domenica 3 marzo 2024

Past lives (Song 2024)

Una preziosa opera prima in cui il minimalismo si sposa con la profondità. Celine Song ci racconta con maestria registica e con tanta leggerezza la storia di un potenziale melodramma, in cui chiunque abbia vissuto una storia d'amore con il passato che si riaffaccia oppure ostacolato dalla vita che cambia avrà modo di identificarsi.
L'In-Yun buddista, che riassume il concetto di provvidenza e di unione tra le persone derivante da vite precedenti, fa da sfondo a una vicenda che affonda le sue radici nell'infanzia dei due protagonisti (trailer).
Na Young e Hae Sung sono due compagni di scuola di Seoul, bambini nel 2000, poco più che trentenni nel 2024. La loro intesa è speciale già allora e la cosa appare evidente persino alle mamme. La bambina, però, deve trasferirsi con la famiglia in Canada per seguire il papà regista e si ritroverà a vivere ventenne a New York per studiare da sceneggiatrice, tutti particolari autobiografici che la regista, figlia del regista Neung-han Song, condivide con il personaggio.
I due si cercheranno dodici anni dopo, come è capitato a tanti di noi con l'avvento di internet prima e dei social poi, quando ripescare i compagni di un tempo è diventato così facile. L'emozione di ritrovarsi, seppur a migliaia chilometri di distanza, smuove sentimenti e genera reazioni insospettabili che l'impossibilità di incontrarsi rende ancora più forti. Per questo Na Young, ormai per tutti Nora, la più razionale dei due, chiede di interrompere, almeno per un periodo, quel continuo flusso di messaggi, mail e videotelefonate. Le lacrime di Nae Sung saranno palesi, quelle di Na Young arriveranno dopo la telefonata. Nella continua condivisione di immagini e video, peraltro, Song si lascia andare a una citazione cinematografica che è manifesto di tutte le difficoltà delle storie d'amore finite, facendo consigliare ad Hae Sung di vedere Se mi lasci ti cancello (Gondry 2004).
La vita, a quel punto, prenderà il sopravvento ed entrambi inizieranno storie importanti: quella di Nora porterà al matrimonio con il collega, scrittore ebreo americano, Arthur - Celine Song è sposata con Justin Kuritzkes -, e quella di Nae Sung a una storia meno pragmatica, più tormentata, data anche la sua natura poco incline al matrimonio, che proprio l'amica di sempre sintetizzerà in maniera perfetta: "sposarsi è difficile per persone idealiste come te". L'incontro tra i due avverrà altri dodici anni dopo, ripetizione di un numero simbolico che vale tanto nella tradizione orientale quanto in quella occidentale, a New York, proprio laddove il film ha inizio...
Song gira benissimo, inanellando lente carrellate in avanti e laterali; campi vuoti alla Ozu; surcadrage che sfruttano le cornici delle finestre; immagini bellissime di cerchi nell'acqua nei giardini newyorchesi e riflessi nell'acqua.
La colonna sonora, poi, oltre le musiche originali di Christopher Bear, che creano l'atmosfera, ci regala Suzanne di Leonard Cohen e, sui titoli di coda, la bella Quiet Eyes di Sharon Van Etten.
Tornando alla struttura della pellicola, la sua perfetta circolarità dà un ennesimo tocco di bellezza a un film già così pieno e dolce. Proprio la sequenza iniziale merita un'analisi maggiore per la sua capacità di far entrare lo spettatore in scena e di rappresentare il voyeurismo dell'esperienza cinematografica stessa.
Sono le quattro del mattino e Na Young, Nae Sung e Arthur stanno parlando al bancone di un locale, conversando delle vite dei primi due: il marito della donna è inevitabilmente meno coinvolto e fisicamente un po' più distante (d'altronde lui è sposato con Nora, non con Na Young, una differenza onomastica che in questo caso è forma e sostanza insieme). È a quel punto, mentre la mdp avanza molto lentamente, che sentiamo le voci off di altri clienti, che non vediamo e che potremmo essere noi spettatori davanti a quella scena, che giocano a interpretare la situazione: c'è una coppia tra loro, ma da chi è composta? I due orientali sembrano avere l'intesa più evidente, l'altro sembra il loro amico americano, o almeno così sentenzia la voce più convinta, quella femminile dei due osservatori. A quel punto del film non sappiamo ancora nulla e quel triangolo, tranne evocarci Jules et Jim (Truffaut 1962), imprescindibile totem di tutte le storie d'amore triangolari sul grande schermo (e non), non ci dice altro. Sarà lo sviluppo della pellicola a svelarcene la natura e a raccontarci quanto il caso, la vita, lo In-Yun abbiano contribuito a generarlo.
Quale dei tre sia il più determinante è lettura inevitabilmente soggettiva, ma che il film riesca ad entrare nelle pieghe dei sentimenti in maniera così chirurgica, eppure mantenendo la capacità di essere leggero, è cosa da pochi, e la storia di Celine Song si sarebbe adattata perfettamente all'immortale cinema di Eric Rohmer, altro maestro della Nouvelle Vague, poeta di quel Caso che tanto determina le nostre vite. Sembrano frasi di un suo personaggio quelle con cui Nae Sung rivela i propri pensieri e le domande ossessive che fa da anni a se stesso: "cosa sarebbe accaduto se fossi venuto a New York dodici anni fa?" "avremmo avuto dei figli?", "staremmo ancora insieme?", "ci saremmo lasciati?".
Le domande dell'amore tormentato non sono quelle del pragmatismo di Nora, ormai Nora, sempre più Nora, che piange, perché i sentimenti così profondi scuotono, ma che a differenza di Nae Sung vive solo nel presente, con meno malinconie e meno domande. Il bivio dove si salutavano da bambini è il bivio della loro vita.
"Quando lasci qualcosa, guadagni anche qualcosa".

Nessun commento:

Posta un commento