Ci sono i film belli, quelli importanti nella filmografia di un autore, di un interprete, per un'intera epoca...
Bande à part, appena restaurato e tornato in sala, è tutto questo e qualcosa di più, una pellicola che va considerata di diritto tra i manifesti di quel movimento che a cavallo tra anni '50 e '60 ha cambiato la storia del cinema: durante il film persino l'insegna di un negozio riporta chiaramente la scritta Nouvelle vague.
Il film di Jean Luc Godard è un Jules et Jim più popolare che ammicca molto di più al cinema statunitense, quello di genere, quello rivalutato proprio dal gruppo della Nouvelle vague sui Cahiers du cinema. Dal capolavoro di Truffaut di due anni prima Bande à part riprende il triangolo composto da una donna, Odile (Anna Karina, dal 1961 moglie di Godard), e da due uomini, Franz (Sami Frey) e Arthur Rimbaud (Claude Brasseur). Le somiglianze, però, finiscono qui poiché siamo negli anni Sessanta e non ad inizio secolo e, soprattutto, i due amici non fanno della cultura il loro legame principale e l'incontro con la bellissima donna protagonista non dà loro stimoli diversi dall'attrazione fisica e, ancora di più, dall'interesse personale.
Franz e Arthur, infatti, sono due misfits parigini, privi di obiettivi, che girano la città con una Simca decapottabile (negli Stati Uniti il film venne distribuito con il significativo titolo di Band of Outsiders). Franz, però, ad un corso di inglese (guarda caso) conosce Odile, che si lascia sfuggire che l'affittuario della ricca zia Victoria, presso cui vive anche lei, tiene nascosto in casa un grosso quantitativo di denaro. Arthur si unisce al corso e seduce, ostentando una sicurezza ben maggiore dell'amico, la bella Odile: i tre iniziano a frequentarsi bighellonando insieme, ma i due amici, infatuazione a parte, ora hanno un obiettivo ben chiaro in mente...
Il cinema e la cultura d'oltreoceano sono continuamente presenti, eppure la lingua inglese, stando a Franz, ormai non serve più, l'Inghilterra è finita e vinceranno i cinesi, quindi bisognerà imparare la loro. Allo stesso modo la poesia di Shakespeare viene letteralmente distrutta da Arthur, che a lezione, mentre l'insegnante legge Romeo e Giulietta, scrive un divertente e allusivo biglietto per Odile in cui occhiggia al più celebre passo dell'Amleto ("'tou bi or not tou bi contre votre poitrine, it iz ze question").
Mentre l'Inghilterra viene trattata così, gli Stati Uniti sono un continuo punto di riferimento, culturale e cinematografico: Franz parla prima di automobilismo citando Indianapolis, e più avanti dichiarerà di leggere Jack London; Arthur fuma le Lucky Strike; Odile beve la Coca Cola. Franz e Arthur, inoltre, giocano ad interpretare Pat Garret e Billy the Kid: il film di Peckinpah arriverà solo nel 1973, ma l'epopea del west è uno dei grandi temi del cinema americano sin dalle sue origini.
Non solo western, anche se il film di Godard fu definito un "western da banlieu", poiché i tre generi autoctoni statunitensi ci sono tutti. Bande à part, in fondo, è un gangster movie, anche se vedere Arthur e Franz con le calze di Odile sul volto è piuttosto una parodia di quel genere, versione popolare del noir, così come lo è Fool's gold (Dolores e Bert Hitchens), il giallo da cui è tratto.
E poi, ovviamente, il musical. Una delle sequenze cult del film, infatti, è proprio quella del ballo dei tre ragazzi in un caffé di Valenciennes e immancabile punto di riferimento per tanto cinema futuro (vedi).
Tanti altri i brani indimenticabili del film, fin dai titoli di testa che alternano, in un montaggio velocissimo, i tre volti dei protagonisti durante i reciproci ammiccamenti al corso d'inglese, a cui la musica di Michel Legrand, fornisce il perfetto contrappunto con un motivo degno delle comiche slapstick statunitensi (vedi).
Come non ricordare, inoltre, la corsa di Arthur, Franz e Odile per le sale del Louvre - per battere il buffo record di visita del museo di nove minuti e quarantacinque secondi detenuto da un americano, neanche a dirlo -, verrà riprodotta in maniera filologica da Bernardo Bertolucci nel suo nouvellevaguiano The dreamers (2003; vedi il confronto).
Sembra, invece, una lezione di sceneggiatura la sequenza ambientata in metropolitana, dove Odile vede tutti tristi, mentre Arthur corregge il tiro, teorizzando la relatività dei dettagli e l'importanza dell'immaginazione: un uomo con una scatola può interpretare allo stesso tempo un padre che sta portando un peluche alla figlia malata o un terrorista pronto a far esplodere una bomba contro la Repubblica.
Il quarto protagonista del film è la voce off di Jean Luc Godard, che irrompe in scena dopo circa dieci minuti e, oltre a fare da raccordo tra quello che vediamo, il regista gioca continuamente con lo spettatore in un coinvolgimento a cui oggi siamo sempre più abituati, ma che all'epoca stravolgeva le regole tradizionali.
Le prime parole del cineasta francese ricordano che Franz ha accarezzato il ginocchio di Odile (come dimenticare che qualche anno dopo Eric Rohmer girerà Il ginocchio di Claire - 1970), ma soprattutto riassumono quanto accaduto fino ad allora a beneficio di chi fosse entrato in sala in ritardo.
Un altro esempio clamoroso è il minuto di silenzio che "può durare un'eternità" e che i tre si impongono, durante il quale non sono solo le loro voci a sparire improvvisamente ma anche i rumori di sottofondo (vedi), e, infine, Godard gioca con la serialità ipotizzando un sequel dal titolo ironico: "le storie di Franz e Odile nei Paesi del Sud".
Il film ostenta leggerezza, ma a ben guardare, come sottolineò lo stesso regista, è "molto triste, sentimentale e romantico".
Bande à part è il frutto dell'amore di Jean Luc Godard per il cinema americano di serie B, e non è quindi un caso che un altro celebre appassionato dei b-movie, Quentin Tarantino, abbia intitolato la sua casa di produzione A band apart. Ma il titolo di quello che è diventato un classico del cinema francese, inoltre, è stato ripreso da un'emittente radiofonica canadese, dai Matmatah, che nel 2008 ne hanno fatto un EP, e soprattutto dai Nouvelle Vague, gruppo musicale francese che così ha intitolato il suo album del 2008, citazione nella citazione...
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