Con un titolo del genere, Joe Wright non può non far correre in sala - pardon, sul divano, data la mancata uscita sul grande schermo -, gli amanti del cinema. Si pensa subito a La donna del ritratto (Lang 1944), magnifico noir che in inglese aveva lo stesso titolo, The Woman in the Window, ma poi bastano pochi fotogrammi per capire che siamo soprattutto dalle parti di sir Alfred Hitchcock. E, infatti, l'adattamento dell'omonimo best seller del 2018 a firma di A.J. Finn, pseudonimo di Dan Mallory, occhieggia, è proprio il caso di dirlo, e non poco, al capolavoro hitchcockiano La finestra sul cortile (Rear Window, 1954), di cui nelle immagini iniziali, per fugare ogni dubbio, il regista inglese ci mostra il momento in cui James Stewart è appeso alla grondaia da cui cadrà, procurandosi la frattura che lo costringerà ingessato a casa, da dove spierà il vicinato (trailer).
Anche nel film di Wright Anna Fox (Amy Adams) è chiusa in casa ma, segno dei tempi, il suo è un blocco psicologico; ansia e agorafobia, infatti, non le permettono di uscire dal proprio magnifico appartamento di Harlem da ben dieci mesi. Psicologa dell'età infantile, Anna vive con Punch, un gatto persiano, e ha un inquilino nel seminterrato, David (Wyatt Russell), cosicché si ritrova a seguire le vicende dei Russell, una famiglia appena trasferitasi da Boston a New York, proprio nel palazzo di fronte al suo, che sembra intrigarla molto di più di quelle degli altri appartamenti che tiene d'occhio già da tempo.
Su queste, però, ragguaglia il proprio psicanalista, Carl (Tracy Letts), che con lei effettua sedute a domicilio e che sintetizza il suo passatempo con un eloquente "la curiosità è indice di un modello depressivo ridimensionato".
Su queste, però, ragguaglia il proprio psicanalista, Carl (Tracy Letts), che con lei effettua sedute a domicilio e che sintetizza il suo passatempo con un eloquente "la curiosità è indice di un modello depressivo ridimensionato".
È degna di fiducia una donna con seri problemi psicologici, sociopatica, che cede spesso all'alcol, obnubilata dai farmaci? Le sue, in un tema caro a Roman Polanski, sono allucinazioni o meno?
Sorprendentemente i tre membri della famiglia in questione, l'adolescente Ethan (Fred Hechinger), la madre Jane (Julianne Moore) e il padre Alistair (Gary Oldman), entreranno in contatto con Anna uno dopo l'altro. La situazione degenererà e la protagonista, complici anche i disturbi psicologici di Ethan, inizierà a sospettare di tutto, soprattutto quando vedrà al posto della Jane Russell che ha conosciuto un'altra donna (Jennifer Jason Leigh)... Inutile dire che Anna, per vedere meglio quanto accade di fronte, utilizzerà una macchina fotografica come faceva il fotoreporter Jeff-James Stewart nel celebre precedente di Hitchcock.
La prima parte della pellicola funziona e appassiona. Wright gira benissimo, sostenuto dalla consueta bellissima fotografia di Bruno Delbonnel e dalla musica di Danny Elfman, e inanella lunghe carrellate, soggettive irreali e oscillanti (sfruttando la sedia a dondolo di Anna), prospettive centrali, split screen naturali realizzati con pareti, porte e finestre. Alcune splendide inquadrature sembrano dipinti di Edward Hopper e, naturalmente, la figura di Anna che si staglia all'interno della finestra rimanda anche ai tanti dipinti con figure che guardano, su tutti la Donna alla finestra di Caspar David Friedrich (Berlino, Staatliche Museen, 1822).
C.D. Friedrich, Donna alla finestra, 1822 |
La cinefilia domina la pellicola e non solo per la scelta del soggetto hitchockiano declinato in versione femminile, ma anche perché Wright rende la stessa protagonista una donna appassionata di cinema e collezionista di dvd.
Grazie a questo espediente ci fa vedere brani di film del passato che ovviamene hanno connessioni con quello che stiamo guardando. Per questo sulla tv di Anna compaiono le immagini di Vertigine (Preminger 1942), con Gene Tierney - la Laura a cui si deve il nome lynchiano di Laura Palmer - che parla con Clifton Webb, in una pellicola che ha al centro della sua trama un omicidio e due donne; La fuga (Daves 1947), di cui ci offre un primo piano della splendida Lauren Bacall e, in corrispondenza del crollo sotto i fumi dell'alcol di Anna, il momento in cui il chirurgo plastico addormenta Vincent-Humphrey Bogart.
Tra i vari spezzoni, però, merita un discorso a sé soprattutto il sogno scenografato da Salvador Dalì per Io ti salverò, ancora di Alfred Hitchcock (1945), film cult sulla psicoanalisi e altro modello per Wright, che sembra recuperare la figura della psicologa-Cassandra dal personaggio di Costanza Peterson interpretato da Ingrid Bergman.
E, poi, non va dimenticato che uno dei personaggi del film si chiama Jane Russell e l'immagine dell'attrice hollywoodiana sarà onnipresente sullo schermo del computer, quando Anna Fox cercherà il volto della vicina su internet.
Detto ciò, però, a La donna alla finestra, incredibilmente, non basta tutto questo per essere considerato un buon thriller. E si potrebbe passare sopra anche a qualche scorrettezza narrativa con cui la sceneggiatura ci allontana dalla soluzione dell'enigma, ma non sulla seconda parte della pellicola, che perde completamente l'orientamento, passando dalle ottime premesse che la rendevano intricata e sofisticata ad un sviluppo raffazzonato, fino ad un finale horror malriuscito, a tratti persino pulp, prevedibile e dozzinale.
Eppure un bicchiere e un orecchino, oggetti che meriterebbero di essere inseriti in un ideale aggiornamento dello splendido libro di Antonio Costa La mela di Cézanne e l'accendino di Hitchcock (2014), sono dettagli che avevano fatto sperare in ben altra riuscita. Peccato, perché invece si resta con l'amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato. Un'occasione mancata.
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