Come dice il sottotitolo italiano, il portoricano Jesus Quintana è tornato: l'avevamo lasciato vent'anni fa nella meravigliosa apparizione de Il Grande Lebowski (Coen 1998)... ma dopo aver visto il film, la sensazione netta è che sarebbe meglio fosse rimasto lì (trailer).
Questo spin off appare un roadmovie strampalato, disorganico e poco ispirato, nonostante il dichiarato richiamo alla nouvelle vague. La pellicola, in effetti, è un remake di I santissimi (1974) che Bertrand Blier realizzò adattando il proprio romanzo Les valseuses (1972), con attori del calibro di Gérard Depardieu, Jeanne Moreau, Miou Miou e Isabelle Huppert.
Anche qui un cast d'eccezione, composto da Turturro nei panni del protagonista, Bobby Cannavale in quelli del suo migliore amico, Petey; Audrey Tatou è Marie, parrucchiera e prostituta lontanissima dalla dolce fanciulla de Il favoloso mondo di Amélie (Jeunet 2001), che si libera del fidanzato parrucchiere Paul, interpretato da Jon Hamm, noto soprattutto per il personaggio di Don Draper in Madmen; e poi diverse parti per amici come Christopher Walken, il direttore del carcere, Susan Sarandon, l'ex galeotta Jean, e Sonia Braga, la madre prostituta indefessa di Jesus.
Difficile dare cenni su una trama che praticamente non esiste e nella quale Turturro, più che ai grandi registi francesi degli anni '60 e '70, sembra strizzare l'occhio allo zio del collega Bobby Cannavale, Enzo.
Una sequela di scene a sfondo sessuale, raramente di buon gusto, tanto da farci rimpiangere che Jesus non accolga il consiglio del direttore della prigione, che all'inizio del film gli propone di tornare a giocare a bowling, in cui era un campione.
Che la comicità sarà di grana grossa lo si intuisce subito, perché un flashback ci racconta che Jesus è stato sei mesi in prigione per atti osceni in luogo pubblico: in un bagno ha spiegato ad un bambino sorpreso dalla dimensioni del suo pene che per diventare un uomo "ti servono le palle". E così, andando a trovare la madre con Petey, dopo averle fatto dismettere trucco e vestiti "da lavoro" per vedere il suo vero volto, le dice che "la cosa che il mio amico ama di più è il pudore".
E poi ironia per il caffè bevuto con il mignolo alto; una pallottola a ridosso del pube per Petey, che deve farsi operare in quella posizione scomoda dal dottor Howard (Tim Blake Nelson, il magnifico cowboy di La ballata di Buster Scruggs - Coen 2018), e saranno dolori ad andare in bicicletta; Marie che fa l'amore con i due rivelando di non aver mai raggiunto l'orgasmo con nessuno dei 374 uomini che ha avuto, e sì che si sentirà quando proverà il primo, ovviamente non con loro, ma con il giovane Jack (Pete Davidson), anche lui appena uscito di galera.
Jesus è sempre politically incorrect, e anche il ricordo malinconico della sua prima volta, rivelato davanti ad una bellissima ragazza nera che allatta il suo bambino, lo conferma in una sorta di summa di tutto ciò che non si dovrebbe dire in una sola frase: "ho perso la verginità con un cioccolatina in una sinagoga, di sabato".
Anche il personaggio di Susan Sarandon non cambia il registro della pellicola: lei pure fa l'amore con Jesus e Petey ("non resterà molto di te quando avrò finito"), per ringraziarli di un pranzo dopo il quale dice alla ristoratrice "voglio che lei apprezzi le mestruazioni".
A Petey spettano i riferimenti cinematografici, che non si discostano dal tema principe del film: è lui che guarda sorpreso i fili dell'alta tensione su cui si posano decine di volatili come ne Gli uccelli (Hitchcock 1963), ma poi commenta "andranno a un'orgia", e il tenore resta lo stesso, quando paragona la pornodiva Vanessa del Rio ad Al Pacino per la capacità di entrare nel personaggio...
Una sola battuta in tutto il film è priva di riferimenti sessuali ed è dedicata a una smart, su cui Jesus si lascia andare a un "non so chi abbia scelto quest'auto, ma è peggio di una cella".
Bello, infine, veder cantare e ballare gli attori sulle note dei Gipsy Kings e sulla loro cover di My Way, A mi manera.
Decisamente il punto più basso della carriera da regista di John Turturro.
Anche qui un cast d'eccezione, composto da Turturro nei panni del protagonista, Bobby Cannavale in quelli del suo migliore amico, Petey; Audrey Tatou è Marie, parrucchiera e prostituta lontanissima dalla dolce fanciulla de Il favoloso mondo di Amélie (Jeunet 2001), che si libera del fidanzato parrucchiere Paul, interpretato da Jon Hamm, noto soprattutto per il personaggio di Don Draper in Madmen; e poi diverse parti per amici come Christopher Walken, il direttore del carcere, Susan Sarandon, l'ex galeotta Jean, e Sonia Braga, la madre prostituta indefessa di Jesus.
Difficile dare cenni su una trama che praticamente non esiste e nella quale Turturro, più che ai grandi registi francesi degli anni '60 e '70, sembra strizzare l'occhio allo zio del collega Bobby Cannavale, Enzo.
Una sequela di scene a sfondo sessuale, raramente di buon gusto, tanto da farci rimpiangere che Jesus non accolga il consiglio del direttore della prigione, che all'inizio del film gli propone di tornare a giocare a bowling, in cui era un campione.
Che la comicità sarà di grana grossa lo si intuisce subito, perché un flashback ci racconta che Jesus è stato sei mesi in prigione per atti osceni in luogo pubblico: in un bagno ha spiegato ad un bambino sorpreso dalla dimensioni del suo pene che per diventare un uomo "ti servono le palle". E così, andando a trovare la madre con Petey, dopo averle fatto dismettere trucco e vestiti "da lavoro" per vedere il suo vero volto, le dice che "la cosa che il mio amico ama di più è il pudore".
E poi ironia per il caffè bevuto con il mignolo alto; una pallottola a ridosso del pube per Petey, che deve farsi operare in quella posizione scomoda dal dottor Howard (Tim Blake Nelson, il magnifico cowboy di La ballata di Buster Scruggs - Coen 2018), e saranno dolori ad andare in bicicletta; Marie che fa l'amore con i due rivelando di non aver mai raggiunto l'orgasmo con nessuno dei 374 uomini che ha avuto, e sì che si sentirà quando proverà il primo, ovviamente non con loro, ma con il giovane Jack (Pete Davidson), anche lui appena uscito di galera.
Jesus è sempre politically incorrect, e anche il ricordo malinconico della sua prima volta, rivelato davanti ad una bellissima ragazza nera che allatta il suo bambino, lo conferma in una sorta di summa di tutto ciò che non si dovrebbe dire in una sola frase: "ho perso la verginità con un cioccolatina in una sinagoga, di sabato".
Anche il personaggio di Susan Sarandon non cambia il registro della pellicola: lei pure fa l'amore con Jesus e Petey ("non resterà molto di te quando avrò finito"), per ringraziarli di un pranzo dopo il quale dice alla ristoratrice "voglio che lei apprezzi le mestruazioni".
A Petey spettano i riferimenti cinematografici, che non si discostano dal tema principe del film: è lui che guarda sorpreso i fili dell'alta tensione su cui si posano decine di volatili come ne Gli uccelli (Hitchcock 1963), ma poi commenta "andranno a un'orgia", e il tenore resta lo stesso, quando paragona la pornodiva Vanessa del Rio ad Al Pacino per la capacità di entrare nel personaggio...
Una sola battuta in tutto il film è priva di riferimenti sessuali ed è dedicata a una smart, su cui Jesus si lascia andare a un "non so chi abbia scelto quest'auto, ma è peggio di una cella".
Bello, infine, veder cantare e ballare gli attori sulle note dei Gipsy Kings e sulla loro cover di My Way, A mi manera.
Decisamente il punto più basso della carriera da regista di John Turturro.
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