Il film racconta quanto avvenuto il 29 gennaio 2024 all'interno della striscia di Gaza, quando l'auto di una famiglia palestinese è stata aggredita dall'esercito israeliano e la piccola Hind Rajab, Hanood, è stata l'ultima a morire (trailer).
Ben Hania costruisce la sua pellicola - in un esperimento mai tentato prima d'ora - attorno alla reale telefonata in cerca di soccorsi proveniente da quell'auto. Circa settanta minuti di registrazione, in più chiamate, che di fatto hanno costituito la parte principale della sceneggiatura e su cui sono stati impostati i ruoli degli attori.
L'incredibile risultato, a metà tra documentario e finzione, ha convinto tutti, soprattutto i grandi nomi che dopo averlo visto ne sono diventati i produttori esecutivi: Alfonso Cuarón, Jonathan Glazer (il regista de La zona d’interesse) Rooney Mara, Joaquin Phoenix, Brad Pitt.
Il rigore assoluto e claustrofobico della messa in scena, accompagnato da una mdp mai ferma, accresce l'atmosfera kafkiana: la storia è narrata attraverso la telefonata e l'interazione tra gli addetti della sede palestinese della Mezzaluna Rossa che, con Croce Rossa e Cristallo Rosso, costituisce la più grande organizzazione umanitaria al mondo.
I volti dei protagonisti si sovrappongono alle linee della voce di Hanood sullo schermo. Della scena di guerra a Gaza, invece, non vediamo nulla - se non qualche immagine reale dopo la fine del film -, ma sentiamo tutto attraverso il telefono e la voce di Hind, che a cinque anni prova a descrivere ciò che sta vivendo, dopo che gli zii, i cugini e la sorella sono stati crivellati di colpi all'interno dell'auto in cui lei è ancora nascosta.
Omar è il primo a raccogliere la telefonata e ad ascoltare, impotente, il terribile "ci stanno sparando" della quindicenne Liyan Hamada, seguito dagli spari dei soldati e quindi dal silenzio. È lui poi a parlare con la piccola Hind, la cugina di Liyan, che, pur se spaventata, inizialmente appare lucida, ma dopo un po' rivela il suo reale stato dando risposte sconnesse, ripetendo che la sorella sta dormendo e, poco dopo, che gli zii e i cugini sono lì di fianco coperti di sangue.
Quanto è accaduto è ora più chiaro e Omar (Motaz Malhees) viene affiancato dalla collega di grado superiore, Rana (Saja al-Kilani), anche se entrambi devono rendere conto a Mahdi ('Amir Hulayhil), l'unico ad avere un rapporto diretto con la Croce Rossa.
La situazione è al limite: per Omar è a disposizione il sostegno psicologico, anche se gli si fa notare di essere formato per tutto quello. La tensione accende gli animi, il rimpallo di competenze tra Croce Rossa e Ministero della Salute porta a inevitabili accessi d'ira contro chi deve decidere se intervenire e come, con quali tempistiche, ecc.
Omar non si dà pace ed esplode con rabbia, poi è la volta di Rana, che dopo aver tranquillizzato e fatto pregare Hanood per farla sentire al sicuro crolla per il senso d'impotenza, e quindi Mahdi, che si chiude in bagno nell'attesa di un via libera che sembra essere la soluzione, ma che invece è solo l'anticamera dell'ennesimo dramma.
Omar non si dà pace ed esplode con rabbia, poi è la volta di Rana, che dopo aver tranquillizzato e fatto pregare Hanood per farla sentire al sicuro crolla per il senso d'impotenza, e quindi Mahdi, che si chiude in bagno nell'attesa di un via libera che sembra essere la soluzione, ma che invece è solo l'anticamera dell'ennesimo dramma.
L'unica volta in cui le immagini ci mostrano uno spazio diverso dagli uffici della Mezzaluna Rossa è per un'ellissi narrativa che mette in immagine i desideri di Rana che, grazie alla psicologa, "vede" la sabbia di una spiaggia di Gaza e "sente" la risacca del mare e i garriti dei gabbiani, un sonoro che farà da sottofondo anche ai titoli di coda. La poesia in quelle immagini c'è, ma la sostanza è tutt'altra e, alla fine, vedere i volti reali di coloro che hanno vissuto quell'esperienza e, soprattutto, l'auto crivellata di colpi e le salme avvolte nei tessuti, ci lascia solo un senso di sconfitta e di impotenza totali.
E pensare che, con l'ironia di una tragica sorte, la scuola materna frequentata da Hind si chiamava "La felicità dell'infanzia", la stessa che la regista ci mostra nei pochi fotogrammi in cui vediamo la piccola giocare e ridere insieme al fratello in una pozzanghera.
Forse è impossibile cancellare l'odio tra israeliani e palestinesi, e ancora di più interrompere la logica che il più potente annichilisca il più debole, di certo il film di Ben Hania certifica quanto sia disumana l'ineluttabilità di tutto questo.
Un cinema necessario, un cinema che non è più cinema, un'atmosfera agghiacciante, il silenzio totale in sala.
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