domenica 22 gennaio 2023

Le vele scarlatte (Marcello 2022)

Pietro Marcello mette in immagine la poesia e, a tratti, sembra di rivedere il tocco e lo sguardo di Eric Rohmer! Realismo magico ed empatia per un film bellissimo, che scuote e commuove in pronfondità.
Dopo un classico della letteratura statunitense come Martin Eden (2019), stavolta ne adatta liberamente uno russo, Le vele scarlatte di Aleksandr Grin (1923), che ancora oggi ispira l'annuale "festa delle vele scarlatte" di San Pietroburgo, e ci regala emozioni dall'inizio alla fine inserite in una forma sublime. Come nel film precedente, in cui il riferimento all'anarchico Errico Malatesta durante la manifestazione del 1° maggio 1920 a Savona dava una chiave al film, in questo caso a svolgere la stessa funzione è la frase posta a esergo della pellicola, tratta dal romanzo, "I cosiddetti miracoli si possono compiere con le proprie mani". E sono proprio le nodose mani di Raphael (Raphaël Thiéry), un falegname artista con il volto del postino Roulin di Van Gogh, a lavorare e a creare oggetti per sostenere la sua famiglia sui generis (trailer).
Raphael e il postino Roulin di van Gogh
Pietro Marcello sposta l'azione dalla Russia alla Francia e la piccola Assol' del romanzo diventa Juliette, la neonata che Raphael, tornando dalla guerra, trova a casa con la suocera Adeline (Noémie Lvovsky). Sua moglie Marie è morta e la bambina crescerà con lui e la nonna, anche lei vedova.
I flashback della guerra con cui si apre la pellicola e che tornano qualche volta durante la storia vengono sgranati, così come un montaggio che manda avanti più velocemente la vicenda è virato in seppia. In entrambi i casi viene data sostanza fisica al differente livello narrativo. E alla guerra alludono anche i giochi dei bambini, che si combattono tra i vicoli mentre Raphael torna in paese.
Come dichiarato da Marcello, Le vele scarlatte è un film senza principe azzurro, in cui lo scarto generazionale tra Marie e Juliette (Juliette Jouan) segna un passaggio nella consapevolezza femminile. Non sappiamo come sia morta Marie, ma di certo sappiamo che è stata violentata da un uomo del villaggio, Fernand, motivo per cui gli sguardi della gente del paese nei confronti di Raphael non si limitano a quelli verso un vedovo. Indicativa la frase di Adeline sull'atteggiamento mortificato della figlia, "quando ci fanno del male, noi  ci colpevolizziamo". Non sarà più così, almeno non per Juliette che, vessata da tre ragazzi e raggiunta proprio dal figlio di Fernand, per imporle quello che suo padre aveva imposto alla madre di lei, si difenderà con forza, certa di non dover subire, una Cappuccetto Rosso che nella bocca del lupo non vuole proprio finirci.
In questo clima fiabesco, Juliette, che passeggia per la boscaglia a ridosso della riva del fiume, vestita di rosso e con una cesta in mano, viene apostrofata proprio così dai tre ragazzi. E siamo sul crinale della fiaba anche quando Raphael chiede al suo datore di lavoro un pezzo di legno avanzato, per creare un giocattolo per la figlia ancora piccola. Un falegname, un ciocco di legno... e il pensiero va subito a Collodi. Naturalmente Raphael non scolpirà un burattino, ma scoprirà di avere un certo talento e lo trasformerà nel suo lavoro, vendendo i suoi giocattoli ad un negozio in città.
C'è tanto di fiabesco anche nel personaggio di Adeline, che si sente una strega e così si autodefinisce con la piccola Juliette e con la bimba dei vicini; e da più grande anche la stessa Juliette sarà considerata una strega, dai bambini a scuola. Ma tra tutti, un ruolo speciale in tal senso è quello della maga interpretata da Yolande Moreau (che tutti abbiamo amato recentemente in Dio esiste e vive a Bruxelles, Van Dormael 2015). 
È lei, infatti, a parlare più volte con Juliette sulle rive del fiume, a raccontarle delle vele scarlatte del titolo, che la porteranno in un paese magnifico, a ricordarle che "i sogni si possono avverare" e che ad essi non bisogna mai rinunciare, nemmeno nei momenti peggiori, quelli che faranno pensare a Juliette l'esatto opposto ("non c'è più speranza, i sogni non si avverano mai"). Proprio durante un dialogo con la maga, vedremo Juliette crescere, improvvisamente, attraverso un'ellissi che dal volto di bambina ce la mostrerà adolescente.
La regia del cineasta casertano cura le inquadrature con abilità certosina, alternando carrelli, surcadrage (alcuni bellissimi che sfruttano ingressi nel paese, ovali di vetro nelle porte, finestre con ampi davanzali), riprese di tramonti, di alberi, di paesaggi, di una farfalla su una foglia, di un'ape su un fiore, sempre con un occhio ai sentimenti e uno alla resa formale.
Si impone con molta forza il tema del diverso, di chi viene emarginato e forse si emargina anche un po' dalla società, i cui pregiudizi a volte sembrano inutili da combattere. Adeline e Juliette sono sì considerate streghe, ma non fanno nulla per evitarlo, si isolano, restano in disparte; Raphael è chiuso nella sua sofferenza e quando esplode lo fa in maniera priva di controllo e il suo inevitabile odio per Fernand, dopo i funerali dell'uomo, si trasforma in emarginazione, nessuno è solidale con lui e, attraverso soggettive incombenti, Pietro Marcello ci racconta il disprezzo dei compaesani e dei colleghi che gli urlano contro di andarsene o persino "meglio se morivi in guerra". E, come detto, anche Juliette subirà quel trattamento e le verrà urlato "tornatene nella corte dei miracoli".
Tantissimi, però, a far da contraltare a tutto questo, i momenti poetici del film, a partire da Raphael che suona la fisarmonica davanti alla tomba di Marie, una semplice fossa ricoperta di pietre, alle sequenze sul lago; dall'altarino che Juliette tiene in camera in onore della madre scomparsa, in una sorta di Camera verde (1978) truffautiana portatile, al suo dialogo con una gazza sul davanzale; da Raphael che scolpisce la polena di una nave con il volto di sua moglie defunta, con l'amore e la speranza di Pigmalione, ad una sequenza di grande tenerezza in cui c'è tutto l'amore di un padre per una figlia. Si tratta della breve scena in cui Raphael aiuta a suonare alla piccola Juliette le note di Au clair de la lune, la famosa canzone popolare francese, d'origine settecentesca, che è anche la prima registrazione di voce umana nota, risalente al 1860 (chi non ricorda che anche in Itaia negli anni '90 i Litfiba dedicarono un brano riprendendone il testo e l'immagine di Pierrot e la luna?). E poi, la bella musica di Gabriel Yared e una delle immagini più dolci della pellicola, degna di un dipinto preraffaellita, quella di Juliette, ormai adolescente, che dopo il bagno nel fiume si addormenta tra le grosse radici di un enorme albero che le fanno da culla.
C'è spazio anche per la storia del cinema, o meglio del cosiddetto pre-cinema, quando Juliette segue il padre nel negozio di giocattoli in città, e il negoziante le regala una girandola di legno che le piace tanto... non è un caso che la scelta della bambina sia su quell'oggetto che, fatto ruotare velocemente, è in grado di dare l'illusione del movimento dell'immagine ripetuta.
Proprio quel negozio sarà uno dei segni del tempo che passa - altro motivo portante del film - perché col tempo tutto cambia e anche gli splendidi manufatti di Raphael saranno soppiantati dalla modernità, dai trenini e dagli altri giochi elettrici, cosicché lo stesso materiale, il legno, risulterà sorpassato.
Il protagonista del mondo in evoluzione, però, è indubbiamente Jean (Louis Garrel), un giovane pilota di aerei che capita in paese col suo amico a causa dell'avaria del carburatore del suo velivolo. Non conosciamo il nome dell'amico dai dialoghi, ma, a proposito di cinefilia, lo leggiamo sul suo posto nell'aereo, Robert Duvall. Tutti nel paese parlarno di Juliette come della ragazza asociale e forastica figlia di Raphael, e così ne sentirà parlare anche Jean che, fatalmente, si innamorerà di quella ragazza così differente da chiunque e che lo bacia senza attendere il suo corteggiamento, priva di regole e di tattiche, l'istinto fatto donna. Adeline, con il suo cinismo, le ricorda che "gli avventurieri vanno e vengono" e che "non sei pazza, è l'amore che è folle e anche pericoloso".
Eppure i sogni si possono avverare, anche se, come lamenta la maga, alla magia non crede più nessuno...

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