giovedì 21 novembre 2013

La vita di Adele (Kechiche 2013)

Fughiamo subito ogni dubbio: il film che si è aggiudicato l'ultima Palma d'oro a Cannes è un capolavoro! Scritto meravigliosamente, recitato ancora meglio e con un soggetto che dà la netta sensazione di essere di fronte ad una pellicola che sarà considerata anche fra 50 anni caposaldo di un certo momento storico soprattutto dal punto di vista dell'accettazione sociale dei gusti sessuali (trailer).
Ispirato al romanzo a fumetti Il blu è un colore caldo di Julie Maroh, il film narra gli anni a cavallo tra l'adolescenza e la maggior età della protagonista, interpretata da una magnifica Adèle Exarchopoulos, attrice vera a soli vent'anni, che al liceo vive i suoi primi amori e che ben presto scopre di preferire le ragazze.
Sembra esserci davvero tutto del percorso adolescenziale in cui gran parte delle persone scopre l'amore: i primi sguardi, le chiacchiere con le amiche, l'incontro sull'autobus, le uscite imbarazzate, il bacio e la prima volta. Adele esce e fa l'amore con Thomas, un bel ragazzo che le sue compagne le invidiano, ma resta poco convinta e, dopo una sera passata in un locale gay con un amico, apre i suoi orizzonti. Un bacio di una sua compagna di classe le dà la conferma delle sue tendenze sessuali, ma è la conoscenza di Emma (Léa Seydoux), una ragazza più grande di lei, con i capelli significativamente e "diversamente" blu, che fa il resto. Adele scopre che ad Emma è successo tutto quello che sta succedendo a lei e, nonostante le intolleranze delle sue compagne di scuola, sente di essere naturalmente attratta dalla giovane studentessa dell'accademia di belle arti. Le due inizieranno una lunga storia, fatta di convivenza, cene dai genitori (consapevoli dell'omosessualità della figlia quelli di Emma, per nulla quelli di Adele, che credono che Emma dia ripetizioni di filosofia alla loro) e sesso appagante.

La loro storia però finirà, poiché, dopo i primi momenti di freddezza e di quotidianità, Adele, ormai insegnante alle scuole elementari, si avvicinerà ad un collega causando le domande di Emma e il conseguente litigio che porterà alla rottura. Anni dopo la loro attrazione sessuale, pur viva, dovrà sottostare alla nuova vita di Emma, ormai con una compagna che ha persino avuto una bambina. Le due restano in qualche modo amiche e Adele va all'inaugurazione della mostra della sua ex, da cui va via consapevole di dover superare il passato.
La parola chiave dell'intero film è "naturalezza": in nessun momento della storia si percepisce una forzatura narrativa o un'indulgenza verso la morbosità. Persino le due lunghe scene di sesso esplicito, che per il loro realismo viste oggi possono fare l'effetto che nel 1866 dovette fare L'origine del mondo di Courbet, peraltro citato nel corso del film, appaiono come l'ovvio coronamento del rapporto tra Emma e Adele, complici, serene e capaci di fondersi l'un l'altra. L'immagine successiva al loro primo amplesso è forse l'inquadratura più bella del film, degna di un'allegoria di Bronzino: le linee sinuose dei due corpi, luminosi e puri come il marmo o la porcellana, spiccano su un fondo blu di rara intensità.

Se i riferimenti alla storia dell'arte sono immancabili - in un dialogo si parla anche di Egon Schiele e Gustav Klimt - diversi sono anche quelli letterari: sappiamo che Adele studia letteratura e la sua classe sta leggendo La vita di Marianne di Marivaux (1731-41), così come Thomas dice alla protagonista di essere riuscito a leggere solo Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos (1782), ma la citazione più rilevante è certamente quella di Antigone, la tragedia di Sofocle tirata in ballo proprio per il ruolo simbolico dell'adolescenza, età in cui si è troppo grandi per alcune cose e troppo piccoli per altre.

Il cinema è presente sia quando alla prima uscita di Emma e Adele, quest'ultima mentre viene ritratta dalla giovane artista, le dice di amare i film americani, con una preferenza per Scorsese e Kubrick; sia quando, durante la festa in cui Adele "entra in società" tra gli amici di Emma, viene proiettato un film anni '20. Ma non si può non pensare a Jean Paul Belmondo, quando Adele nuda fa da modella ad Emma, tenendo tra le labbra una sigaretta con la stessa indolenza del grande attore francese in Fino all'ultimo respiro.
Nella bellissima sequenza del ritratto, le due ragazze si ritrovano a parlare anche di Sartre, poiché Emma cita "la misteriosa debolezza del volto umano" e vede nelle teorie esistenzialiste del filosofo francese l'origine della sua libertà, quella che le permette di non dover sottostare ad un potere superiore e di poter inventare la propria morale. Poco importa, quindi, se parlando dell'impegno politico di Sartre, Adele lo paragona al Bob Marley di Get up, stand up...
Tornando al parallelo con la pittura, ci piace pensare che a differenza della Parigi di fine '800, oggi il Salon des refusés non esista più, e che questo film vincendo Cannes sia stato accettato pienamente dal cinema ufficiale, perché lo merita e perché nei prossimi anni andrebbe proiettato nelle scuole.

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