Michel Ocelot, noto soprattutto per il suo film d'esordio, Kirikù e la strega Karabà (1998), dedica il suo ottavo lungometraggio animato alla Parigi dell'Esposizione Universale del 1889, in cui ambienta la sua storia fondendo disegni e foto che spesso fanno da sfondo all'animazione. Il tutto è orchestrato con un tocco leggero e rilassante, che permette allo spettatore di abbandonarsi al racconto, complice anche la bella colonna sonora curata da Gabriel Yared. Strameritato il César come miglior film d'animazione, per un lavoro capace di affrontare temi come la diversità, l'immigrazione, il sessismo, offrendo spunti sulla storia, la scienza e l'arte (trailer).
Dililì è una dolcissima ragazzina di padre francese e di madre canaca, troppo nera in Europa e troppo bianca per chi vive nel sud del Pacifico. Giunta da poco a Parigi, incontra Orel, un ragazzo bianco dagli occhi azzurri che fa il facchino e si affeziona subito a lei.
I due si muovono insieme per la città utilizzando lo strano mezzo di locomozione di Orel, una "tricicletta", una bicicletta a tre ruote con un grande contenitore anteriore che fa da carrozza per la piccola Dililì.
Ben presto le loro passeggiate vengono funestate dai Maschi Maestri, membri di una società segreta costituita da uomini loschi che terrorizzano Parigi con furti e rapimenti di donne e bambine, contraddistinti da pirateschi anelli al naso. Uno di loro, peraltro, sembra modellato sul Gaspare de La carica dei 101 Disney (1961), che in coppia con Orazio non a caso "rapiva" cani. La missione dei due ragazzi sarà quella di liberare la città da questo pericolo...
La prima scena dice molto sul film e sulle idee di Ocelot. Lo spettatore conosce Dililì vedendola in quello che sembra un villaggio della Nuova Caledonia, ma che, dopo qualche minuto, il regista, con un bel carrello all'indietro, rivela essere solo di un'attrazione per turisti in un giardino nei pressi della Torre Eiffel. Tutto è relativo: il punto di vista è basilare e non conoscere il contesto può fuorviare chi guarda.
I Maschi Maestro e Gaspare e Orazio |
Gli spostamenti di Dililì e Orel per Parigi diventano l'occasione per mostrare i tanti uomini e donne passati alla storia nei diversi campi: conversano e fanno merenda con Marie Curie e la figlia, così come un morso di un cane rabbioso alla gamba di Orel crea l'occasione per farsi curare da Louis Pasteur; mentre l'esigenza di comunicare con Zeppelin li porta sulla cima della Torre Eiffel, nel piccolo appartamento allestito per sé dal suo inventore; e poi, ancora, Satie al pianoforte e soprattutto il soprano Emma Calvé, che canta accompagnata da un giovanissimo Claude Debussy e che diventerà la loro guida parigina, conducendoli anche lungo canali sotterranei nella sua splendida barca a forma di cigno.
Oltre a rappresentanti della scienza e della musica, i due ragazzi incontrano artisti come Picasso, Matisse, Henri Rousseau, Degas; al Moulin Rouge conoscono Toulouse-Lautrec, ma anche la sua modella Colette; e poi diversi personaggi di opere celebri, qui immaginati come astanti, riconoscibili proprio grazie a dettagli e pose che li hanno resi immortali: Aristide Bruant che guarda lo spettacolo con la sciarpa rossa che indossa nella famosa litografia di Toulouse-Lautrec; Gertrude Stein seduta come nel ritratto che le fece Picasso. Tra gli spettatori del cancan c'è anche Modigliani, al fianco di una donna che sembra essere uscita da uno dei suoi dipinti; si recano persino alla Grenouillère, dove naturalmente incontrano Monet e Renoir, entrambi autori di famosi dipinti sul celebre isolotto di Croissy, qui differenziati dalla Calvé poiché capaci di pensare rispettivamente ai colori e alla felicità.
C'è spazio anche per la casa di Auguste Rodin (oggi diventata museo), dove i due protagonisti ammirano La porta dell'Inferno, anche se Dililì apprezza soprattutto una scultura di Camille Claudel, e per quella di Marcel Proust, dove su una parete spicca uno dei monocromi allegorici di Giotto agli Scrovegni, a cui lo scrittore dedicò rilevanti pagine della sua Recherche. Non può infine mancare la diva Sarah Bernhardt, la cui epifania è anticipata da uno dei più famosi manifesti di Alphonse Mucha che la ritraggono con i gigli tra i capelli.
Ocel ha dichiarato di aver reso omaggio a più di cento figure storiche della Bella Epoque, dando alla pellicola anche il carattere di una caccia al tesoro.
Dililì in un paesaggio all'Henri Rousseau |
Un film al femminile, non solo grazie a Sarah Bernhardt, Marie Curie, Camille Claudel e Emma Calvè, ma anche e principalmente per la lotta ai Maschi Maestri, simboli di un maschilismo assoluto, il cui obiettivo dichiarato è quello di annientare la libertà femminile fino a ridurre le donne a semplici "quattrozampe", come le chiamano una volta assoggettate, costringendole a perdere la posizione eretta e cancellandone la figura coprendola con pesanti mantelli neri. Come ne Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood la questione è prima di tutto sociale e morale, non a caso i Maschi Maestri considerano "Parigi bella e dotta, Parigi corrotta", proprio a causa dell'avanzata femminile.
Gertrude Stein nel film e ritratta da Picasso |
Dililì, invece, che ha avuto come maestra l'anarchica Louise Michel, ennesimo personaggio che arricchisce il contesto, non si arrende mai, combatte e sottolinea ogni stortura: persino quando le chiedono chi l'abbia portata in un luogo, lei è pronta a rispondere "io mi porto da sola da moltissimo tempo"... ma per fortuna, nonostante tutto, "delle volte la vita si rivela soddisfacente e questo non è che l'inizio"!
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