In un momento del genere, una storia che ci fa conoscere meglio gli adolescenti in Ucraina, grazie all'Istituto Svizzero di Roma, che ne ha promosso la proiezione alla Casa del Cinema di Villa Borghese.
Il primo lungometraggio della giovane Kateryna Gornostai, classe 1989, vincitore dell'Orso di cristallo nella sezione Generation a Berlino, è un film non politico, un film che avrebbe potuto avere come protagonisti i giovani di ogni paese del mondo, ma che, visto ora, non può non farci pensare che attualmente tutti quei ragazzi - giovani attori non professionisti - sono coinvolti, in un modo o nell'altro, nella guerra con la Russia, una sensazione che aumenta quando li vediamo caricare un fucile per semplice esercitazione scolastica (trailer).
La struttura del film alterna interviste agli adolescenti protagonisti, che la regista riprende frontalmente su uno sfondo neutro, e a cui viene chiesto dell'immediato futuro, relativo al diploma, ma anche dell'amore, alle sequenze in cui gli stessi personaggi interagiscono tra loro. Tutto fa pensare all'influenza del cinema di Xavier Dolan.
Seguiamo i ragazzi ovunque, in casa, a scuola, nei loro tormenti amorosi, nelle loro relazioni amicali, tra fumo, alcol, gioco della bottiglia, discoteche e autolesionismo (con pratiche come il cutting). L'anonima periferia ucraina in cui vivono è identica alle innumerevoli periferie che conosciamo, in cui nessun edificio spicca, nulla distrae dal grigiore dei palazzi. Masha (Maria Fedorchenko) è una ragazza introversa, ancora inconsapevole della sua bellezza, insicura e silenziosa, innamorata del bel Sasha e convinta di volere vivere "solo nel presente". Passa gran parte del tempo con due amici, un ragazzo e una ragazza, Yana e Senia, con cui condivide le serate, le nottate, i primi baci, le incertezze sui gusti sessuali e persino i tagli con le lamette che si provocano diventano occasione per cementare il loro rapporto, fasciandosi con quello che chiamano "il bracciale dell'amicizia".
Kateryna Gornostai gira bene: ci regala inquadrature di grande raffinatezza estetica, come quando riprende Masha davanti all'arco in maioliche di un sottopasso, in un surcadrage che fa pensare a film di fantascienza e a navicelle spaziali (i ragazzi più avanti andranno anche in gita al Planetarium); o il bellissimo campo lungo che mette in scena l'immaginazione di Masha, che si vede nuda in braccio a Sasha che suona il pianoforte sul palco di un teatro. La giovane cineasta ucraina, poi, utilizza i giochi dei ragazzi come metafore. Lo Stop-Zemlia che dà il titolo al film ("stop-terra") è una specie di nascondino in cui il giocatore, restando ad occhi chiusi, deve cercare di toccare uno degli altri partecipanti, in un brancolìo che va in parallelo con la condizione adolescenziale, e quindi il badminton, a cui i ragazzi giocano sia nelle lezioni scolastiche di educazione fisica, sia nel tempo libero, e che diventa occasione di una bella sequenza onirica e poetica, in cui la regista mostra di notte e al ralenti due ragazzi che fanno degli scambi, giocando molto sulle evoluzioni aeree del volano che viene colpito.
Tutti i ragazzi vorrebbero essere leggeri come il volano, la metafora è fin troppo evidente, ma nessuno lo è veramente nonostante l'età: tensioni familiari, difficile rapporto col proprio corpo, incapacità di relazionarsi come si vorrebbe con gli altri, depressioni che non fanno alzare dal letto al mattino. Sulle loro inquietudini bastino le fin troppo consapevoli parole di Sasha, figlio di genitori separati, che ha già ansie da uomo, e dice alla madre di voler essere "child-free", spiegandole che in sociologia è il termine utilizzato per chi non vuole figli. La madre, per tutta risposta, con una mancanza di tatto psicologico che a volte solo i genitori, per massima prossimità, possono avere, credendo di non intaccare la sensibilità dei figli, gli rivela che anche il padre avrebbe voluto essere child-free, per poi chiedere a Sasha se sia gay... Nelle interviste pre-diploma a cui già si è fatto cenno, Sasha dichiara la propria solitudine anche se ha la madre e gli amici a fianco a sé, ha bisogno di sapere che ci sia sempre qualcuno per lui.
Vediamo pochi genitori e praticamente mai i padri, che hanno ruoli decisamente marginali nelle vite dei figli, a differenza dei cellulari onnipresenti.
Stop-Zemlia è una pellicola di grande sensibilità e di grande approfondimento psicologico, che apre ai temi adolescenziali con un tono ai limiti del documentaristico, con una buona regia e un'altrettanto ricca dose di poesia. Ripensando soprattutto alla scena notturna con il bamdinton e il volano che volteggia, è possibile definirlo un film con accenti degni di un dipinto di Chagall, che si fonde perfettamente con le note delle musiche stranianti e alienanti di Maryana Klochko, come Morning before school o Oi oi oi, sulle cui note ballano romanticamente Masha e Sasha. Se potete, recuperatelo.
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