martedì 19 maggio 2020

Saluto a Michel Piccoli (27/12/1925-12/5/2020)

È morto uno dei più grandi attori di sempre. Michel Piccoli si è spento a 94 anni, dopo un'incredibile carriera durata per ben 70 di questi (1945-2014) e con oltre 170 film girati da attore a cui vanno aggiunti 4 lungometraggi da regista.
Era nato a Parigi da una famiglia di musicisti, il padre, Henri, violinista, mentre la madre, Marcelle Expert-Bezançon, era una pianista.

Con Brigitte Bardot ne Il disprezzo
Proprio nella capitale francese si era formato frequentando il Cours Simon e iniziando con il teatro, che è sempre rimasta una sua grande passione, per poi esordire al cinema in Silenziosa minaccia (Jaque 1945).
Difficile riassumere in poche righe un percorso così lungo e complesso, ma basti pensare che Michel Piccoli ha lavorato, tra gli altri, con Jean Renoir (French Cancan, 1954), Luis Buñuel (La selva dei dannati, 1957), Jean-Pierre Melville (Lo spione, 1962), partecipando a più di 30 pellicole, già prima di diventare celebre con Il disprezzo di Godard nel 1963, in cui, al fianco di Brigitte Bardot, girava quella che a tutt'oggi va di diritto considerata una delle sequenze più romantiche e sensuali della storia del cinema, dissennatamente cancellata dall'edizione italiana, che devastò quel capolavoro anche attraverso uno scriteriato doppiaggio (vedi).
Con Catherine Deneuve nel 1968
Lo stesso anno Piccoli recitava per René Clément (Il giorno e l'ora, 1963), con cui girerà anche Parigi brucia? (1966) e poi, sempre negli anni Sessanta, ancora con Buñuel (Il diario di una cameriera, 1964; Bella di giorno, 1967; La via Lattea, 1968), Costa-Gavras (Vagone letto per assassini, 1965; Il 13° anno, 1967), Resnais (La guerra è finita, 1965), Varda (Les créatures, 1967), Ferreri (Dillinger è morto, 1969), persino Mario Bava, per cui sarà l'ispettore Ginko in Diabolik (1968), fino a sua maestà Alfred Hitchcock in Topaz (1969), dove fu l'ex partigiano parigino Jacques Granville.
Sir Alfred lo vestì di panni che ben gli si attagliavano: Piccoli, infatti, fu sempre dichiaratamente socialista e politicamente impegnato contro l'estrema destra francese.
Con la mitica pistola a pois rossi in Dillinger è morto
Il decennio seguente è la conferma di quanto sia ormai considerato uno dei più grandi attori al mondo, indispensabile in capolavori assoluti come Il fascino discreto della borghesia (Buñuel 1972) e La grande abbuffata (Ferreri 1973). Sono proprio Buñuel e Ferreri i due registi con cui ha girato più film. Il sodalizio con il regista spagnolo si ripeterà ancora per Il fantasma della libertà (1974) e Léonor (1975), mentre con l'italiano, con cui aveva già partecipato a L'udienza (1971) e La cagna (1971), sarà riproposto per Non toccare la donna bianca (1974), L'ultima donna (1976) e Come sono buoni i bianchi (1988). Negli anni settanta, inoltre, appare in importanti film di registi francesi come Dieci incredibili giorni (1971) e L'amico di famiglia (1973) di Claude Chabrol, ne Il commissario Pelissier (1971) e Mado (1976) di Claude Sautet, ne I miei vicini sono simpatici di Bertrand Tavernier (1977).
Con Emmanuelle Béart ne La bella scontrosa
Gli anni '80 segnano il ritorno della collaborazione con Godard, da cui è diretto nel pittorico Passion (1982), ma anche una serie di film con cineasti italiani, come Ettore Scola (Il mondo nuovo, 1982), Liliana Cavani (Oltre la porta, 1982), Marco Bellocchio (Salto nel vuoto, 1980, per cui vinse l'unica volta il premio del miglior attore a Cannes, e Gli occhi, la bocca, 1982), nonché di un paio di pellicole con Claude Lelouch (Viva la vita, 1984; Tornare per rivivere, 1985).
Con Buñuel, con lui ha recitato
in ben 7 film (come con Ferreri)
Negli anni '90 lavora soprattutto con registi francesi, da Louis Malle (Milou a maggio, 1990) a Jacques Rivette (La bella scontrosa, 1991), con cui tornerà a recitare nel 2007 (La duchessa di Langeais) e poi, ormai settantenne, diventa un attore feticcio anche per un maestro come Manoel de Oliveira, con il quale esordisce in Party (1996) e poi continua con Ritorno a casa (2001), Specchio magico (2005), Bella sempre (2006), Rencontre unique (2007). Nel nuovo millennio recita anche per altri grandi autori come Otar Ioseliani (Giardini in autunno, 2006) o Theo Angelopoulos (La polvere del tempo, 2008). Nel 2011 è stato il pontefice in crisi esistenziale e dimissionario - profeticamente prima di papa Ratzinger - in Habemus papam di Nanni Moretti, per il quale ha vinto il David di Donatello, e l'anno seguente in Holy Motors di Leos Carax (2012).
Dopo la sua ultima apparizione da attore, in Le goût des myrtilles (De Thier 2014), ha pubblicato la sua autobiografia, scritta con Gilles Jacob, storico patrono di Cannes, nella quale ha dichiarato di aver avuto anche una bella amicizia talvolta sconfinata in qualcosa di più con Romy Schneider.
Papa Melville in Habemus Papam
Il grande attore francese lascia vedova Ludivine Clerc, la sua terza moglie, la sceneggiatrice sposata nel 1980. Prima di lei aveva sposato nel 1954 Éléonore Hirt, da cui si separò nel 1966, anno in cui convolò immediatamente a seconde nozze, con la cantante e attrice Juliette Gréco, con la quale il matrimonio si chiuse undici anni dopo, nel 1977. Dalla Hirt aveva avuto la sua prima figlia, Anna Cordelia, mentre con la Clerc ha adottato due figli,  Inord e Missia.
Da ateo convinto ripeteva spesso di avere «un patto con Dio, la possibilità di vivere metà dell’eternità»: 94 anni è quanto di più umanamente vicino a questa definizione. Adieu Michel! 

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