mercoledì 15 novembre 2017

La ragazza nella nebbia (Carrisi 2017)

Flores (Jean Reno) è uno psichiatra che riceve Vogel (Tony Servillo), ispettore che ha indagato sulla scomparsa di Anna Lou Kastner (Ekaterina Buscemi), adolescente di Avechot, piccolo e immaginario paese dell'Alto Adige.
È questa la cornice, del tutto simile a quella di Una pura formalità (Tornatore 1994), del racconto narrato attraverso i flashback da Donato Carrisi, autore del romanzo (2015) e regista esordiente del film che ad esso si ispira.
Avechot è situata in una valle cieca, con una sola strada d'accesso, immersa nella nebbia e nel freddo, in un'atmosfera che ricorda molto da vicino l'ambientazione della serie tv francese Les Revenants. Negli interni, invece, animali impagliati e i rivestimenti in legno non possono non far pensare a Twin Peaks, a cui rimanda inevitabilmente anche la storia dell'adolescente scomparsa.

La famiglia di Anna Lou appartiene ad una confraternita religiosa e i due genitori vedono come soluzioni ai problemi la sola preghiera: alle domande su eventuali contatti della figlia rispondono che non usava internet, non aveva conflitti, non aveva avuto nuove conoscenze e che aveva solo un'amica del cuore, Priscilla. La sua scomparsa, peraltro, è avvenuta durante il tragitto di trecento metri che separa la casa dalla sede della confraternita.
Vogel è il classico ispettore cinico, dotato di grande intuizione, che si pone in scia con la tradizione, da Sherlock Holmes a Hercule Poirot, da Auguste Dupin a Philip Marlowe, da Dale Cooper a, ovviamente, il Giovanni Sanzio che lo stesso Servillo interpretava ne La ragazza nel lago (Molaioli 2007). In una delle prime sequenze capiamo di che pasta è fatto, quando gli vediamo battere le mani in maniera apparentemente inspiegabile e poco dopo rispondere ad una delle tante persone furiose per aver pensato che un mostro si nasconda nella loro comunità: "a me è bastato battere le mani per attirare l'attenzione". Nessuno avrebbe potuto avvicinarsi ad Anna Lou senza causare le sue urla e destare sospetti nel vicinato se non qualcuno che la ragazza conosceva bene.
Altra caratteristica di Vogel è l'utilizzo sensazionalista dei media, che sfrutta per mettere sotto pressione i sospettati: per questo ha un canale di informazioni privilegiato con la giornalista Stella Honer (Galatea Ranzi), che mette in moto il meccanismo perverso dell'opinione pubblica, la cui influenza sul caso è il tema principale del romanzo e della pellicola, in cui convivono i ricordi di diversi delitti italiani degli ultimi anni, da Unabomber a Yara Gambirasio, fino a Cogne (nel film c'è addirittura un plastico!).
Pian piano, durante le indagini, la vita di Anna Lou, come quella di una novella Laura Palmer, pur se senza gli eccessi del personaggio cult di David Lynch, si scopre più complessa: Mattia, un ragazzo con disturbi psichici, prende un peluche dal muro di candele che si è generato fuori dal recinto di Kastner; Priscilla, la sua migliore amica, è conscia della sua sensualità e flirta apertamente con il nuovo professore di letteratura italiana, Loris Martini (Alessio Boni), che non rimane indifferente al fascino della sua allieva. Vogel, inoltre, legge il diario di Anna Lou, ma è convinto che ne debba esistere un altro decisamente più segreto... 
Il personaggio di Loris, bello, tormentato e in difficoltà economiche, ricorda l'Alain Delon di La prima notte di quiete (Zurlini 1972), anche lui affascinato dalla bella allieva Vanina, ma a differenza di quello ha una moglie, Clara (Lucrezia Guidone), e una figlia adolescente, Monica, trasferitesi in Sud Tirolo per seguirlo. Entrambe sono insoddisfatte: la prima ha rinunciato alla sua professione di avvocato, la seconda non gli perdona di aver dovuto lasciare tutti i suoi amici ("a me fa schifo stare qua, fa schifo anche a lei, sai perché non te lo dice? Perché le fai pena"). L'equilibrio familiare è molto precario e dagli scambi di battute tra marito e moglie si capisce presto che Clara sta sostenendo tutto questo per ricambiare la comprensione che Loris ha avuto nei suoi confronti in un momento molto difficile per loro.
A complicare le indagini la scoperta di un caso irrisolto di trent'anni prima in cui scomparvero sei ragazze, dai capelli rossi e con le efelidi, proprio come Anna Lou, rapite da quello che venne chiamato "l'uomo nella nebbia". 
Tutti i protagonisti hanno buone battute, che suonano come perfetti aforismi di un giallo, ma dimostrano tutta la distanza del testo scritto dal film messo in scena. Loris dice "una volta qualcuno ha detto che il peccato più sciocco del diavolo è la vanità", e a scuola durante le sue lezioni spiega che è "il cattivo che fa la storia", che "la prima regola è copiare" e che "in letteratura si uccide per odio, nella realtà il principale movente è il danaro".
Lo psichiatra è convinto che "troppa tranquillità uccide, toglie la paura della morte", mentre Vogel replica che "chi si circonda della morte altrui non ha tempo di pensare alla propria". È ancora l'ispettore a sentenziare sul dramma di un assassino: "un omicida commette circa venti errori, ma si accorge al massimo di un terzo".
Non sempre un bestseller diventa un buon film. In questo caso l'atmosfera cupa e il solito ottimo Toni Servillo, che spicca su tutti gli altri interpreti (c'è un cameo anche per Greta Scacchi), non bastano e la pellicola, che ha delle buone premesse, prosegue e si svolge in maniera piuttosto piatta, confusa, in una continua addizione di elementi spesso non spiegati e, soprattutto, senza una regia che sostenga la narrazione (la si nota solo per una bella ripresa che avvolge Vogel nel buio attorniato da fasci di luce). Un finale pirotecnico con diversi colpi di scena non migliora il risultato. In sala ci si aspetta di vedere cinema e di quello ce n'è ben poco. Mai per un solo istante lo spettatore si identifica con i personaggi; mai teme per loro qualcosa da cui vorrebbe difenderli; mai il regista lo rende proprio complice mettendolo a conoscenza di ciò che gli stessi personaggi ignorano... Alfred Hitchcock ci ha insegnato che un thriller senza suspense non può incollare gli spettatori alla poltrona e questo puntualmente accade al film di Donato Carrisi.

Nessun commento:

Posta un commento