giovedì 16 giugno 2016

Dog eat dog (Schrader 2016)

Tratto dall'omonimo romanzo di Edward Bunker, l'ultimo film di Paul Schrader, presentato a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs, alterna bianco e nero e colore e pesca nel consueto bagaglio cinematografico del regista, che come tale non ha mai raggiunto le altezze toccate da sceneggiatore (es. Taxi driver, Obsession, Toro scatenato, L'ultima tentazione di Cristo).

Cast notevole per la storia di tre uomini diventati amici in carcere e che, una volta fuori, decidono di "mettersi in affari": Mad Dog (Willem Dafoe) è un uomo disfatto dalla droga, un misto tra il Drugo de Il grande Lebowski e un personaggio di Quentin Tarantino. Il suo ingresso in scena è una delle cose migliori dell'intero film, che poi non raggiungerà più lo stesso ritmo: interno di un appartamento kitsch il cui arredamento è caratterizzato da una predominante rosa e, dopo averci mostrato i suoi due tatuaggi raffiguranti un occhio, sotto il mento e dietro la nuca., esplode la sua furia contro la corpulenta Sheila, colpevole di non volerlo più ospitare in casa (per ottimi motivi, peraltro), e la figlia adolescente. La furia omicida, gli occhi iniettati di sangue e l'azione concitata della sequenza, ampiamente sopra le righe, a tratti fa pensare ad Assassini nati (Stone 1994) e a Pulp Fiction (Tarantino 1994), e non è un caso che il sottofondo musicale sia una cover di Woo Hoo già nella colonna sonora di Kill Bill 1 (Tarantino 2003) nella versione originale della band giapponese 5, 6, 7, 8's
Completano il trio da Troy (Nicolas Cage) e Diesel (Christopher Matthew Cook), sicuramente più "riflessivi" di Mad Dog, ma quando i loro colpi vanno in porto, li festeggiano a base di droga e alcol in una camera d'albergo. I loro caratteri profondamente diversi vengono messi meglio in evidenza nel rapporto con le donne: Mad Dog, che già aveva dimostrato il suo "temperamento" con Sheila, è a dir poco scontroso anche con una prostituta; Troy, che in fondo è un romantico, continua a proporre di andare a Nizza con lui ad un'altra prostituta che non ha molti argomenti con cui dialogare; Diesel, infine, conosce una ragazza ospite dello stesso albergo, con cui parla e ascolta un brano di Elliot Smith ma, nonostante le buone premesse, sarà difficile tenerla vicino a sé quando scoprirà di cosa si occupa.
La pellicola scorre tra locali malfamati, sparatorie, rapimenti ed elementi kitsch - oltre all'appartamento di Sheila, si noti il rapper nero che indossa una giacca di Versace con dipinti d'arte sacra -, il tutto condito da equivoci, errori di persona e un'ironia che sostiene la trama, ma tutto questo non basta.
Schrader giustappone motivi già visti che raramente vengono rimodulati in qualcosa di originale: si va dalla ripresa in soggettiva all'ingresso di un locale, molto simile a quella di Mean Streets (Scorsese 1973), all'indugiare della mdp sulle righe della strada (Strade perdute - Lynch 1997), fino alla tarantiniana ripresa dall'interno del bagagliaio di un'auto.
Il personaggio di Troy, poi, sembra essere il principale contenitore di citazioni vere e proprie, già per il nome stesso - Nicholas Cage interpreta Castor Troy in Face-Off (J. Woo, 1997) -, ma anche quando lo vediamo rapire un bambino prendendolo dalla culla, il rimando ad Arizona Junior (Coen 1987) è immediato. È proprio Troy, inoltre, che si definisce cinefilo, considera Humphrey Bogart il suo modello e dicendolo chiede alla prostituta in albergo di essere la sua Dietrich (sic), ma è più avanti che Nicholas Cage ci offre un pezzo di bravura, recitando un piccolo brano parlando come Bogey e tenendo l'immancabile sigaretta tra le labbra.
Paul Schrader si ritaglia anche un piccolo ma determinante ruolo: è lui "il Greco" che commissiona i colpi ai tre protagonisti ed è lui che cita Oscar Wilde dicendo a Troy che l'uomo non fa che distruggere ciò che ama... un'abusata citazione che fa pensare ad altri film e soprattutto alla bella canzone di Jeanne Moreau in Querelle de Brest (Fassbinder 1982; vedi).
L'ultimo film di Schrader è divertente in fondo, anche se convenzionale e caotico, ma in questo caos alcune sequenze sono degli ottovolanti su cui ci si lascia piacevolmente trasportare soprattutto per i due principali compagni di viaggio, quei Nicolas Cage e Willem Dafoe che non vedevamo insieme dai tempi di Cuore selvaggio (Lynch 1990).

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