martedì 8 gennaio 2019

Suspiria (Argento 1977)

In attesa di recensire il nuovo Suspiria di Luca Guadagnino, è il momento di ridare un'occhiata all'originale, sesto lungometraggio della carriera di Dario Argento, ormai risalente a oltre quaranta anni fa, cult del cinema horror in Italia, ma forse ancora di più negli Stati Uniti (trailer; film).
Il film, scritto dal regista romano insieme alla moglie, Daria Nicolodi, è liberamente ispirato al romanzo di Thomas de Quincey Suspiria de profundis (1845), parte di una trilogia iniziata con Le confessioni di un mangiatore d'oppio (1821-22) e seguita The English Mail-Coach (1849), che raccontava gli incubi dell'autore dopo aver soggiornato per un periodo a Milano, presso Casa Imbonati, nota come casa stregata infestata da presenze oscure. A partire dalla stessa serie di volumi, dal 2017, Argento sta lavorando ad una futura serie tv...
Anche se nella prima pellicola non c'è un preciso riferimento alle Nostre signore del Dolore, come le chiama Quincey - rispettivamente delle Lacrime, dei Sospiri e delle Tenebre -, Dario Argento recupera molta dell'atmosfera onirica del libro e negli anni seguenti darà alla storia dei sequel intitolati Inferno (1980) e, significativamente, La terza madre (2007).
Inoltre, secondo quanto raccontato dallo stesso cineasta, fu basilare nella scelta del soggetto la sua visita alla scuola di Waldorf a Basilea, con pedagogia steineriana di stampo esoterico.

L'impiccata nel film e il Ganimede
e l'aquila 
di Palazzo Grimani
Susy Benner (Jessica Harper, che aveva colpito Argento ne Il fantasma del palcoscenico - De Palma 1974) è una ragazza newyorchese che arriva a Friburgo per completare la sua formazione da ballerina all'accademia di danza classica diretta da madame Blanche (Joan Bennet) e gestita dall'insegnante-sergente di ferro miss Tanner (Alida Valli).
Una voce off dello stesso Dario Argento fa da premessa, mentre la mdp accompagna Susy fino alla porta dell'edificio della scuola, naturalmente in una notte buia e tempestosa. I topos del genere cinematografico ci sono tutti e, soprattutto, questo arrivo fa pensare ai film di Corman tratti da Edgar Allan Poe, in cui il protagonista arrivava lentamente, anche se in carrozza o a cavallo e non in taxi, al castello in cui era ambientata la vicenda, così come il finale è degno di quello de La caduta della casa degli Usher (vedi I vivi e i morti, Corman 1960).
Come in quei casi, anche la pellicola di Dario Argento, fatta eccezione per pochissimi brani, è ambientata all'interno di quella casa, dove appena entrata Susy assiste alla folle corsa di due ragazze, che terminerà con la morte della prima, Pat Ingle (Eva Axén), impiccata nell'altissimo salone, e dell'altra, Sonia (Susanna Javicoli), uccisa dai vetri dell'enorme lucernaio distrutto. La sequenza, riuscitissima, dopo il frenetico svolgersi ricco di dettagli splatter (es. cuore pulsante pugnalato più volte, rumore di carne trafitta, ecc.), condito dalla musica d'atmosfera dei Goblin, termina con quest'immagine fissa e silenziosa della grande sala in cui la mdp indugia lentamente sui particolari. Il corpo appeso scorciato dal basso, peraltro, autorizza un suggestivo confronto storico-artistico con il Ganimede e l'aquila che pende dalla volta del salone della tribuna di Palazzo Grimani a Venezia e che, fino agli anni '80, era visibile in questa sistemazione come poi è tornato dopo il restauro ventennale solo nel 2008.
I motivi a scomparti geometrici che caratterizzano i vetri del lucernaio iniziale dominano anche le decorazioni delle sale, con stoffe rosse alle pareti, carte da parati nere, ecc. Tutto è molto modernista e liberty, a partire dalla facciata dell'edificio (davvero esistente in Franziskanerstrasse a Friburgo), per finire alle pitture della stanza della direzione, ma anche a quelle nere degli ambienti segreti della casa. Gli interni, oltre alle ripartizioni geometriche, denunciano un groviglio di scale e spazi decisamente alla Escher, che viene direttamente citato in una delle scene iniziali, dove la parete dietro la figura di Pat presenta il tipico motivo con pesci e uccelli dell'artista olandese e, non a caso, nel'indirizzo di fantasia in cui, nella finzione, si trova la scuola: Escherstrasse.
Patricia Ingle e la parete Escher
Susy, semplice, mite e disorientata dalla nuova realtà, sembra alimentare la simpatia che mostra di avere nei suoi confronti l'avvenente ballerino della scuola, Mark (Miguel Bosé), un particolare che non si farà sfuggire Olga (Barbara Magnolfi), la collega con cui la studentessa americana condivide l'alloggio nei primi giorni, durante i quali, peraltro, i duri allenamenti imposti da miss Tanner le causeranno un malore, dopo il quale sarà visitata dal dottor Verdegast (Renato Scarpa), medico di fiducia dell'accademia. Susy, in seguito, legherà molto con Sarah (Sonia Casini), che conosceva bene la Pat uccisa all'inizio del film.
Sono diversi, invece, i personaggi inquietanti che gravitano nella casa: si va dal maggiordomo deforme e muto, che ha perso i denti per una malattia, alla cuoca corpulenta abbrutita e dalla voce cupa (Franca Scagnetti), fino al pianista cieco Daniel (Flavio Bucci), contro la cui infermità si scaglia la furia della solita miss Tanner; persino il piccolo nipote di madame Blanche, Albert (Jacopo Mariani, lo stesso bambino di Profondo rosso), si aggira in silenzio per la casa e lo si vede anche a fianco alla cuoca quando questa tiene in mano uno strano oggetto luminoso, che atterrisce Susy, in realtà un tipico MacGuffin hitchcockiano privo di alcun significato ma capace di dare enfasi alla scena...
La vita nell'accademia non scorre mai tranquilla e, dopo la guarigione, Susy è terrorizzata quando trova una larva sul proprio pettine... solo una delle miriadi di larve che durante la notte hanno raggiunto le camere di tutte le ragazze e di cui, proprio la Tanner, andrà a scoprire l'origine in un baule in soffitta dove, secondo quanto comunica alle ragazze, sono conservate grosse quantità di cibo ordinate via posta, evidentemente marcite troppo presto. La scena delle larve è un altro dei momenti cult del film, con le ragazze che fuggono dalle stanze e urlano per i corridoi in preda al panico, mentre la mdp si sofferma sugli ammassi di vermi che fanno il resto sulle reazioni dello spettatore.
Altrettanto ad effetto è la sequenza che da quella è causata, che mostra tutte le ospiti dell'accademia sistemate per la notte nel salone principale, trasformato in un grande dormitorio con enormi lenzuola a chiudere lo spazio con i letti e che risultano fondamentali per i giochi di ombre una volta spente le luci. Qui la fotografia vira in rosso e la regia ostenta un bel surcadrage di grande impatto sull'ansia dello spettatore, perché girato in soggettiva tra le lenzuola dando la netta sensazione che qualcuno stia spiando le ragazze.
Quest'idea di presenza percepita è palese in molte altre occasioni e anche in una delle sequenze apparentemente più pacate della pellicola, con Susy e Sarah che nuotano in una grande piscina liberty e discutono di esoterismo e stregoneria. Qui la location ha indubbiamente gran parte del merito del fascino della scena: Dario Argento la girò al Müller’sches Volksbad, una struttura che l'ingegnere Karl Müller edificò nel 1901 e donò alla città di Monaco come piscina per i meno abbienti.
Tra le tante altre sequenze di rilievo, meritano attenzione quelle di altre due morti spettacolari: Daniel viene sbranato dal proprio cane in una piazza caratterizzata da due grandi templi immersi nel nulla (si tratta in realtà di Koenigsplatz ancora a Monaco di Baviera), un'evidente ambientazione felliniana declinata in stile horror, e Sarah finirà uccisa dopo una fuga tra i corridoi dell'accademia che termina in una piccola chiostrina ricolma di cumuli di fil di ferro.
Gli uccelli di Hitchcock e Susy e il pipistrello
Oltre a Fellini, non può mancare Alfred Hitchcock tra i riferimenti di Dario Argento, e vedere in soggettiva un uccello in picchiata sulla piazza già citata non può non richiamare il maestro del brivido e il suo capolavoro del 1963, che viene ulteriormente evocato quando Susy si ritrova ad affrontare un pipistrello in stanza e si dimena per evitarlo.
Tutto contribuisce ad aumentare la tensione: le soggettive nei corridoi e nelle stanze (si veda ad esempio quella di Susy con il vassoio), i riflessi negli specchi, la mdp che trema, il vento tra le tende, il buio virato alternativamente in rosso, verde, azzurro, per cui Argento si ispirò dichiaratamente al disneyano Biancaneve e i sette nani (1939), che tanto lo aveva turbato da bambino e che viene citato nel pavone sulla scrivania della direzione, direttamente mutuato dal trono della regina Grimilde del capolavoro disneyano.
E poi il sonoro, che fa da costante sottofondo ambiguo, con respiri ansimanti, rantolii (doppiati da Daria Nicolodi), lo stesso rumore delle folate di vento, i cigolii. A questo si aggiunga la musica dei Goblin che, come in Profondo rosso, è elemento imprescindibile del film: non solo il tema principale, ma tutta la colonna sonora sono eccezionali, ritmati soprattutto da sintetizzatori e da bouzouki (strumento a corde d'origine greca).
Il pavone di Suspiria e il trono della Grimilde Disney
La chiave occultista prenderà il sopravvento e verrà condita di pseudo scientificità attraverso l'unica sequenza un po' debole del film - girata fuori dal Museo e Quartier Generale della BMW a Monaco di Baviera -, necessaria però allo sviluppo della trama, nella quale Susy raggiunge un amico di Sarah psichiatra, Frank Mandel (Udo Kier), che le racconta il passato esoterico dell'accademia di danza, fondata nel 1895 da Helena Marcos, per poi lasciarla parlare con un suo collega, il professor Milius (Rudolf Schündler), esperto di storia della stregoneria, che le dà una precisa definizione della magia, che «quoddam ubique, quoddam semper, quoddam ab omnibus creditum est» («la magia è quella cosa che ovunque, sempre e da tutti è creduta»).
Suspiria, però, deve la sua fama non certo ai particolari della trama, come visto, ma alle sue qualità oniriche, alla capacità della regia di mantenere la tensione per tutta la durata, alla magnifica fotografia espressionista di Luciano Tovoli, al sonoro, alla musica dei Goblin e alla scenografia di Giuseppe Bassan curata nei minimi dettagli... non a caso è proprio una delle decorazioni liberty a contenere la soluzione determinante all'enigma.
Forse cede qualcosa con il passare degli anni, ma queste caratteristiche gli permettono di essere considerato ancora oggi un capolavoro indiscusso.

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