domenica 27 marzo 2022

After Love (Khan 2020)

La vita, quella vera, che ti sorprende e ti fa male all'improvviso, trasformando tutto ciò che credevi il tuo mondo stabile in qualcosa di magmatico e caotico.
L'opera prima di Aleem Khan, scrittore e regista britannico di origine pakistana, cresciuto in una famiglia mista, contiene inevitabili elementi autobiografici, ma è soprattutto un pugno allo stomaco, ben assestato, e, una volta usciti dalla sala, non è possibile non avvertirne ancora la potenza e la capacità di muovere le corde più recondite di ognuno di noi.
Presentato alla Semaine de la critique a Cannes 2020, After Love è un film in cui la gelosia fa spazio all'amore e in cui l'amore supera anche la morte, il lutto, e si dispiega verso coloro che non ti aspetteresti, dimostrando che l'amore può essere pluralità e non solo esclusività (trailer).

Mary (una bravissima Joanna Scanlan) è una donna inglese che ha sposato il pakistano Ahmed (Nasser Memarzia) e si è convertita all'Islam. Quando il marito muore improvvisamente - e con un bel carrello in avanti la mdp la mostra seduta sul divano in bianco secondo il rito islamico - Mary scopre sul suo cellulare una chat con una donna francese, Geneviève, con cui Ahmed aveva una relazione da molti anni, e decide di andare a conoscerla.
La struttura della storia, accompagnata dalle belle musiche graffianti di Chris Roe (ascolta), è una via mediana tra una commedia e una tragedia classica, cosicché un semplice equivoco trasformerà Mary nella domestica di Geneviève e del figlio Solomon e le sorprese continueranno, fino all'agnizione finale.
Khan gira un gran film basato sulla contrapposizione dei luoghi, delle culture, delle persone, e sull'appianamento di tutte queste distanze.
Il primo scambio di battute tra Mary e Ahmed è su un'analogia tra le religioni, e mette in relazione la rasatura della testa sui neonati musulmani (l'‘Aqiqa) e il battesimo cristiano, entrambe ritualità purificatrici imposte ai nuovi membri della comunità.
Mary e Ahmed vivono a Dover e la partenza in nave della donna - introdotta da una bella ellissi sonora tra la sirena della nave e il rumore delle onde - ci mostra le bianche scogliere in tutta la loro imponenza. Geneviève, invece, è al di là della Manica, a Calais, una contrapposizione geografica che è solo una delle tante contrapposizioni tra le due. Significativa in tal senso, la sequenza priva di parole, in cui Mary si guarda allo specchio, analizza la sua corpulenza in evidente confronto con Geneviève. 
Mary col tempo si avvicinerà sempre di più a Salomon, scoprendone i segreti, riuscendo ad arrivare laddove la madre non era mai riuscita ad arrivare, adottando un atteggiamento materno che Geneviève non ha mai avuto e persino esagerando, a fin di bene, nell'istintiva speranza di poter educare il ragazzo e scatenando, inevitabilmente, la dura reazione della madre.
Anche la tecnologia parla del tempo che passa e, non a caso, i ricordi di famiglia, passano per una vecchia videocassetta con le immagini di Ahmed e persino una musicassetta in cui si sente la sua voce e il suo racconto di un'estate del 1974 per l'allora fidanzata Mary. 
After Love è soprattutto un film di sceneggiatura, della quale alcune battute lasciano il segno, dalla consapevolezza di non poter essere sempre uguali a se stessi riassunta da Geneviève con "tutti trasgrediamo le regole che ci siamo dati, prima o poi", all'amara considerazione di Mary sul marito, che riguarda tutti all'alternarsi delle storie d'amore, "stare con me l'ha fatto diventare un marito migliore per un'altra", per poi ascoltare la giustificazione di Geneviève alle domande di Mary, "mi sono convinta che mi andasse di condividerlo, perché avevo per me la sua parte migliore". 
Non meno significative le scene silenziose, in cui le immagini dicono tanto, a cui, oltre a quella già citata, con Mary davanti allo specchio, meritano di essere citati almeno altri due momenti: quello del cimitero, nel quale il regista ci mostra, oltre alla tomba di Ahmed, quella di Hussain, le cui date di nascita e morte coincidono con il 1995, facendoci comprendere tanto del film e del rapporto tra Mary e Solomon. L'abbraccio tra loro due è in effetti non solo l'altro momento che non necessita di parole, ma forse anche quello più liberatorio e commovente dell'intero film. Un film imperdibile, emozionante, che resta dentro.

Nessun commento:

Posta un commento