaggio alterna alle sequenze veneziane: i filmati del viaggio del Milite Ignoto, partito da Aquileia il 29 ottobre 1921. 
Anche la relazione di Eleonora con Gabriele D'Annunzio (Fausto Russo Alesi) è ormai finita da tempo e le parole su di lui, che proprio l'attrice ha contribuito a rendere così famoso, sono di biasimo: "ha sbagliato armi", "doveva avere più fiducia nella poesia". 
Al momento l'attrice è costantemente affiancata dalla propria assistente, Désirée Von Wertheimstein (Fanni Wrochna), personaggio di cui non si conosce pressoché nulla se non che fosse un'amica di Enrichetta (Noémie Merlant), la figlia di Eleonora, e un'appassionata di teatro che l'attrice considerava come una seconda figlia. Marcello gioca su questi pochi dati e, pur se resta sullo sfondo, mostra una forte rivalità tra le due ragazze.
Il mascherone di villa Aldobrandini a Frascati
Tra l'altro, Désirée ed Enrichetta si contrappongono a favore e contro l'idea di Duse di tornare in scena, nonostante le precarie condizioni di salute. Eleonora, però, al grido di "la volontà è tutto", ha ormai deciso e le sue fasi oniriche ce lo confermano, mostrandola davanti a un enorme grotta/mascherone, che è nella realtà quello di Villa Aldobrandini a Frascati, molto simile all'orco di Bomarzo.
Le location della pellicola, però, sono soprattutto quelle di Venezia, e su tutti il Museo Fortuny dell'omonimo palazzo, che fu palazzo Pesaro degli Orfei nel XV secolo. All'interno, negli anni in cui è ambientato il film, ci vive ancora Mariano Fortuny (Marcello Mazzarella), l'artista di Granada, che vi si stabilì nel 1889 e che fu anche stilista e scenografo per la stessa Duse. 
Il giardino d'inverno di Palazzo Fortuny
I due, infatti, in alcune sequenze parlano all'interno del salone principale di quello che dal 1975 è un museo intitolato allo spagnolo, mentre Eleonora prova gli abiti di scena, in piedi su un plinto. Sul fondo si riconoscono le polifore gotico-fiorite del palazzo e la copia in gesso della statua dell'Antinoo dei Musei Capitolini, capolavoro della scultura classica trovato a Villa Adriana a Tivoli all'inizio del '700.
La scenografia di Gaspare De Pascali non perde l'occasione di sfruttare anche il bellissimo giardino d’inverno che lo stesso Fortuny decorò dal 1915 agli anni '40, con un'intelaiatura di carta montata su teleri montati a parete dipinti con piante e animali esotici, allegorie e figure fantastiche, che lo rendono uno degli ambienti più affascinanti del palazzo. 
Eleonora e Désirée con la chiesa dei Gesuiti di Venezia sullo sfondo
Venezia è naturalmente anche rappresentata dai teatri, con il Goldoni e La Fenice con il suo leone di San Marco che spicca sul palco reale; da chiese, come la barocca Santa Maria della Salute e Santa Maria Assunta, da tutti conosciuta come i Gesuiti, di cui vediamo la statua di San Matteo e l’angelo, opera di Paolo e Giuseppe Groppelli, in una nicchia della facciata settecentesca; e di palazzi, come quello Contarini Polignac a Dorsoduro e Palazzo Donà delle Rose, lungo Fondamenta Nuove.
Proprio qui risiede nella finzione Eleonora Duse, che infatti vediamo arrivare in barca o conversare a un tavolino con i suoi ospiti di fronte all'isola di San Michele, ben riconoscibile per le mura in laterizio in cui si aprono le trifore marmoree che caratterizzano l'omonimo cimitero della città.
Al ritorno in scena della diva, per L'araba fenice di Ibsen, a teatro ci sono Mussolini ma anche Sarah Bernardt, che ha appena interpretato La donna del mare dello stesso autore norvegese, mentre D'Annunzio fa recapitare per l'occasione a Eleonora una copia del suo Notturno (1916).
E sarà proprio su imbeccata della grande attrice francese, critica nei confronti del teatro italiano che mette in scena solo classici e storie "morte", che Duse proverà a passare al teatro contemporaneo. Per farlo si affiancherà a un autore vivente come Giacomo Rossetti Dubois e a un produttore cinematografico romano, Saturnino Cicillo, entrambi personaggi di fantasia. Una curiosità su quest'ultimo però, perché di lui la sceneggiatura gli fa ricordare di aver prodotto Cenere (1916), che nella realtà fu l'unico film interpretato da Eleonora Duse nella sua carriera. I due porteranno l'attrice a un fallimento totale con Ecuba delle trincee, una pièce altrettanto inesistente come il suo autore, che fonde la mitologia greca con la retorica bellica dannunziana. E proprio D'Annunzio difenderà Eleonora Duse, colpendo Rossetti Dubois, non esitando a definirlo "cicisbeo con due cognomi e nessun talento".
Eleonora ed Enrichetta
Tra finzione e realtà la storia di Duse arriva anche a Roma, al vitalizio offertole da Mussolini insieme alla promessa di costruire un nuovo grande teatro. E poi anche a Londra, dove vive Enrichetta con i figli e dove da brava nonna Eleonora legge la fiaba di Pinocchio ai nipotini, ma con troppa verve interpretativa... la finzione nel suo caso a volte è più reale della realtà. Non a caso, proprio Enrichetta in una lettera d'addio, tempo prima, l'aveva apostrofata "maestra della finzione".
"Non aspettare domani, cogli oggi le rose della vita". Pietro Marcello così riassume la fine decadente dell'Ottocento e l'inizio del fascismo, la sua personale Duse al tramonto (e senza successi) è un simbolo per raccontare la discesa nichilista verso l'abisso, che non porterà con sé nulla di buono...

Nessun commento:

Posta un commento