martedì 26 dicembre 2017

L'appartamento (Wilder 1960)

Primo dei due capolavori della premiata ditta Billy Wilder - Jack Lemmon - Shirley MacLane, cui seguirà tre anni dopo 
Irma la dolce (1963), e come quello tra le migliori commedie sentimentali americane del secondo dopoguerra (trailer).
Il cast ha come terzo grande nome un altro attore indissolubilmente legato al regista austriaco, quel Fred MacMurray, che era stato il protagonista del magnifico noir La fiamma del peccato (1944), e che qui ha il nome di Sheldrake, che il cineasta aveva già utilizzato per il produttore di Viale del tramonto (1950).
C.C. Baxter (Lemmon) è un impiegato di una compagnia di assicurazioni newyorchese senza particolari meriti. Sta però facendo carriera prestando il suo appartamento da single ai principali dirigenti dell'azienda che così hanno a disposizione un pied-à-terre per gli incontri con le loro amanti. C.C., che tutti chiamano Ciccibello (Buddy Boy in originale), passa tutto il tempo in ufficio a gestire l'agenda per incastrare gli orari per accontentare tutti. Tra i suoi "clienti" c'è anche Jeff Sheldrake (MacMurray), capo del personale, che lì porta Fran Kubelik (Maclane), la più corteggiata delle ascensoriste dell'ufficio, con cui lo stesso C.C., naturalmente ignaro di tutto, prova ad uscire senza successo. Col tempo, però, la verità verrà a galla, e Baxter si ritroverà a gestire una difficile situazione in cui tenterà di tutelare sia la posizione del più potente collega, sia della ragazza di cui si sta innamorando...

Jack Lemmon dà il meglio di sé nel ruolo di un piccolo borghese privo di qualità e, anzi, dal comportamento biasimevole, che fa carriera attraverso un sistema davvero poco ortodosso, ma che col passare dei minuti si riscatta grazie ai sentimenti che prova per Fran. 
Baxter è un Monsù Travet, un Paolino Paperino con cui il pubblico entra automaticamente in sintonia e si identifica: schernito dai colleghi che lo considerano solo perché interessati alle sue chiavi; etichettato negativamente come un latin lover dai vicini di casa, che attribuiscono a lui l'intenso andirivieni del suo appartamento; è una sorta di arlecchino servitore di più padroni, spesso costretto a vagare per la città poiché non può tornare a casa: ne possiede una, ma è sempre occupata da qualcun altro.

Anche Fran non è esente da colpe: innamorata di un uomo sposato, continua a credere alle sue bugie, rimanendo invischiata in una relazione che la spinge a tentare il suicidio, naturalmente all'interno dell'appartamento di Baxter. A lei spettano battute malinconiche e disfattiste come "perché una persona deve amare un'altra persona?", "la prima volta che mi hanno baciata è stato in un cimitero". 
Una serie di oggetti hanno un particolare valore narrativo-simbolico.
La chiave dell'appartamento che tutti agognano ha un suo doppio, che infatti durante la trama verrà scambiata con l'altra, in quella che apre il bagno dei dirigenti, ironico simbolo della posizione di prestigio raggiunta, al pari della "bombetta" , vero e proprio status symbol che Baxter ostenta davanti a Fran per vantarsi della promozione all'interno dell'ufficio tutto suo con tanto di nome sulla porta.
L'oggetto che rivelerà a C.C. che la donna di cui si sta innamorando è in realtà l'amante del suo capo è un piccolo specchio da borsetta che il protagonista trova in casa e riconsegna a Sheldrake e che poco dopo vede nelle mani di Fran. Si tratta di uno specchietto significativamente spezzato e su cui la ragazza sentenzia "mi piace così, mi ci vedo come mi sento".
Baxter tiene una racchetta da tennis in cucina e, alla domanda meravigliata di Fran, risponde  che gli serve come scolapasta, un'affermazione che sostanzia subito dopo dimostrando la sua originalissima funzione in una sequenza entrata di diritto tra le più famose del film.
Jeff Sheldrake nel suo ufficio ha una riproduzione in miniatura della trecentesca statua equestre di Cangrande della Scala di Verona, e chissà che possa essere un ironico riferimento alla città di Giulietta e Romeo per l'incallito dirigente "romantico"... 

Nel 1961 il film di Billy Wilder, una commedia amara capace di fondere risate e dramma, cinismo e moralismo, vinse l'Oscar per il miglior film, regia, montaggio, sceneggiatura e scenografia (vedi), forse davvero troppo, se si pensa che quell'anno per la regia, ad esempio, concorreva anche un certo Alfred Hitchcock con Psycho...

2 commenti:

  1. Sto guardando il film proprio adesso ed essendo io di Verona non ho potuto non notare subito la statua del celebre Cangrande. Di tutti i risultati di ricerca però, questo articolo è l'unico che lo confermi. Per caso è possibile risalire a qualche informazione ufficiale riguardo a questo inaspettato cameo?

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    1. Gentile Alessandro, occupandomi di storia dell'arte, quando nel 2017 rividi il film, mi saltò subito all'occhio la presenza di quel dettaglio nella scena, ma non ho una fonte se non l'evidenza. Se dovesse trovarne mi faccia sapere, anche per capire se ci sia un motivo o meno per il riferimento a Verona.

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