mercoledì 17 febbraio 2021

Faustina (Magni 1968)

Dopo dodici anni da sceneggiatore, Luigi Magni iniziò la sua carriera da regista con questa commedia, che fonde l'amore per la storia di Roma, che sempre lo accompagnerà, con le tematiche allora molto sentite legate alla rottura del vincolo matrimoniale.
Faustina, di fatto, è una pellicola che, come altre in quegli anni, sostiene la necessità di una legge sul divorzio, che entrerà in vigore solo nel dicembre 1970 (la famosa legge 898). Il film di Magni condivide questo ruolo con opere quali Divorzio all'italiana (Germi 1961), I fuorilegge del matrimonio (Orsini-Taviani 1963), Scusi, lei è favorevole o contrario? (Sordi 1966), fino ad Alfredo Alfredo (Germi 1972), quasi un suggello alla legge ormai promulgata due anni prima (guarda il film).
Quirino (Renzo Montagnani) è un tombarolo abituato ad aggirare i controlli delle Belle Arti e delle soprintendenze; riesce così a vivere vendendo reperti antichi ai collezionisti. 
Quirino e il Sepolcro di Hilarus Fuscus sull'Appia Antica
Le sue vittime preferite sono gli etruschi, popolazione a suo dire misteriosa, "erano burini de qui intorno ... c'avevano un re che invece de chiamallo re lo chiamavano lumacone". È sposato con Faustina (Vonetta McGee), una bella donna mulatta nata da mamma italiana e da padre americano, con cui non ha granché in comune e con la quale i dialoghi diventano spesso scontri che finiscono in percosse. Faustina non lo ama più e, anche per questo, sì avvicina sempre di più al giovane Enea (Enzo Cerusico), che improvvisa canta brani in romanesco proprio di fronte casa della coppia.
E qui e altrove, la musica di Armando Trovajoli è un complemento fondamentale del film, che per tutta la sua durata è accompagnato dalle note sognanti del compositore romano, in cui arpa e flauto sono spesso gli strumenti portanti (ascolta).
Altro motivo di interesse della pellicola è dato dalle location. In pieno stile Magni, infatti, la pellicola è ambientata in diversi luoghi di Roma e del circondario, alcuni dei quali davvero suggestivi e mai utilizzati in altre pellicole. 
La prima scena del film è ambientata sull'Appia Antica, dove Quirino compare davanti al Sepolcro di Hilarus Fuscus, celebre per i cinque busti in rilievo. 
La casa dei cavalieri di Rodi sullo sfondo
Gran parte della storia, invece, è girata all'interno dei Mercati di Traiano, dove abitano Quirino e Faustina. Tra le antiche tabernae che accompagnano il declivio che dal Quirinale scende a valle, è davvero straniante vedere porte, finestre, persiane e davanzali con vasi di fiori: lì i personaggi vivono, si incontrano, arrivano persino in auto.
Qua e là vediamo altri scorci suggestivi. Da una terrazza del complesso traianeo, dove Faustina stende la biancheria, si vede la quattrocentesca Casa dei cavalieri di Rodi; e così, dalla galleria dei mercati traianei, spunta in alto anche il campanile del palazzo senatorio in Campidoglio.
Ponte Rotto dall'Isola Tiberina
Faustina ed Enea gettano una mummia etrusca nel Tevere, per far dispetto a Quirino, in un luogo magico della città: la sequenza è girata di notte, sull'isola Tiberina, all'altezza di ponte Cestio, sotto uno dei cui archi si vede anche il cosiddetto il ponte Emilio, rimasto incompiuto a fine Cinquecento, quando per questo si guadagnò il nome di "Ponte Rotto" con cui è ancora noto.
E poi gli Horti Farnesiani sul Palatino, che "interpretano" l'ospedale in cui vanno Faustina ed Enea, e di cui vediamo bene le due grandi uccelliere, nonché la meravigliosa terrazza con i gigli Farnese sul pavimento che affaccia sulla basilica di Massenzio; l'ex convento di Santa Francesca Romana, nel Foro Romano, che fa da carcere in cui Faustina è costretta a scontare la pena per aver picchiato il violento marito; Ostia Antica, con una sequenza che vede protagonisti Quirino e Faustina nella Domus dei Dioscuri, con il grande mosaico con Venere; il colombario del Sepolcro degli Scipioni, a un passo da Porta San Sebastiano, dove avviene il bel confronto tra Enea e Quirino che dialogano sulla dannosità della violenza.
Porta Latina
Un discorso a parte merita il lungo cammino di Enea da Roma a Grottaferrata, dove va per incontrare l'indolente principe Siniscalchi, che diventa, per Luigi Magni, un'occasione scenografica imperdibile.
Prima di partire, Enea dovrebbe prendere l'autobus, ma invece compra le sigarette: tutto questo avviene nei pressi dell'Arco di Giano e della chiesa di San Giorgio al Velabro, che troneggiano in pieno Foro Boario, dove vediamo anche il Tempio di Vesta. Il viaggio inizia dal lato interno di Porta Latina, attraversata da Enea per uscire dalla città. Prosegue nel Parco degli Acquedotti, con la lunga serie di arcate antiche a fianco a cui passa Enzo Cerusico e dove improvvisamene il romanesco "c'hai da accende?" non basta più e deve essere sostituito da un più villico "tenghi uno prospero?". Proprio lì, peraltro, fa una comparsata anche una giovanissima Ottavia Piccolo, che, con un gruppo di ragazze, soccorre Enea svenuto nei campi. Durante il cammino, Enea incontra anche i resti del circolare Tempio di Venere di Villa Adriana a Tivoli.
San Giorgio al Velabro dall'arcata del Tempio di Giano
L'agognata Grottaferrata arriverà, ma la residenza del principe Siniscalchi è in realtà palazzo Patrizi a Castel Giuliano, nei pressi di Bracciano, caratterizzato dai suoi grandi avancorpi turriti.
Un'altra location fuori Roma è, infine, quella del Cimitero Monumentale di Nettuno, che nel film veste i panni del cimitero in cui è sepolto il padre di Faustina.
Molte le battute da ricordare di una sceneggiatura ben scritta dallo stesso Magni, a partire da quelle sul tema portante del divorzio. Faustina lo dice a chiare lettere, "Quirino, il nostro matrimonio è fallito", e all'incredulità del marito "allora tutto l'amore che c'avevi per me, è morto?", replica "è morto, l'hai ammazzato tu a forza de sganassoni". Più avanti, con i toni più leggeri della commedia e del l'irriverenza tutta romana, Faustina ribadisce il suo bisogno di spazio e di libertà persino dal letto coniugale: "da oggi in poi dormimo ognuno pe' conto suo! Che poi figurate, i letti separati ormai se usano pure tra moglie e marito che vanno d'accordo... dice che è pure più igienico".
Il Tempio di Venere a Villa Adriana
Luigi Magni, come farà sempre, inserisce pezzi di storia di Roma nella scrittura e Faustina non fa eccezione, a partire dalla voce off che dà inizio al film ribaltando uno dei detti più abusati, "se dice tutte le strade portano a Roma, ma è vero er contrario: tutte le strade partirono da Roma".
C'è spazio per Muzio Scevola (Quirino minaccia di farsi tagliare una mano dal treno in corsa sulla rotaia per riparare ai suo errori); per i Borgia (un professore ricorda gli amori incestuosi di Lucrezia, citando Giovanni Borgia che sarebbe stato gettato nel Tevere da Cesare Borgia, il Valentino); per Scipione l'Africano (a detta di Quirino "menava come un matto") e poi persino per l'attualità, con il re svedese Gustavo VI Adolfo (1950-73), grande amante dell'archeologia da essere considerato un più che plausibile cliente per Quirino: "c'è bonissimo Gustavo Adolfo [...] la sacra maestà del re di Svezia, quello che tutti l'anni pe' spassatempo se cala nelle tombe de Tarquinia a scava' con la regina, le principesse, tutti zozzi de tera, gente alla mano, come noi".
Anche al garzone di Quirino è riservata una battuta rilevante, rivolta al cliente tedesco del suo principale che teme di rovinare la propria reputazione. L'antipatia per i tedeschi a poco più di vent'anni dalla Seconda guerra mondiale traspare evidente, poiché il ragazzo gli rinfaccia "Ma tu non sei tedesco? E allora che reputazione c'hai?" Senza considerare che già nella prima scena, Quirino aveva difeso il suo amore per gli antichi con un eloquente "Questi so' li mortacci nostri" al cospetto della citata tomba di Hilarus Fuscus, dando del "barbaro" allo stesso tedesco interessato ad acquistare opere trafugate, che provava inutilmente a difendersi definendosi "germanico", e suscitando solo la ripetizione del concetto da parte di Quirino "perché, io che ho detto?".
Domus dei Dioscuri a Ostia Antica
Grottesca la sequenza dell'incontro con la madre di Faustina, che lavora in un bagno pubblico ("vent'anni al cesso") con il suo nuovo compagno, ovviamente Vespasiano (Ernesto Colli), nomen omen, che sentenzia sulla natura dell'uomo, "l'animo umano è come er secchio vòto della monnezza. Hai voglia a lavallo tutti i giorni, a incartallo cor giornale... er fondo rimane sempre zozzo".
Eppure, tra le tante battute che colpiscono, una delle riflessioni di Quirino merita un posto di rilievo. Una sera, mentre è a letto con Faustina, immagina quando tra "migliara d'anni" le rovine di Roma non ci saranno più e loro due, sepolti in una tomba rinvenuta da uno scavo, saranno le nuove antichità, "ce porteranno al museo" e "i posteri che verranno a sfragnasse er naso pe' guardacce dentro 'a vetrina sarà come dije: a cojoni, è inutile che campate come se avessivo campato solo voi... fregnoni! Ar monno ce semo stati tutti, tutti quanti".
Il colombario del Sepolcro degli Scipioni
Il breve monologo si configura come una versione aggiornata del celebre “Tu sei quello che io ero, io sono quello che tu sarai" ("quod sum eris, es quod eram"). 
Luigi Magni è solo all'inizio di una carriera all'insegna di Roma, ma in Faustina già si percepisce gran parte di quello che sarà. Per questo non può mancare la Roma papalina che lo renderà celebre... il pontefice non lo vediamo, ma Enea si ritrova a chiedere un passaggio dagli autisti del papa che stanno accompagnando il Santo Padre a Castel Gandolfo!

Enea passeggia nel Parco degli Acquedotti



Uccelliera degli Horti Farnesiani



La terrazza degli Horti Farnesiani












Palazzo Patrizi a Castel Giuliano

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