lunedì 27 aprile 2020

Cronache di poveri amanti (Lizzani 1954)

Dall'omonimo romanzo di Vasco Pratolini (scritto nel 1936, ma per ovvi motivi pubblicato solo nel 1947), Carlo Lizzani ricava un film sull'ascesa del fascismo tra 1925 e 1926 in Italia, ambientato a Firenze, o meglio in una strada del capoluogo toscano, via del Corno, ad un passo dalla basilica di Santa Croce. Qui, la piccola comunità costituita dai suoi abitanti diventa uno spaccato della società italiana del tempo, divisa tra fascisti della prima ora, antifascisti convinti, molti indecisi o con le idee ancora poco chiare, altri totalmente indifferenti e certi, nel qualunquismo, che uno valga l'altro (guarda il film).

La pellicola si apre con una bella panoramica che dal campanile della Badia fiorentina e la merlatura del palazzo del Bargello giunge alla torre di Palazzo Vecchio, passando per la veduta in lontananza della facciata di Santa Croce, durante la quale si apprezza il bel bianco e nero della fotografia di Gianni Di Venanzo e si ascolta la voce narrante, pressoché inevitabile in un adattamento da un romanzo, la cui sceneggiatura è qui curata dallo stesso regista con Sergio Amidei, Giuseppe Dagnino, e Massimo Mida.
La prima edizione del romanzo (1947)
La storia corale parte dal singolo, Mario (Gabriele Tinti), giovane tipografo che, sulla spinta della fidanzata Bianca (Eva Vanicek), si trasferisce proprio a via del Corno, dove la mdp entra per non uscirne quasi mai fino alla fine del film. Lizzani ci regala dettagli di una strada popolare con inquadrature che sono piccole opere d'arte, riprendendo i riflessi di una pozzanghera o i gatti sulle scale di una delle abitazioni, mentre la voce narrante descrive tutto proprio come nelle pagine del romanzo.
In quella via, su cui compaiono le scritte sui muri "W Girardengo", campione indiscusso di quegli anni, vivono tutti i personaggi delle vicende narrate: gli antifascisti Ugo (Marcello Mastroianni) e Corrado, detto Maciste (Adolfo Consolini), data la stazza; il ragionier Carlino (Bruno Berellini), un gagà fascista ed entusiasta per quella che crede una rivoluzione in atto; Alfredo (Giuliano Montaldo), padrone della pizzicheria, appena tornato dal viaggio di nozze con la bella Milena (Antonella Lualdi); e una serie di figure minori, come Peppino e Maria (Graziella De Roc), coppia in crisi per la presenza di Ugo; Osvaldo (Mario Piloni), ondivago fascista; la prostituta Elisa (Cosetta Greco), Clara (Irene Cefaro) e il fidanzato Nanni (Andrea Petricca) e il fantastico ciabattino Staderini (Garibaldo Lucii), personaggio da commedia dell'arte, a cui spettano le sentenze che chiudono diverse sequenze del film.
La ricostruzione di via del Corno
Oltre a tutti loro, ben chiusa in casa, vive quella che tutti chiamano "la signora" (Wanda Capodaglio), che vive nel ricordo della sua vita passata - cita Roma per l'Aida al Costanzi, il Teatro dell'Opera - per nulla interessata a comprendere gli eventi politici attorno a lei e concentrata esclusivamente a prestare denaro a interesse, con cui tiene sotto scacco l'intera strada. Tutti le si rivolgono quando sono in difficoltà, e con lei vive la sola domestica, la fedele Gesuina (Anna Maria Ferrero) che, oltre a servirla in casa, le fornisce un servizio di cronaca su ciò che avviene in via del Corno, restando costantemente alla finestra. Non ci si può fidare di una donna così, incapace di empatia e, come scoprirà la stessa Gesuina, anche di riconoscenza, d'altronde la signora è in grado di dire "per me rossi e neri, siete tutti uguali".
Sta di fatto, che a pochi metri da quella finestra avviene tutto: scenate di gelosia, scontri, pettegolezzi, amori, tradimenti, minacce e pestaggi.
E in effetti, a parte via del Corno, ricostruita in realtà in un set all'aperto, vediamo pochi scorci di Firenze: l'ospedale in cui viene ricoverato Alfredo; la sede del Partito Nazionale Fascista, nella finzione posta in piazza Mentana, nell'edificio in cui oggi è la Camera di Commercio; i portici del piazzale degli Uffizi, dove Carlino mostra a Elisa tutta la delusione per quella "rivoluzione" che gli altri non sembrano capire; e poi, sul finale del film, prima un inseguimento degno di un poliziesco, tra una camionetta di fascisti e un sidecar di antifascisti, regala qualche altro dettaglio e soprattutto la scena più drammatica ambientata davanti alla scalinata della basilica di San Lorenzo, e poi una corsa di Milena che attraversa il cortile di Palazzo Vecchio per uscire su piazza della Signoria e incontrare Mario nella Loggia dei Lanzi.
Milena nel cortile di Palazzo Vecchio
in direzione della Loggia dei Lanzi
Resta la curiosità di cosa sarebbe stata una pellicola come questa, così vicina ad una pièce teatrale, nelle mani di Luchino Visconti, che rinunciò perché avrebbe desiderato ben altre capacità produttive per l'idea che aveva in mente, ma il film di Carlo Lizzani è un ottimo film, ben girato, ben scritto, ottimamente recitato. Non a caso Cronache di poveri amanti vinse il Prix international a Cannes e, stando a Jean Cocteau, presidente della giuria di quella edizione, era persino tra i possibili vincitori del festival, anche se una delegazione italiana spinse perché tutto ciò non accadesse per non permettere una possibile avanzata comunista in Italia.
Paura del cinema... potere del cinema.

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